"Cari medici, siate agenti dell'eccellenza fisica e spirituale!"

Nel discorso ai partecipanti al Congresso mondiale di Medicina dello Sport, il Papa ha denunciato l’abuso di medicinali e la vittoria a tutti i costi come tentazioni contro lo spirito sano della competizione sportiva

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di Salvatore Cernuzio

CASTEL GANDOLFO, giovedì, 27 settembre 2012 (ZENIT.org) – Come lo sport non si riduce ad una mera competizione, così ogni sportivo “è possessore di una capacità morale e spirituale” che lo rende molto più di un concorrente.

Su questa importante riflessione si è incentrato il discorso di Benedetto XVI ai partecipanti al 32° Congresso Mondiale di Medicina dello Sport, ricevuti questa mattina in Udienza nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.

L’incontro, che si svolge per la prima volta a Roma, ha preso il via oggi fino a domenica 30 settembre, e ha riunito numerosi partecipanti provenienti da 117 paesi e cinque continenti.

Tale dato, ha evidenziato il Papa, è indice della capacità dello sport “di unire le persone e i popoli nella ricerca comune di una competizione al massimo livello che sia in nome della pace”, come dimostrato dalle recenti Olimpiadi e Paralimpiadi.

In particolare il Santo Padre si è soffermato sul tema principale del Congresso: la cura, non solo fisica, ma anche spirituale, del singolo atleta, “punto di partenza di tutto il lavoro di voi medici esperti”.

“Ogni sportivo e sportiva – ha rimarcato – è molto più di un mero competitore: ma possessore di una capacità morale e spirituale che deve essere arricchita e approfondita dallo sport e dalla medicina dello sport”.

A volte, però, ha osservato con preoccupazione Benedetto XVI, “il successo, la fama, le medaglie e il perseguimento di soldi diventano la priorità, o il solo obiettivo per chi lavora nello sport”.

Inoltre, ha poi denunciato, “è accaduto di tanto in tanto che per vincere a tutti i costi si è sostituito il vero spirito dello sport e ci si è fatti guidare dall’abuso e dal cattivo uso dei mezzi che la medicina moderna mette a disposizione”.

L’appello, quindi, a tutti gli operatori della medicina dello sport, è che, coscienti “di questa tentazione”, non dimentichino “che coloro di cui vi occupate sono individui unici e dotati, indipendentemente dalla capacità atletiche, chiamati alla perfezione morale e spirituale, prima che a qualsiasi realizzazione fisica”.

A tal proposito il Papa ha citato San Paolo quando nella sua prima lettera ai Corinzi (9,25), pone in stretta correlazione l’eccellenza spirituale e atletica, esortando i credenti “ad allenarsi nella vita spirituale”. “Ogni atleta esercita il controllo di sé in tutte le cose. Essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile” scriveva l’Apostolo.

Per questo motivo, il Pontefice ha esortato a considerare come priorità assoluta la “dignità” di ogni assistito, in modo da diventare “agenti non solo della guarigione fisica e dell’eccellenza agonistica, ma anche della rigenerazione morale, spirituale e culturale”.

Infine, la benedizione conclusiva: “Prego per voi e per coloro che trarranno vantaggio delle prestazioni del vostro lavoro affinché i vostri sforzi porteranno ad un apprezzamento sempre più profondo della bellezza, del mistero e del potenziale di ogni persona umana, atletica o meno, abile o disabile”.

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ZENIT Staff

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