"In Dio non c'è orgoglio e la sua logica non è quella degli uomini"

Durante l’Angelus, Benedetto XVI riflette sulle “distanze” tra Gesù Cristo e i suoi discepoli

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di Luca Marcolivio

CASTEL GANDOLFO, domenica, 23 settembre 2012 (ZENIT.org) – Durante l’Angelus di stamattina, papa Benedetto XVI ha commentato il Vangelo odierno, facendo riferimento, in particolare, alle parole di Gesù sulla sua fine ormai prossima (Mc 9,31).

In tre capitoli del Vangelo di Marco (8, 9 e 10), Gesù fa altrettante predizioni della propria morte e resurrezione, annunciando “in modo sempre più chiaro il destino che l’attende e la sua intrinseca necessità”.

Sentir parlare del Figlio dell’Uomo che viene consegnato nelle mani degli uomini e ucciso per poi risorgere dopo tre giorni, è qualcosa di incomprensibile per i discepoli che hanno quindi timore di interrogarlo (v.32).

“In effetti – ha osservato Benedetto XVI – leggendo questa parte del racconto di Marco, appare evidente che tra Gesù e i discepoli c’è una profonda distanza interiore; si trovano, per così dire, su due diverse lunghezze d’onda, così che i discorsi del Maestro non vengono compresi, o lo sono soltanto superficialmente”.

Al punto che l’apostolo Pietro, “subito dopo aver manifestato la sua fede in Gesù, si permette di rimproverarlo perché ha predetto che dovrà essere rifiutato e ucciso”. Dopo il secondo annuncio della passione, ha luogo la famosa discussione tra i discepoli, su chi di loro fosse il più grande (cfr Mc 9,34). Dopo il terzo annuncio, Giacomo e Giovanni chiedono addirittura al Maestro “di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra, quando sarà nella gloria” (cfr Mc 10,35-40).

Altri segni di questa “distanza” tra la percezione di Gesù e quella dei discepoli, si riscontra, ad esempio, nella fallita guarigione del ragazzo epilettico da parte dei discepoli, che invece riesce a Gesù con la forza della preghiera (cfr Mc 9,14-29).

Altra divergenza si verifica quando “vengono presentati a Gesù dei bambini, i discepoli li rimproverano, e Gesù invece, indignato, li fa rimanere, e afferma che solo chi è come loro può entrare nel Regno di Dio (cfr Mc 10,13-16)”.

Tutti questi episodi ci ricordano che “la logica di Dio è sempre «altra» rispetto alla nostra”, come rivelò Dio stesso per bocca del profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, / le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8)”, ha sottolineato il Papa.

Per seguire il Signore, quindi, all’uomo è richiesta “una profonda con-versione, un cambiamento nel modo di pensare e di vivere, richiede di aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente”.

Ciò che differenzia l’uomo e Dio è che “in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è totale pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione”, ha osservato Benedetto XVI.

Se da un lato gli uomini aspirano “ad apparire grandi” e “ad essere i primi”, Dio “non teme di abbassarsi e di farsi ultimo”. Chi invece è “perfettamente «sintonizzata» con Dio” è la Vergine Maria: “invochiamola con fiducia, affinché ci insegni a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’amore e dell’umiltà”, ha quindi concluso il Papa.

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ZENIT Staff

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