di Robert Cheaib
BEIRUT, lunedì, 10 settembre 2012 (ZENIT.org) – Si è svolto a Harissa, a pochi chilometri da Beirut, un incontro per formare i giovani libanesi alla missione e all’evangelizzazione. Le giornate formative sono state progettate come preludio alla visita di Benedetto XVI in Libano che si terrà dal 14 al 17 di settembre.
L’incontro – organizzato da p. Boulos Fahed dell’Ordine Maronita della Beata Vergine Maria – al santuario di Nostra Signora del Libano – Harissa da venerdì 7 a domenica 9 settembre, ha visto come protagonisti due formatori di giovani alla nuova evangelizzazione: P. Daniel Ange fondatore di «Jeunesse Lumière» e don Gianni Castorani fondatore della Scuola di Evangelizzazione “Sentinelle del Mattino di Pasqua” (www.scuoladievangelizzazione.it).
Don Gianni Castorani è sacerdote della diocesi di Firenze. Dopo aver vissuto per tre anni in Francia l’esperienza di Jeunesse Lumière con Daniel Ange, ha portato in Italia, nei pressi di Firenze, la stessa realtà che si propone di formare i giovani alla nuova evangelizzazione. Ogni anno, la Scuola di Evangelizzazione ospita giovani desiderosi di dedicare un anno o più al Signore per formarsi spiritualmente, teologicamente, umanamente e di vivere una vita di preghiera e annunciare da giovani il Vangelo ai giovani. L’idea è riassunta in modo poetico in una formula di Daniel Ange: «Giovani apostoli testimoni della luce che donano un anno al Signore, un tempo per il loro cuore, per rendersi disponibili per ascoltare ed esseere inviati e riportare al Padre i figli dispersi. Piccola luce in una notte senza stelle».
In questa intervista a Zenit, don Gianni spiega il senso di questi incontri formativi alla nuova evangelizzazione in vista dell’incontro del Papa con i giovani il 15 settembre a Bkerké, sede del Patriarcato maronita.
Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno sempre dedicato uno spazio particolare all’incontro con i giovani durante le loro visite apostoliche. Resta vivo nella mente dei giovani libanesi il loro incontro con Giovanni Paolo II nel 1997. Qual era l’obiettivo del vostro incontro preparativo con i giovani?
Don Gianni Castorani: L’obiettivo principale è stato quello di preparare i giovani all’arrivo del Santo Padre nei prossimi giorni. Volevamo incoraggiarli in quanto sappiamo che il Libano è l’unica terra che ha una presenza cristiana significativa in Medio Oriente. È importante che i giovani libanesi cristiani continuino a rimanere in Libano per dare la loro testimonianza e fare la loro opera di evangelizzazione. Quindi il nostro obiettivo è stato quello di incoraggiarli, consolarli e dare loro fiducia. La prospettiva è stata quella di aiutare loro a intravvedere meglio il cammino di santità. Se i giovani cristiani lasciano il paese, non rimarrà che un grande vuoto. Per questo Daniel Ange ci tiene molto a stare vicino ai cristiani libanesi e in particolare ai giovani.
Chi conosce Daniel Ange sa della sua predilezione per il Libano. Ci può raccontare brevemente questa storia e perché lo lega al Libano un amore così?
Don Gianni Castorani: Daniel Ange ha visitato il Libano per la prima volta negli anni ottanta con la benedizione e il mandato di Giovanni Paolo II. Il Papa disse a Daniel Ange allora questa frase molto bella: «Le Liban c’est la fille blessé de l’humanité (Il Libano è la figlia ferita dell’umanità)». Perché il Libano è «ferito»? – perché il popolo libanese è molto accogliente e questa sua accoglienza fa sì che diventi un popolo aggredito. I libanesi sono un popolo generoso, ospitale, gioioso, un popolo prediletto del Signore.
Ritornare in Libano per lui dopo tanti anni per preparare la visita del Papa è rinnovare questa fiducia e questa accoglienza.
Un altro legame importante con il Libano sono i vari giovani libanesi che sono stati in Francia alla scuola di JL per dedicarsi alla preparazione all’evangelizzazione. Dopo sono tornati in Libano per dedicarsi all’evangelizzazione. Uno di loro è sacerdote.
Durante la sua permanenza in Libano, Daniel Ange ha avuto esperienze forti. Ad esempio, durante la guerra, in una notte di Natale, egli ha celebrato la messa sul fronte di guerra e quella notte è stata una notte di pace. Noi l’abbiamo visto come un miracolo.
Voi siete una realtà giovanile dedita all’evangelizzazione. Frequentate posti “scottanti” come Riccione. Fate anche evangelizzazione con le prostitute o la cosiddette notte di evangelizzazione “la luce nella notte”. Cosa avete voluto consegnare ai giovani libanesi della vostra esperienza?
Don Gianni Castorani: Innanzitutto abbiamo voluto trasmettere l’esigenza della nuova evangelizzazione. È un mandato a cui Giovanni Paolo II ci teneva tanto. È stato il grande slogan del suo pontificato. Uno degli obiettivi è risvegliare i giovani alla nuova evangelizzazione. La Scuola d’Evangelizzazione fa parte del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione e la nostra visita del Libano ha avuto lo scopo di suscitare questo zelo.
Il carisma della nostra Scuola è quello della contemplazione/adorazione e missione. Noi viviamo la contemplazione e ogni tre mesi partiamo in missione. Daniel Ange è di origine monastica. Contempliamo il volto di Gesù e poi andiamo a portarlo ai ragazzi sulle spiagge, per le strade nelle discoteche. Come Maria Maddalena la mattina di Pasqua contempla il Cristo risorto e va ad annunciarlo agli altri discepoli.
Il centro della missione è la testimonianza in cui raccontiamo l’incontro con Cristo nella nostra vita.
Chi conosce la vostra esperienza, sa che ruota intorno a quattro pilastri: la preghiera, la comunità, la formazione e la missione. Questo fa capire che la missione richiede un radicamento nell’amore che adora e nell’amore che conosce e sperimenta per trasmettere non contenuti saputi ma un’esperienza fatta. Cosa avete trasmesso in Libano di ciò?
Don Gianni Castorani: Non ci siamo limitati a parlare di missione ma abbiamo voluto proporre ai giovani libanesi di formarsi, essendo il Libano «terra di missione». Tanti si dedicano al servizio civile con tanta buona volontà, ma da cristiani, i giovani hanno bisogno di sapere che il primo servizio sociale da fare è l’evangelizzazione come diceva Giovanni Paolo II perché una chiesa che fa carità è importante, ma – come diceva Madre Teresa – noi non siamo assistenti sociali. La Chiesa esiste per evangelizzare come diceva Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi.
Non bisogna dissociare evangelizzazione e carità, sono due dimensioni che vanno insieme. A che serve infatti fare opere sociali se poi non si da al popolo l’essenziale che è Dio. L’Europa scristianizzata perde la sua identità. La sua crisi economica è solo l’epifenomeno di una crisi di valori, una crisi di fede. Quindi il nostro appello ai giovani libanesi è stato quello di formarsi e di andare per le strade e annunciare il Cristo che hanno incontrato e contemplato.