Maria: patrimonio "immateriale" da purificare e proporre a tutte le culture

Il cardinale Gianfranco Ravasi spiega come la fede mariana possa essere una spinta per il dialogo tra diverse culture, in vista anche del prossimo appuntamento del Cortile dei Gentili a Stoccolma

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, martedì, 11 settembre 2012 (ZENIT.org) – Un “intervento suggestivo”. Così il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha definito il 23° Congresso Mariologico Internazionale, che si è concluso domenica scorsa alla Pontificia Università Antonianum.

Nel suo breve indirizzo di saluto, il porporato, dopo aver esaltato la “vivace” attività della Pontificia Accademia Mariana Internationalis, organizzatrice dell’incontro, ha annunciato anche l’imminente tappa svedese del Cortile dei Gentili, struttura creata all’interno del Dicastero di cui è presidente.

Il Cortile dei Gentili, istituzione che vuole promuovere il dialogo tra credenti e non credenti, sarà, infatti, il 13 e 14 settembre, a Stoccolma, presso la Kgl Vetenskapsakademien (Accademia reale delle scienze) con un nuovo appuntamento dal titolo “Il mondo con o senza Dio?” dedicato al tema del rapporto tra scienza e fede.

La scelta del luogo non è casuale. Come affermato dal cardinale Ravasi, la Svezia è di fatto un ambiente “totalmente secolarizzato”, dove prevale la componente atea e la presenza religiosa si può definire “irrisoria”. Questo evento potrà essere, dunque, una spinta per la nuova evangelizzazione, il dialogo ecumenico e soprattutto la riscoperta della figura di Maria, “punto di riferimento fondamentale” in questo contesto.

Proprio di questo ZENIT ha parlato con il cardinale, al termine dell’incontro, nella breve intervista che riportiamo di seguito.

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Eminenza, in un mondo che tende sempre più a seguire questa cultura secolarizzata e secolarizzante, in cui sembra venir meno il bisogno e la possibilità di una Nuova Evangelizzazione, quale contributo può offrire Maria?

Cardinale Ravasi: La Vergine può dare una spinta lungo due direzioni. La prima è la presenza della femminilità, che è una figura sulla quale attualmente si discute molto – pensiamo alle diverse teorie del gender – ma che rimane ancora, all’interno della cultura, una delle figure più significative. Essa rappresenta, infatti, la completezza della persona umana. Come dice la Bibbia nel Libro della Genesi: “Dio creò l’uomo a Sua immagine; immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1, 26-28). L’immagine di Dio si riflette dunque nella comunione fra l’uomo e la donna.

La seconda linea, invece, riguarda il fatto che Maria, essendo una delle figure dominanti all’interno della storia e della cultura, deve essere riproposta perché solo così è possibile riscoprire e venire a contatto con il grande patrimonio lasciatoci.

A tal proposito, come può la cultura laica approfondire la conoscenza della grande eredità che ci ha consegnato Maria, soprattutto della sua figura di donna e di madre?

Cardinale Ravasi: Innanzitutto, bisognerebbe “purificare” la concezione di Maria – naturalmente a livello popolare – a volte troppo alonata di devozionalismo e spesso tendente ad essere persino strumentalizzata. La centralità, infatti, è della figura di Cristo.

Dopo questa prima azione di purificazione, si dovrebbe poi favorire la continua proposta della sua figura, proprio perché Ella rappresenta un modello di “Chiesa al femminile” che sarebbe davvero significativo dal punto di vista pastorale.

In ultimo, c’è da dire che il ruolo della Vergine diventa particolarmente efficace perché risalta alcune componenti che la cultura contemporanea ha screditato. Pensiamo all’aspetto della tenerezza, al sentimento, alla conoscenza più completa, anche dal punto di vista estetico, e non soltanto fatta esclusivamente del rigore della ragione e della scienza.

In questo modo, credo che si creino delle strade perchè anche la cultura laica guardi a questa figura, che peraltro va considerata tra quelle fondamentali della storia dell’umanità, a prescindere dalla fede o dalla credenza.

La devozione mariana è un elemento caratterizzante diverse tradizioni. Può diventare, quindi, un punto di comunione tra varie culture, al fine di favorire anche un futuro più positivo per l’ecumenismo?

Cardinale Ravasi: Certamente. Ultimamente, infatti, c’è una maggiore attenzione al patrimonio “immateriale”, così come all’arte, al folklore, alla religiosità popolare, alle tradizioni antiche e nuove. Basti pensare, ad esempio, al fatto che molte culture siano accomunate proprio dalle tante processioni, feste, manifestazioni religiose, che fondamentalmente sono tutte mariane.

In questa luce, il contributo sarebbe rilevante, ovviamente con una “cura” maggiore perché la devozione popolare – come si accennava prima – tende ad avere confini, per così dire, “slabbrati”. È necessario conservare sempre i giusti equilibri, in modo che la fede in Maria possa essere declinata ed introdotta nella cultura e nella sua molteplicità.

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ZENIT Staff

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