di Eugenio Fizzotti
ROMA, martedì, 11 settembre 2012 (ZENIT.org) – Il 24 agosto 2012 a Taverna, è stata intitolata una piazza a Rosamaria Munizza, la staordinaria dottoressa, nata a Taverna e morta il 15 aprile 2004, che ha vissuto e operato con riconosciuta e totalizzante passione la professione di medico.
All’incontro in questo paesino in provincia di Catanzaro, assieme a una foltissima popolazione erano presenti il dott. Antonio Reppucci, Prefetto di Catanzaro, l’On.le Mario Tassone, rappresentante della Camera dei Deputati, l’On.le Domenico Tallini, rappresentante della Regione Calabria, il Dott. Emilio Verrrengia, rappresentante della provincia di Catanzaro e del suo Presidente on.le Wanda Ferro, l’On.le Sergio Abramo, sindaco della città di Catanzaro, il Dott. Baldo Esposito, vice sindaco della città di Catanzaro, Colleghi Sindaci e Rappresentanti dei consigli comunali dei paesi limitrofi, Comandanti di stazione dell’Arma dei carabinieri, Ufficiali e sottoufficiali dell’Arma dei carabinieri, Ufficiali e sottoufficiali del Corpo forestale dello stato, Dirigenti, direttori dei lavori, capi operai e operai tutti dell’Azienda forestale regionale e Don Maurizio, parroco di Taverna.
Il Sindaco Eugenio Canino, ha manifestato con estremo entusiasmo di aver avuto «l’opportunità di ascoltare i ricordi della gente, di realizzare quanto sia stato profondo l’affetto che la legava alla Dott.ssa Rosamaria, quanto sia rimasto autentico il ricordo di quello straordinario medico che mai si risparmiava per i suoi pazienti e di quella straordinaria donna che mai faceva mancare quel suo rassicurante sorriso. E in questa piazza che porterà il suo nome mi piace ricordarla con l’espressione che ho ascoltato in questi giorni da una donna anziana che, commossa nell’ascoltare il cerimoniale di questa giornata, la descriveva così: Rosamaria Munizza, la principessa del popolo».
Rivolgendosi a Francesca e Ludovica, le due figlie di Rosamaria e del marito Franco Cimino, il sindaco di Sorbo, paese vicino a Taverna, dove era nato e vissuto l’apprezzato, stimato a compianto loro nonno materno Dott. Vincenzo Munizza, ha evidenziato che «che la comunità Sorbese avrà per voi sempre un pensiero dolce, e voi dovrete guardare sempre la comunità Sorbese come una comunità amica che vi vuole bene e non vuol essere da tutti voi dimenticata. Ha amato vostra madre, come ha amato i vostri nonni, in modo sincero e affettuoso, per l’affetto che portavano alla vostra famiglia, ma soprattutto per il rispetto e la stima per tutti noi, ed io stesso sentivo nelle occasioni anche mia madre anziana, dialettalmente rivolgersi al vostro nonno con l’appellativo Don Vicè esprimendo una nobiltà d’animo e di cuore che ha trasmesso a vostra madre valori testimoniati e vissuti in modo encomiabile, che hanno consentito in modo del tutto naturale di incontraci oggi tutti qui, per ricordarla in modo perenne nel intitolarle una Piazza di Taverna».
Riprendendo la parola, il Sindaco di Taverna ha dichiarato che «ci sono momenti nella vita di un sindaco in cui ogni parola sembra inadeguata a esprimere ciò che si vorrebbe esprimere. Sono i momenti in cui, in pochi attimi, sembra scorrere davanti un’intera esistenza, fatta di ricordi, di immagini, di racconti; e sebbene cerchi un appiglio per cercare di esorcizzare l’emozione e far prevalere la mente e la ragione, in quel momento vieni travolto da quell’inarrestabile onda di sentimenti che, in questi giorni più che mai, hai condiviso con la comunità che hai l’alto privilegio di rappresentare. E, di fronte a quest’intensità di sentimenti, di fronte a quell’affetto manifestato in quell’indimenticabile 15 aprile del 2004, quando la gente di Taverna accolse per l’ultima volta la sua dottoressa con un tappeto di rose in quel piovoso giorno di primavera in cui anche il cielo sembrava interpretare i sentimenti della gente, l’amministrazione ha inteso condividere questo momento con tutta la famiglia Munizza, cercando di rendere quanto generosamente ricevuto nel corso degli anni».
La decisione del consiglio comunale ha fatto sì che il nome di Rosamaria Munizza resti indelebilmente legato alla città di Taverna attraverso una piazza destinata a cambiare le abitudini dei tavernesi ancor più quando entrerà in vigore il redigendo piano del traffico cittadino, in via di definizione in tutti i suoi aspetti attuativi.
Si tratta di una piazza che unisce la gente di diversi quartieri di Taverna e che, orgogliosa per tutte le positività che riesce a esprimere, scrive oggi una pagina importante della sua storia, una pagina straordinaria che si rispecchia nel volto di una donna altrettanto straordinaria. E per alimentare questo rapporto di affetto e di riconoscenza, il Sindaco ha prospettato che la piazza diventerà a pieno titolo un altro luogo di arte e di cultura, nel solco della storia e della tradizione di questa antica e nobile città.
«Per volontà dell’amministrazione comunale e della famiglia Munizza, infatti, il prossimo anno il nome di Rosamaria Munizza sarà legato anche a un concorso di scultura e di pittura, il cui premio sarà generosamente offerto dalla famiglia Munizza, un concorso atto nella sua prima edizione a individuare un’opera d’arte a ricordo della dottoressa da apporre nelle vicinanze della sua casa, all’ombra di quella palma che, ridente come chi era abituata a osservarla e ad accudirla, saluta la gente che si riversa nella piazza».
E prima di concludere la manifestazione il Sindaco ha ceduto la parola a una cittadina tavernese che aveva avuto la fortuna di essere sua paziente e aveva «conosciuto le grandi dote umane e professionali di una persona che ha condotto la sua vita al servizio degli altri, dei deboli e dei sofferenti. Tutti noi sappiamo che la dottoressa Rosamaria Munizza era un medico esemplare che amava il suo lavoro e soprattutto aveva una grande passione: fare del bene agli altri. Sì perché la dottoressa Munizza non si risparmiava nell’essere vicino ai suoi pazienti, nel sostenerli nella dura sofferenza della malattia, nell’essere disponibile sempre in qualsiasi momento della giornata.
Ella non era solo il medico per i suoi pazienti, era la mamma, la sorella, l’amica, la confidente, la persona che sapeva leggere nei nostri sguardi e su cui ognuno poteva contare nei momenti critici della vita.
Era vicino alla sofferenza di tutti e offriva non solo la sua competenza di medico ma anche la sua anima. Mi diceva spesso: “nonostante siano trascorsi tanti anni da quando ho iniziato la professione di medico, non riesco a non restare coinvolta emotivamente nella problematica che affronto; non si fa mai il callo alla sofferenza e, quando vengo a contatto con situazioni di dolore, soffro tanto anch’io e, anche se alla fine della mia giornata di lavoro mi chiudo alle spalle la porta dell’ambulatorio, mi porto sempre dietro il ricordo del dolore di cui sono venuta a conoscenza e l’immagine degli occhi dei miei pazienti imploranti d’aiuto”.
Che dire, poi, del suo amore per gli anziani dai quali accorreva in qualsiasi momento e dai quali si fermava anche solo per parlare perché Lei sosteneva che gli anziani hanno bisogno di essere coccolati, hanno bisogno di sentire la presenza amica del loro medico, hanno bisogno di non sentirsi soli».
L’iniziativa di intitolarle la piazza è risultata pertanto di una particolare importanza e riconoscenza e ha avuto un notevole apprezzamento anche il breve intervento di Franco Cimino, suo marito, il quale ha messo in evidenza che «Taverna manifesta la sua grandezza nel gesto nobile di intitolare quest’opera, straordinariamente strategica, non a un generale, non a un eroe di guerra, non a uno scrittore, non a un poeta, non a un filosofo, ma a una donna semplice, a una professionista, che aveva scelto di fare il medico per amore del padre, per amore degli uomini, delle donne e dei bambini che hanno bisogno di essere curati e protetti».
E certamente Rosamaria, da me molto co
nosciuta, aveva agito per amore del fratello Franco, che fu mio ex allievo all’Istituto di Soverato nell’anno scolastico 1070-1971 quando frequentava il 3° liceo classico e, alcuni anni dopo la laurea in medicina, mentre da Catanzaro si recava a Lamezia Terme per accogliere alcuni amici che venivano a trovarlo da Bologna, dove aveva fatto l’Università, fu coinvolto in un incidente automobilistico il 22 aprile 1989 e concluse improvvisamente e tragicamente la sua esistenza a soli 36 anni.