Appello per la liberazione di Sahbhaz Taseer

Il figlio del governatore del Punjab ucciso per aver criticato la legge antiblasfemia, è stato rapito un anno fa da un gruppo di islamisti

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di Giorgio Bernardelli

ROMA, martedì, 28 agosto 2012 (ZENIT.org).- Di fronte a notizie come quella di Rimsha Masih, la bambina cristiana disabile mentale accusata di blasfemia in Pakistan per aver strappato un libro religioso islamico, tanti si chiedono spesso dove siano i musulmani che non accettano questo tipo di barbarie. L’errore più grave è pensare che non ci siano. Lasciandoli così tremendamente soli nel loro coraggio.

È quanto purtroppo sta succedendo in Pakistan alla famiglia di Salman Taseer, il governatore musulmano del Punjab ucciso il 4 gennaio 2011 a Islamabad dalla sua guardia del corpo proprio per essersi schierato apertamente contro le leggi antiblasfemia. La notizia della sua morte fece il giro del mondo, tutti lodarono il suo coraggio. Però di lui e della sua famiglia in Occidente ci si è dimenticati molto presto. Ma non lo hanno dimenticato i fondamentalisti islamici pakistani, che il 27 agosto 2011 hanno anche rapito suoi figlio Shahbaz Taseer. Sì, perché nella follia di queste persone, schierarsi contro una legge che – come spiegava inquesto articolo qualche mese fa Mondo e Missione – può essere brandita contro chiunque senza alcuna prova, è una colpa talmente grave da tramandarsi di padre in figlio.

Sahbhaz Taseer ha un profilo Twitter, che è fermo al 25 agosto 2011. La fotografia lo mostra allo stadio del cricket con la bandiera pakistana dipinta sulla guancia. Nell’intestazione si definisce: «Figlio orgoglioso dell’uomo più coraggioso del Pakistan. Tifoso sfegatato del Manchester United. Astronauta che non è mai stato sulla Luna».

È passato un anno ma Sahbhaz Taseer è ancora nelle mani dei suoi rapitori. L’unica notizia – diffusa qualche settimana fa dal quotidiano pakistano The Dawn – sono poche righe in cui si dice che i servizi di sicurezza starebbero trattando con i rapitori per il suo rilascio. Gli islamisti chiederebbero un riscatto e la liberazione di alcuni prigionieri.

Al di là dell’esito di questa trattativa addolora il silenzio assoluto in Occidente su questa vicenda. Il mondo sta lasciando sola la famiglia Taseer. E in questo modo rende a torto la questione della legge antiblasfemia un problema solo dei cristiani, indebolendo quei musulmani pakistani che cercano di costruire un Paese diverso.

Per questo motivo oggi vogliamo lanciare un piccolo segnale simbolico per provare ad abbattere almeno un po’ questo muro di silenzio. Vogliamo invitare tutti coloro che hanno un profilo Twitter a inviare un messaggio sul profilo di Sahbahz Taseer all’indirizzo @ShahbazTaseer. Noi abbiamo scritto «Dear Shahbaz, we are with you and with your brave family» («Caro Shahbaz, siamo accanto a te e alla tua coraggiosa famiglia»). Se siete d’accordo fate altrettanto.

(Articolo tratto da MissiOnLine.org, del PIME, del 27 agosto 2012)

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ZENIT Staff

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