La morte del cardinale Martini ha toccato tutto il mondo cattolico

Il cardinal Camillo Ruini respinge i tentativi di strumentalizzare le parole e i gesti del padre gesuita

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ROMA, domenica, 2 settembre 2012 (ZENIT.org).- Innumerevoli le reazioni ed i commenti del mondo cattolico alla dipartita del cardinale Carlo Maria Martini.

Don Matteo Fabbri, Vicario Regionale dell’Opus Dei per l’Italia ha detto: “Partecipiamo con tutta la Chiesa ambrosiana al cordoglio per la scomparsa di Sua Em.za il Card. Carlo Maria Martini, e ci uniamo con affetto alla preghiera per il suo eterno riposo, ricordando in particolare il suo costante e luminoso attaccamento alla Parola di Dio, che ha sempre considerato per sé e per tutti come ‘lampada per i miei passi’”.

Il Movimento Cristiano Lavoratori di Milano ha espresso il proprio cordoglio per la scomparsa del cardinale Carlo Maria Martini che, per 23 anni, ha guidato la diocesi di Milano, affermando che “Se ne va uno dei protagonisti del Novecento. Grande esegeta e studioso di fama mondiale dei testi biblici, teologo e pastore, Martini è stato la voce di un cattolicesimo aperto al rinnovamento conciliare. Ha rappresentato una Chiesa in dialogo, che ha affascinato i fratelli più lontani. Non a caso, in uno dei momenti più difficili della storia repubblicana, proprio a lui i terroristi consegnarono le loro armi”.

Di Martini il MCL milanese intende ricordare “lo stile con cui è stato presente ‘nelle cose del mondo’, pur restandone in un certo senso estraneo: la sua vera forza era la preghiera, costante, appassionata, sincera”.

“Pregando, – ha concluso l’MCL – ha affrontato le difficoltà della sua vita di pastore. Pregando, ha salito il calvario della malattia. Pregando, ha affrontato la morte da cristiano, aspettando che fosse Lui ad abbracciarlo. Martini ci ha insegnato che si può vivere da fratelli in una società scristianizzata, tenendo lo sguardo fisso a Gerusalemme”.

In una intervista pubblicata dal quotidiano Avvenire, il cardinale Camillo Ruini ha raccontato che “Martini usava una espressione: ‘Il non credente che è in me’, che rende bene la tensione di molti cristiani oggi: divisi tra la fede ereditata e una cultura dominante che tende a negarla. Questa parole indicano qualcosa che ci accompagna fino all’ultimo giorno, perché la tentazione contro la fede è sempre possibile. Santa Teresa di Lisieux prossima alla morte fu tentata da un materialismo radicale. Questa espressione dice dunque di qualcosa di molto forte e vero: non siamo mai definitivamente consolidati nella fede. Il che non significa negare la distinzione fra il credere e il non credere. La differenza invece è profonda: con Dio o senza Dio, infatti, cambia tutto”. 

In merito alle polemiche che alcuni hanno voluto sollevare anche nel giorno della sua morte, soprattutto per il rifiuto dell’accanimento terapeutico, il già Presidente della conferenza episcopale, ha detto: “L’accanimento terapeutico è respinto anche dalla Chiesa. Martini è stato un grande figlio della Chiesa; cercare di giocare la sua eredità contro di essa sarebbe una operazione assai misera”.

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ZENIT Staff

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