ROMA, martedì, 28 agosto 2012 (ZENIT.org).
Lettura
Il quarto “guai” rivolto da Gesù, nel brano evangelico odierno, agli «scribi e farisei ipocriti»,va al cuore del suo messaggio, contrapponendo le numerosissime, minuziose e complicate prescrizioni di una tradizione “fatta dagli uomini”, alla Legge suprema, quella della carità, che si riassume in tre parole o atteggiamenti: giustizia, misericordia e fedeltà. Il quinto “guai”, invece, mette in guardia i discepoli da una religiosità puramente esteriore e come tale “ipocrita”, perché fatta soltanto per apparire come dei “santi” a chi guarda dall’esterno, mentre il Signore, che giudica i cuori, scorge in essi solo “avidità ed intemperanza”.
Meditazione
La frase attribuita a sant’Agostino: «Ama, e poi fa’ ciò che vuoi», attua in positivo l’insegnamento che ci viene dal Vangelo che oggi abbiamo ascoltato. Tutte le prescrizioni del Diritto canonico, o quelle delle Regole monastiche più austere, valgono nulla se invece di farci crescere nella carità (perciò nella santità), fomentano la nostra superbia. Ogni Regola, con la “R” maiuscola, ma anche ogni regola di comportamento (con la “r” minuscola), per dirsi cristiana deve saper rispondere ai tre requisiti richiesti da Gesù ai farisei del suo tempo: «la giustizia, la misericordia e la fedeltà». Giustizia: perché se “Dio ci ha amati così tanto da dare il suo Figlio unigenito, anche noi abbiamo il dovere di amarci gli uni gli altri”.Misericordia: perché dobbiamo perdonarci “come Dio ha perdonato a noi, in Cristo”. Fedeltà: perché il nostro sì all’amore di Dio ha il suo modello in Gesù, “l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero”. Solo quando il nostro amore di mogli e di mariti, di genitori e di figli, di parroci e fedeli, di governanti e cittadini, avrà assolto a queste tre prescrizioni, potremo “fare ciò che vogliamo”,perché – come Gesù – non faremo altro che compiere sempre e soltanto la volontà del Padre; glorificando con le nostre azioni «Dio che è amore».Allora, il nostro “fa’ ciò che vuoi”sarà ben lontano dai comportamenti licenziosi del giovane Agostino, e sarà, invece, vissuto con la libertà interiore e l’altruismo eroico del Vescovo d’Ippona, che seppe “farsi cristiano con i suoi cristiani”, in modo che anche quelli meno dotati potessero gustare i tesori della Sapienza che egli, dopo tanto vagare, aveva scoperto. Leggiamo in positivo anche il quinto “guai” oggi proclamato: esso è richiamo a quell’interiorità di cui sant’Agostino è stato il più grande maestro. Facciamone l’esperienza: allora capiremo che “Dio è più intimo a noi di noi stessi”,e non lo lasceremo mai solo.
Preghiera
Tardi Ti amai, o bellezza tanto antica e così nuova, tardi io Ti amai. Tu eri con me, ma io non ero con Te … Poi Tu mi hai chiamato, hai gridato, hai vinto la mia sordità. Allora Ti ho gustato e ora ho fame e sete. Mi hai toccato e ardo dal desiderio della tua pace.
Agire
Farò di tutto per ritagliarmi, in questa giornata, almeno un quarto d’ora di silenzio, “per stare solo con il Solo”.
Meditazione del giorno a cura di P. Salvatore Piga, osb, tratta dal mensile Messa Meditazione, per gentile concessione di Edizioni ART. Per abbonamenti: info@edizioniart.it