I timori dei cattolici brasiliani per la legalizzazione dell'aborto (Prima parte)

Conversazione con il professor Paulo Fernando, vice presidente del Movimento Pro-Vita di Brasilia, e il noto predicatore padre Paulo Ricardo

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di Thácio Siqueira

BRASILIA, mercoledì, 5 settembre 2012 (ZENIT.org) – A preoccupare fortemente la comunità cattolica del Brasile è la legalizzazione dell’aborto prevista nella bozza di riforma del Codice penale del Paese. Per contribuire al dibattito, ZENIT ha organizzato una conversazione tra il professor Paulo Fernando Melo, vice-presidente del movimento Pró-vida e pró-família e membro del comitato di bioetica dell’arcidiocesi di Brasilia, e padre Paulo Ricardo Azevedo Junior, sacerdote dell’arcidiocesi di Cuiabá, noto predicatore.

Prof. Paulo Fernando: Come Lei vede la situazione della comunità cattolica, della società in generale, davanti alla questione della legalizzazione dell’aborto prevista nella bozza del Codice penale?

P. Paulo Ricardo: Effettivamente, il cattolico è purtroppo alienato dalla vita politica. Tra i cattolici si è creata la mentalità che, poiché lo Stato è laico, le persone non possono esprimere i loro valori etici e religiosi nel mondo della politica. Tale mentalità è completamente assurda, perché sappiamo che ogni legge manifesta un ethos, una visione del mondo e un quadro di valori.

Ora lo Stato può essere laico, ma i brasiliani sono religiosi. E loro non solo hanno il diritto, ma anche il dovere di portare il loro ethos nella stesura delle leggi. Ora, a causa di questa ideologia laicista il cattolico si percepisce come una sorta di minoranza. Mentre lui è religioso, cattolico, ha le sue convinzioni, ma è come se fosse un cittadino di seconda classe. Ha solo il diritto di manifestare ciò che è ateo, materialista militante … il cattolico è messo da parte. Effettivamente dobbiamo risvegliare il cattolico cosciente, convinto, praticante, fedele alla Chiesa e al Papa, per la sua missione, la sua vocazione nel mondo della politica.

Il diavolo, davvero, ha fatto un buon lavoro. Ha messo nella testa del cattolico che la politica è per gente soncha, per persone sonchas (un termine regionale, che indica persone senza carattere, ndr.) e che, pertanto, non dovrebbe immischiarsi in questo campo. E così, abbiamo in Brasile una situazione abbastanza strana di una maggioranza silenziosa che è governata quasi dittatorialmente da una minoranza che è riuscita a mettere il bavaglio a questa maggioranza.

Prof. Paulo Fernando: Padre, siamo in un anno elettorale per i prefetti e gli assessori. Cosa dice la dottrina sociale della Chiesa sulla partecipazione effettiva dei cattolici nella politica? Quali sono i criteri di un buon candidato?

P. Paulo Ricardo: A dire il vero, bisogna sempre tenere in mente che la Chiesa non ha propri candidati, ma orienta i fedeli a scegliere i candidati che lavorano per il bene comune: uomini e donne che hanno una storia e una competenza per lavorare per il bene comune. Questa realtà incide fortemente quando guardiamo il curriculum di un candidato e sono vicini a quei valori che papa Benedetto XVI chiama non negoziabili.

Sono tre, in sostanza, i tipi di valori non negoziabili che il Papa ha menzionato in un discorso al Partito Popolare Europeo nel 2006. Primo: il rispetto della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale. Qui entra tutta la questione dell’aborto, eutanasia, ecc. Secondo: la famiglia, costituita da un matrimonio monogamico, unico, indissolubile, tra un uomo e una donna. E’ questo un valore che la Chiesa considera non negoziabile. Qui, cioè, non c’entra nulla l’arte della politica o della negoziazione. E in terzo luogo: l’educazione dei figli, ossia la libertà dei genitori di educare i propri figli, senza interferenze dello Stato su quali sono i valori ad essere trasmessi ai figli.

Queste tre colonne portanti sono oggi attaccate frontalmente dall’abortismo, dall’omosessualità, dal femminismo, e da uno Stato sempre più condizionato da militanti della sinistra che vogliono minare proprio queste colonne portanti della moralità della civiltà occidentale, che non è solo un qualcosa di specifico di un cattolico o di un cristiano, ma sono i valori sui quali è stata costruita la civiltà occidentale.

Prof. Paulo Fernando: Padre Azevedo, per la dottrina e il magistero della Chiesa, un elettore che vota deliberatamente per un candidato o un partito di cui si sa essere contrario a questi valori che Lei ha citato – ad esempio quando il partito nel suo programma difende la legalizzazione dell’aborto – incorre nel peccato?

P. Paulo Ricardo: In effetti c’è una situazione abbastanza delicata in Brasile, perché praticamente tutti i partiti hanno nelle loro piattaforme, nei loro programmi, politiche che sono in contrasto con questi valori. Dovremmo badare non tanto al fatto se questi partiti hanno o non hanno questo tipo di valori, ma se il partito permette sì o no la libertà al candidato di esercitare il suo mandato in base ai valori che professa. In modo che non ci sia un rigore o una disciplina interna nel partito che impone ai candidati, una volta eletti, una camicia di forza dottrinale.

Quindi, in questo caso, se una persona sa che il partito ha questo tipo di disciplina interna, e quindi non permetterà al candidato di esercitare il proprio mandato secondo i valori che professa, allora l’elettore ha la sua coscienza seriamente compromessa al momento del voto, perché sa che sta votando non un candidato con valori cristiani, ma un partito che andrà ad imporre i suoi valori immorali ed anti-cristiani.

[Traduzione dal portoghese a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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