di padre Angelo del Favero*
ROMA, giovedì, 23 agosto 2012 (ZENIT.org).
Gv 6,60-69
“In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”. Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo disse loro: “Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? E’ lo Spirito che da’ la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra di voi vi sono alcuni che non credono”.
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre”. Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai dodici: “Volete andarvene anche voi?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
Anche questa Domenica ci troviamo nella sinagoga di Cafarnao.
Consapevole del peso eccessivo delle parole appena dette sulla necessità vitale di mangiare la sua carne e bere il suo sangue (Gv 6,53), Gesù si ritrova in una triste impotenza: molti dei suoi discepoli, scandalizzati, lo rinnegano e non se la sentono più di seguirlo. La luce abbagliante scaturita dalle sue parole li ha accecati, ed anziché farsi condurre per mano dalla fede, abbandonano il Signore e tornano indietro.
Certo, nessuno poteva immaginare il dono stupefacente della partecipazione alla natura divina annunciato dalle fortissime affermazioni di Gesù (2 Pt 1,4), ma il gesto di allontanarsi ferisce profondamente il cuore mite ed umile del Signore, significando per lui un vero e proprio rifiuto della sua persona e della sua amicizia.
Ugualmente deciso a perseverare fino alla fine in questa prova di obbedienza al disegno del Padre, Gesù fa allora appello alla fedeltà dei Dodici: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67).
Ed ecco che Pietro, scosso da una simile domanda, risponde di slancio gettando tutto se stesso nella fiducia totale in Gesù e trascinando gli altri d’autorità: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69).
Provo ad interpretare il cuore dell’apostolo traducendolo così: “L’amore di Dio è così grande in te che non abbiamo bisogno di capire per continuare a seguirti; sappiamo per esperienza che le tue parole sono solo amore e verità!”.
Pietro ha parlato per tutti, anche per “il discepolo che Gesù amava” (Gv 13,23), che era presente ed ha narrato per noi i fatti di Cafarnao.
Possiamo allora immaginare che quando, dopo la risurrezione del Signore Giovanni ricordava ancora questi fatti a Maria che aveva accolto con sé (Gv 19,27), egli li abbia commentati più o meno in questi termini: “Parlando della sua carne e del suo sangue, Gesù si riferiva a quel Corpo che tu stessa, o Madre, gli hai dato formandolo sotto il tuo cuore immacolato; perciò più di chiunque altro tu puoi veramente comprendere per esperienza il mistero della presenza reale del Figlio tuo nell’Eucaristia”.
Ascoltiamo allora, per analogia, il beato Giovanni Paolo II:
“L’Eucaristia, mentre rinvia alla Passione e alla Risurrezione, si pone nello stesso tempo in continuità con l’Incarnazione. Maria concepì nell’Annunciazione il Figlio divino nella verità anche fisica del corpo e del sangue, anticipando in sé ciò che in qualche misura si realizza sacramentalmente in ogni credente che riceve, nel segno del pane e del vino, il corpo e il sangue del Signore.
E se il Corpo che noi mangiamo e il Sangue che beviamo è il dono inestimabile del Signore a noi viatori, esso porta ancora in sé, come Pane fragrante, il sapore e il profumo della Vergine Madre.
Ricevere l’Eucaristia doveva significare per Maria quasi un riaccogliere in grembo quel cuore che aveva battuto all’unisono col suo e un rivivere ciò che aveva sperimentato in prima persona sotto la croce” (G. P. II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, n. 55-57).
La santa Messa non è solo memoriale del sacrificio del Figlio di Dio, ma anche di quello di sua Madre, che “stava presso la croce di Gesù” (Gv 19,25) come corredentrice.
Perciò l’ineffabile esperienza di Maria nel ricevere l’Eucaristia dagli apostoli, potrà rinnovarsi ogni volta anche nel nostro cuore nella misura in cui Gesù lo troverà simile a quello della sua santa Madre.
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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.