PADOVA, domenica, 23 settembre 2012 (ZENIT.org).- Il Messaggero di sant’Antonio affronta nel suo dossier questa realtà economica, che si sta sviluppando sotto la spinta della crisi. I pro e i contro di quello che ormai sta diventando un nuovo stile di consumo.
Prezzi bassi, buona qualità, facile accesso, questo nuovo modo di produrre e acquistare ormai imperversa in ogni campo dei servizi e del commercio. Non è solo necessità, è anche tendenza, sperimentazione, possibilità concreta di mantenere un discreto tenore di vita tra i marosi della crisi.
Al low cost in tempo di crisi, il Messaggero di sant’Antonio, numero di settembre, dedica il suo intero dossier, realizzato dalla giornalista Giulia Cananzi, intitolato: Gli equilibristi del «low cost». Il dossier approfondisce il tema con una serie di zoom tematici: il settore alimentare di Nicoletta Masetto (Discount, Km zero…è meglio); l’abbigliamento di Luisa Santinello (L’eleganza non ha prezzo); l’arredamento di Laura Pisanello (Voglia di creare); i servizi alla persona di Cinzia Agostini (Stare bene al minor costo). E ancora, i trasporti (Mobilità 2.0), ovvero come fare benzina spendendo meno, avere a disposizione una macchina senza possederla, organizzare una vacanza originale a costo quasi zero.
Complice la crisi, non c’è ormai settore del commercio e dei servizi che non abbia la sua proposta low cost. Con vantaggi indubbi se, come ha rilevato Assolowcost, l’associazione di categoria del comparto, una famiglia di quattro persone facendo scelte al 50 per cento low cost può risparmiare più di 5 mila euro l’anno. «Un aumento notevole del potere d’acquisto – scrive il Messaggero di sant’Antonio, rivista diffusa in oltre 160 Paesi del mondo con 520 mila copie distribuite solo in Italia – a cui nessuna manovra economica potrebbe aspirare».
Il low cost è una tendenza iniziata decenni fa, ma è esplosa soprattutto negli ultimi anni: solo nel 2011 il giro d’affari è aumentato del 7,43 per cento per un valore complessivo di 82,6 miliardi di euro, pari al 5,34 per cento del Pil. I settori trainanti sono: alimentari, assicurazioni, auto, banche, carburanti, outlet e sanità.
Una rivoluzione ancora tutta da scoprire, come spiega il presidente di Assolowcost Andrea Cinosi, che potrebbe essere un’opportunità per superare la crisi: «Alcuni marchi italiani (Oviesse industry, Nau, Camicissima) – osserva il dossier – hanno intrapreso con successo la via del low cost, altri sono inseriti nella scia dei grandi marchi (per esempio, buona parte della produzione Ikea è italiana). Una strada promettente anche in settori come il turismo, fiore all’occhiello dell’Italia, penalizzato oggi dagli alti costi, dall’incapacità di far sistema e da una macchina pubblica inefficiente. Una svolta di questo generestimolerebbe crescita e occupazione.
Rimangono, però, sul tappeto anche i dubbi: come distinguere la qualità, il giusto prezzo, il rispetto dei diritti e dell’ambiente nella giungla delle proposte? Il low cost, infatti, offre una gamma infinita di servizi e oggetti a basso costo, utile per mantenere il tenore di vita, ma che può indurre a un consumo compulsivo, una riedizione del consumismo vecchio stampo; tra le proposte c’è però anche qualità al giusto prezzo e addirittura un low cost etico, legato alle reti, alla solidarietà e ai diritti. È il caso dei Gas (Gruppi di acquisto solidale), dei Farmer’s market (punti vendita di agricoltori che vendono direttamente la loro merce), ma anche delle esperienze di filiera corta, kilometro zero, autocostruzione, fai da te, ritorno alla terra.
Per orientarsi, spiega il Messaggero di sant’Antonio nel suo dossier, la parola chiave è conoscenza. Che ha due valenze: informazione sui prodotti e sui produttori da un lato e utilizzo delle nuove tecnologie dall’altro. Il low cost è un potente mezzo, ma il fine lo determina il consumatore. Forse mai come oggi – conclude – ciò che acquistiamo è la cartina di tornasole del tipo di vita che davvero vogliamo”.