Fede e carità aprono la porta a Dio

Vangelo della XXIII Domenica del Tempo Ordinario

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di padre Angelo del Favero*

ROMA, giovedì, 6 settembre 2012 (ZENIT.org).- Is 35,4-7a

Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,..Egli viene a salvarvi”. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa.”.

Gc 2,1-5

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo..sia immune da favoritismi personali. Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: “Tu siediti qui, comodamente”, e al povero dite: “Tu mettiti là, in piedi”, oppure: “Siediti qui ai piedi del mio sgabello”, non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi?”.

Mc 7,31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidone, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decapoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè “Apriti!”. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamarono e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.

Oggi troviamo Gesù “in pieno territorio della Decapoli”, una regione a prevalenza pagana a oriente del Lago di Tiberiade. Il Signore si spinge oltre i confini di Israele per seminarela Parola della fede nel mondo pagano di allora.

Ricordando le prime parole del pontificato di Giovanni Paolo II, immaginiamo la gioia e la forza dell’annuncio di Gesù: “spalancate le porte al Cristo che viene, apritemi la porta del vostro cuore!”

Certo, al tempo del Signore non c’era un paganesimo ‘culturale’ come oggi, in cui la società è afflitta da una profonda crisi di fede rispetto ad un passato radicalmente cristiano. 

Come infatti ha scritto Benedetto XVI, molti subiscono l’influsso nefasto di“una mutata mentalità che, particolarmente oggi, riduce l’ambito delle certezze razionali a quello delle conquiste scientifiche e tecnologiche” (Benedetto XVI, La porta della fede, n. 12).

D’altra parte, osserva il Papa, in tale contesto materialista e ideologico, “non possiamo dimenticare che tante persone, pur non riconoscendo in sé il dono della fede, sono comunque in una sincera ricerca del senso ultimo e della verità definitiva sulla loro esistenza e sul mondo” (id., n. 10).

Una ricerca esistenziale molto spesso inconscia, eppure evidentissima non solo nei giovani e nei giovanissimi, ma anche negli adulti e negli anziani battezzati: tutti affetti da un vero e proprio smarrimentodel cuore, malattia spirituale infinitamente dolorosa se solo pensiamo che senza la fede nell’annuncio del Figlio divino che si è fatto “uno di noi”, il valore e la verità della vita umana, nonché il significato del cosmo e della storia, rimangono e rimarranno sempre un enigma indecifrabile.

Ma in questa Domenica la forza e la gioia della parola di Dio ci scuote. 

Dal profeta che rincuorava il suo popolo in esilio, siamo provocati ad annunciare lo stesso messaggio:“Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio,..Egli viene a salvarvi” (Is 35,4s).

Oggi molti scelgono di vivere come se Dio non ci fosse, esiliando volontariamente il proprio cuore dalla Patria divina che li ha creati. Essi sono ingannati a tal punto da ritenere e proclamare ‘verità’ questo esiliotenebroso di se stessi e della propria vita dal Creatore.

Ma lo splendore della verità è questo: solo Cristo è la risposta vera per ogni uomo, solo Lui ha quelle parole di vita eterna per ascoltare le quali ad ogni essere concepito sono donate due cose: la vita del corpo e l’udito dell’anima.

Per questo Benedetto XVI, come Isaia, invita tutti a: “..mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza” (id., n. 2).

Ma veniamo infine al Vangelo: “Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè “Apriti!”. E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”.

La gente del luogo rimane stupefatta e conquistata:“Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7,37).

Ecco: i miracoli di Gesù non sono mai semplici racconti. Il loro lato “spettacolare” nasconde una realtà che appartiene al mondo della fede; e proprio per mostrare tale realtà i gesti del Signore vengono rinnovati nella liturgia cristiana.

Il gesto delle dita nelle orecchie e della saliva sulla lingua con cui Gesù guarisce il sordomuto, indicano la guarigione spirituale operata dal Battesimo, in seguito alla quale l’uomo diventa capace di accogliere la vita divina per mezzo dei Sacramenti, e in particolare dell’Eucaristia, che è il sacramento dell’amore.

Al riguardo, commentando la seconda lettura di oggi, il Papa scrive: “La fede senza la carità non porta frutto e la carità senza fede sarebbe un sentimento in balìa costante del dubbio. Fede e carità si esigono a vicenda, così che l’una permette all’altra di attuare il suo cammino. E’ la fede che permette di riconoscere Cristo ed è il suo stesso amore che spinge a soccorrerlo ogni volta che si fa nostro prossimo nel cammino della vita” (id., n. 14).

Un cammino in salita, difficile, spesso drammatico! Ma nelle tempeste di questo mondo il credente sta radicato come quercia nella sua fede.

E la fede, come la terra, è dono di Dio per tutti, terreno su cui deve crescere la vita umana e dal quale essa attinge pienezza di forza e di gioia. Chi mette al servizio della fede tutta la sua intelligenza, tutto il suo cuore, tutta la sua anima e tutte le sue forze, non sarà mai deluso, come non fu deluso Gesù ad affidarsi al Padre.

In particolare ogni giorno deve essere coltivata la fede nel mistero dell’Eucaristia.

Come il sole del mattino che illumina e riscalda donando energia e vita, l’Eucaristia è Cristo “Sole che sorge” (Lc 1,78) e non può non sorgere.

Vale a dire: l’Eucaristia deve essere il “Sole della giornata” del credente, il Sole della sua fede, veramente necessario per rinnovare le energie dell’anima e del corpo:“Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto, perché scaturiranno acque nel deserto, scorreranno torrenti nella steppa.” (Is 35,6).

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed
è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.

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ZENIT Staff

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