di Nicola Rosetti
ROMA, lunedì, 13 agosto 2012 (ZENIT.org) – Per le sue imponenti dimensioni il Giudizio Universale è sicuramente l’opera di maggior impatto emotivo che troviamo nella Cappella Sistina. Il Giudizio Universale è l’ultima tappa della storia della salvezza, realizzata per volontà di Paolo III.
Per dipingerlo Michelangelo ha tamponato le due finestre della parete di fondo della Cappella, sovrapponendosi alle precedenti opere quattrocentesche del Perugino (nascita di Mosè e nascita di Cristo) e dando vita ad una parete che per la sua forma ricorda le tavole della legge, quasi a dire che nell’ultimo giorno saremo giudicati sulla base del decalogo.
Il fulcro di tutta la composizione è il Cristo Giudice che con un gesto imperioso chiama i morti a risorgere. Accanto a lui, c’è sua madre Maria che intercede per la salvezza degli uomini. Se abbassiamo un po’ lo sguardo possiamo osservare degli angeli che suonano le 7 trombe del giudizio. Fra questi angeli ce n’è uno che regge il grande libro delle colpe. Un altro invece regge il piccolo libro dei meriti
Spostando la nostra attenzione verso sinistra vediamo i corpi dei morti che aprono i loro sepolcri e, rispondendo al cenno del Cristo, si elevano verso il cielo per risorgere con lui e come lui. Michelangelo ha dato corpo in queste immagini alla speranza cristiana della resurrezione della carne. Non solo l’anima sopravviverà in eterno, come pensavano i greci, ma anche la carne vedrà di nuovo la vita, perché per noi cristiani Gesù è il salvatore di tutto l’uomo, sia nella sua componente spirituale che in quella materiale
Fra i vari corpi che anelano alla salvezza, due, vicini agli angeli che suonano le trombe, salgono in cielo grazie a una corona del rosario. Attorno a Cristo e alla Vergine, sia a destra che a sinistra, c’è lo stuolo dei beati. Molti di essi sono riconoscibili dai caratteristici attributi iconografici.
Fra i molti riconosciamo: Cristina con i seni scoperti, i progenitori del genere umano Adamo ed Eva, Andrea che regge la croce decussata (= a forma di decus, cioè di 10 in numeri romani X), Lorenzo con la graticola, Bartolomeo con il coltello nella mano destra e la sua pelle in quella sinistra ( nel volto deformato si può scorgere l’autoritratto di Michelangelo), Pietro con le chiavi e Paolo con la barba lunga, Simone con la sega, Biagio con i pettini, Caterina d’Alessandria con la ruota dentata, Sebastiano con le frecce e Filippo con la croce.
Nella parte in alto gli angeli portano in gloria gli strumenti della Passione di Cristo: sulla sinistra possiamo vedere la croce e la corona di spine, mentre sulla destra la colonna della flagellazione e la canna con la spugna.
Concentriamoci ora sulla parte in basso a destra. Vediamo in questa parte l’infelicità di coloro che volontariamente non hanno corrisposto all’amore di Dio. Essi sono traghettati nel luogo infernale dal leggendario Caronte, mentre Minosse, avvolgendosi la coda attorno al corpo, dice ai dannati a quale parte degli inferi sono destinati.
Minosse ha le sembianze di Biagio da Cesena, il cerimoniere di Papa Paolo III, che aveva criticato Michelangelo per aver raffigurato nella cappella del Pontefice così tanti nudi. Il pittore non la prese bene e così raffigurò il prelato all’inferno. Questi chiese al Papa di intervenire per porre rimedio all’affronto, ma pare che Paolo III gli abbia risposto: “Cristo mi ha dato potere in cieli e in terra, ma non all’inferno!”.
Abbiamo così terminato questa breve introduzione alla Cappella Sistina che il Beato Giovanni Paolo II ha definito “Santuario della teologia del corpo umano”. Non rimane che fare visita a questo straordinario luogo per poterne apprezzare l’immensa bellezza.
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