di Maria Emilia Marega
RIMINI, venerdi, 24 agosto 2012 (ZENIT.org) – Una mostra molto particolare al Meeting di Rimini “Tre accordi e il desiderio di verità – Rock ‘n’ roll come ricerca dell’infinito” nata dall’esperienza personale di John Waters, giornalista e scrittore Irlandese, vice direttore del quotidiano The Irish Times.
Il primo pezzo di musica Rock che John ha ascoltato gli ha procurato una forte emozione che lo ha colpito al cuore, qualcosa che aveva immaginato ma non aveva ancora sperimentato. “Insieme, le parole e i suoni parlavano di una cosa diversa e di una diversa consapevolezza”.
La mostra ha suscitato la curiosità di molti. C’era una lunga fila di gente che aspettava di entrare. La visita dura un ora ed è diretta, raccontata e spiegata da una guida. La maggior parte dei visitatori sono giovani tra i 15 e i 20 anni, gli altri cinquantenni che sono cresciuti con la musica Rock.
Walter Muto, responsabile del progetto editoriale, ha illustrato la mostra a ZENIT.
“Tutta l’esposizione – ha spiegato – è un tentativo di comprendere il senso di alcune canzoni e la storia degli artisti. La scelta dei brani musicali e degli artisti è stata una decisione di John Waters. Il criterio è stato quello di cercare e trovare l’infinito. Grandi pionieri come Hank Williams e la sua canzone Cool Water per esempio sono una ricerca e una metafora del desiderio di trovare un compimento nella vita”.
La mostra procede con una serie di approfondimenti che si articolano nelle diverse stanze: The Cry – l’urlo dell’uomo, sin dalla nascita; Pioneers – artisti che hanno fatto da pionieri con i ritmi blues, country and western; Folk – inteso come genere musicale minore ma con grandi esponenti come Leonard Cohen, Joni Mitchell, Bob Dylan, e Janis Joplin; Rebels – Jimi Hendrix ed altri con storie drammatiche e vite stroncate prematuramente; Now – Cold Play, Amy Winehouse, U2, Mumford & Sons ed altri artisti più vicini ai tempi recenti.
Alcune stanze dispongono di filmati proiettati sui muri come nel caso della band In Concert, altre hanno scritte con frasi del curatore John Waters e di citazioni dei diversi personaggi tra questi Jean Jacques Rosseau e John Lennon.
Le guide della mostra, con gruppi di 20 persone, si fermano davanti ad ogni singola band facendo ascoltare brani musicali e canzoni mettendo in evidenza le parole.
Nella maggior parte dei casi è possibile sentire l’angoscia, l’urlo, l’aspirazione di qualcosa che non hanno trovato.
Alla fine di questi 5 spazi si trova il Memorial Room con i grandi interpreti del Rock, deceduti prematuramente. Giovani che erano all’apice del loro successo e della loro fama.
Walter Muto ha precisato che “L’idea di John Waters che si vede nella scritta sulla parete – Cosa succede quando hai tutto? – è quella di mostrare che tante volte questi artisti hanno tutto, ma in qualche modo, gli manca sempre qualcosa”.
Tanti cercano qualcosa di infinito, ma cos’è questa ricerca dell’infinito?
Secondo il responsabile del progetto editoriale, “quello che possiamo vedere nelle diverse parti della mostra è in fondo la ricerca di un senso, di un significato. Come quando ci si trova davanti al mare per esempio, si ha un’idea di qualcosa che non si può possedere e allora ti chiedi il perchè, da dove viene?. E molte delle canzoni esprimono questo desiderio di infinito. Ad esempio nel brano musicale di Fred Mercury The show must go on, la morte arriva per lui in un modo tragico, ma il desiderio di ‘infinitudine’ nella canzone è esplicito, magari lo ha espresso senza averne coscienza”.
E’ un desiderio di dare un senso alla propria vita. C’e chi lo trova nella fede, che nel rapporto familiare e c’è chi invece conclude tragicamente la propria vita senza averlo mai trovato.
Ma è possibile avere questo incontro con l’infinito?
Walter Muto ha spiegato che “alcuni di questi cantanti non hanno trovato, ma per altri l’incontro è avvenuto. Bob Dylan per esempio, che a un certo punto ha trovato la fede; o Bruce Springsteen che ha avuto fede fin da ragazzo; Joni Mitchell che non ha trovato una spiritualità ma ha trovato nella vita matrimoniale un incontro, una stabilità, un ritorno a valori duraturi.
Alla domanda su quanti di loro hanno trovato Dio, il direttore editoriale ha citato i Mumford & Sons che non volevano essere chiamati Christian Rock Band ma in qualche modo esprimono nelle canzoni un dialogo continuo con Dio. Parlano dei dilemmi della vita e li affrontano in un prospettiva di fede. Questa è la sfida lanciata dalla mostra. Nelle loro canzoni compare talvolta la Grazia, il concetto di anima, la coscienza che prima o poi la vita finirà e quindi c’è bisogno di trovare una risposta.
Lo scopo dell’esposizione è far vedere come anche nelle arti: letteratura, pittura, poesia, musica classica, ecc. sia nel modo in cui l’artista la interpreta, o in una parola, può esserci la ricerca della verità, dell’infinito.
Quale effetto provoca la mostra nei giovani?
A questa domanda Walter Muto ha replicato raccontando che i visitatori sono curiosi, vanno a cercare nelle canzoni quelle frasi che hanno più senso e che gli permette di conoscere l’animo degli artisti. Come quando si scopre una frase di un poeta e allora nasce il desiderio di conoscere tutto, la storia, le opere, la vita…
Anche per chi è esperto di musica, la mostra offre un punto di vista diverso, accende la curiosità e guida alla ricerca della verità.
Secondo John Waters, con soli tre accordi del blues si può fare il Rock. Questo spiega anche il titolo della mostra. Infatti alla radice di tutto ci sono i tre accordi del Blues che sono gli accordi fondamentali dell’armonia.
Con tre accordi semplici, si è costruito un intero genere musicale, che sembra fragile, che passa attraverso le canzoni rock e che possono elevare i cuori alla ricerca di cose più alte.
L’ultima canzone di cui si parla nella mostra è So Cruel degli U2. Nel testo c’é una frase che secondo Walter riassume tutto il senso dell’esposizione: la testa in paradiso e le mani nella terra bagnata. È come l’uomo: grandi aspirazioni e la fragilità di tutti i giorni.