Il Papa donerà la pace al Libano grazie alla fede in Maria

Padre Chidiac, della Società Mariologica Mediorientale in Libano, racconta la devozione alla Madonna nel suo Paese e la grande attesa per la visita del Santo Padre della prossima settimana

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, venerdì, 7 settembre 2012 (ZENIT.org) – Siamo nel cuore del 23° Congresso mariologico internazionale, organizzato dalla Pontificia Accademia Mariana Internationalis, che si svolge, da martedì 4 settembre, alla Pontificia Università Antonianum di Roma.

Inaugurato dal cardinale Angelo Amato, Prefetto della Congregazione per le cause dei santi e Presidente del Congresso, l’incontro proseguirà domani con l’udienza dei partecipanti con il Papa a Castel Gandolfo, e terminerà domenica 9 con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura.

Numerosi i partecipanti: studiosi, docenti, associazioni, cultori ed esperti di mariologia di tutti i continenti, riuniti tutti nell’Auditorium dell’Antonianum, per discutere e approfondire il tema scelto: La mariologia a partire dal Concilio Vaticano II. Ricezione, bilancio e prospettive.

Tra questi ZENIT ha incontrato padre Maroun Chidiac, dell’ordine Maronita Mariamita, segretario della Società Mariologica Mediorientale in Libano, che, in questa intervista ci descrive la devozione alla Vergine nel suo Paese e ci racconta anche della grande attesa per la visita del Papa del prossimo 14 settembre.

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Padre Chidiac, in che modo viene vissuta la devozione mariana in Libano?

Padre Chidiac: Come in tutti i paesi del Medio Oriente, i cristiani del Libano hanno una sensibilità molto forte nei confronti della Madre di Dio, nei riti, nelle tradizioni e nella religiosità popolare. Qualche volta la figura di Maria viene assolutizzata, ma in generale la devozione per Lei, radicata soprattutto nella Liturgia, viene vissuta in maniera molto semplice e spontanea.In particolare, vorrei sottolineare il carattere interpersonale della devozione mariana in Libano, nel senso che ogni fedele delle Chiese orientali si sente figlio di Maria e percepisce un legame indissolubile con Colei che è Madre di Dio e Madre nostra.

Nell’ambito del Congresso sono state evidenziate le prospettive future della mariologia. In Libano, più specificatamente, quale strada essa percorrerà?

Padre Chidiac: Il cammino da seguire per la mariologia in Libano è ancora molto lungo e c’è tanto lavoro da fare. Innanzitutto, bisogna rileggere il Vaticano II e poi reintegrare tutte le sue affermazioni nella educazione e formazione dei sacerdoti, e nella teologia, oggetto di studio sia di seminaristi che di laici.

Dal punto di vista pastorale, poi, credo sia necessaria una pastorale mariologica che sia molto fedele all’insegnamento della Chiesa e che trasmetta una “chiarezza mariologica” nella devozione, che non deve essere troppo esagerata.

Il tutto per far sì che Maria diventi veramente un “luogo” teologico, come è stato ribadito nel Congresso, cioè sia l’accompagnatrice del popolo cristiano verso il Signore, attraverso una fede autentica.

Benedetto XVI si è spesso concentrato, nel suo Pontificato, sulla figura di Maria, indicandola come un esempio di vita ed esortando i fedeli a rivolgersi a Lei nella preghiera. La visita del Papa della prossima settimana, quindi, potrà essere una spinta alla realizzazione di questa pastorale mariologica di cui parla?

Padre Chidiac: Assolutamente si! E non solo una spinta, ma anche una conferma. Già il popolo vive profondamente questa fede nella Madonna – è molto diffusa, ad esempio, la pratica del Rosario – quindi il Santo Padre verrà a confermare questa dedizione alla Vergine.

Soprattutto la presenza del Papa verrà a donare speranza alla popolazione libanese per superare quell’inquietudine profonda per tutto ciò che avviene in Medio Oriente e per andare oltre. Il Pontefice parla spesso di speranza, e parlare di speranza ci fa subito pensare a Maria, vero segno di speranza per tutta l’umanità, per il Libano e per tutti i cristiani e non-cristiani del Medio Oriente.

A proposito di tutte le situazioni difficili, a volte anche tragiche, che vivono i paesi medio-orientali, si può affermare che la devozione alla Madonna possa favorire anche il dialogo ecumenico?

Padre Chidiac: Certo, è un grande aiuto. Ci sono tante tradizioni diverse, ma anche tanti punti di convergenza. Basti pensare al dogma della Madre di Dio, fondamento della fede sia cattolica che ortodossa, che è già un riferimento molto importante per il dialogo ecumenico.

Spero che nel futuro questo dialogo si possa approfondire anche dal punto di vista teologico e relazionale, a livello sia teorico che pratico. Nel senso di pensare al mistero di Dio con la luce della “scuola” di Maria e vivere le virtù teologali come Lei: con l’apertura all’altro, la semplicità, l’accoglienza, l’amore anche verso chi è lontano o totalmente diverso da noi.

Per quanto riguarda, invece, la Società Mariologica mediorientale di cui lei è segretario, in quali attività siete impegnati adesso e, soprattutto, come vi state preparando ad accogliere il Papa?

Padre Chidiac: Dopo due congressi mariologici organizzati tre anni fa, abbiamo voluto prenderci una grande pausa per riorganizzare il lavoro del futuro e per concentrarci su un obiettivo specifico: diffondere la mariologia, quindi la conoscenza della Vergine e la sua autentica devozione, in ogni paese del Medio Oriente.

Per ciò che concerne, invece, il viaggio del Pontefice, non abbiamo fatto tanto dal punto di vista pratico, ma abbiamo “lavorato” molto sull’attività che più si fa in Libano: la preghiera. Questa è stata la nostra intuizione e ispirazione: prepararsi alla visita del Papa pregando.

Cosa significa per la popolazione libanese il fatto che il Papa venga a visitarla personalmente?

Padre Chidiac: È una cosa molto importante. Mi vengono in mente le parole di Cristo a Pietro: “Quando ritornerai confermerai i tuoi fratelli”.

Un territorio che non esprime mai la quiete, ha bisogno infatti di questa visita per ricevere fiducia, per rinsaldare la fede (in vista anche dell’Anno della Fede), per guardare al futuro con una maggiore positività e luce. Soprattutto, i libanesi hanno bisogno di sentirsi “a casa”. Nel nostro paese ci sono tante confessioni religiose, che è una delle cause principali della guerra, e quando si ravvisa questo pericolo, la popolazione si sente disorientata, come se non fosse al posto giusto. Quindi la presenza del Santo Padre ci verrà a ricordare che siamo tutti a casa nostra, figli della stessa famiglia e della stessa madre, Maria.


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ZENIT Staff

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