di Valerio De Luca *
ROMA, giovedì, 26 aprile 2012 (ZENIT.org) – L’ambiente è tutto ciò che ci circonda : è il luogo in cui nasce l’uomo e la vita, la sua «casa» naturale. Alle soglie del terzo millennio, è cambiato però il quadro di riferimento.
Le straordinarie conquiste della tecnica, dalla scoperta del genoma umano alle biotecnologie sino alla fecondazione artificiale, mostrano come la tecnica sia diventata il nostro ambiente naturale dal quale non è possibile uscire.
La “Tecnica” non è più una enclave all’interno della « Natura », ma oggi è la città che estende la sua periferia fino ai confini estremi della terra, creando un proprio mondo con determinate caratteristiche che non possiamo rifiutare di abitare. Pensiamo solo al tema di grande attualità delle Smart Cities, che è entrato anche nell’agenda del nostro governo.
Nel nostro tempo, infatti,viviamo in un mondo così trasformato dall’uomo da urtare continuamente e dovunque in strutture prodotte da lui,sia che facciamo uso di apparecchi presenti nella vita di tutti i giorni o che attraversiamo un paesaggio trasformato dall’uomo, sicchè, come affermava lo scienziato Heisenberg “in un certo senso,noi incontriamo sempre e soltanto noi stessi”.
Si è così infranto il sogno della tecnoscienza neutrale che offriva agli uomini solo i mezzi, lasciando poi a quest’ultimi le decisioni finali sulle modalità di impiego e sulla bontà o malvagità degli scopi perseguiti.
«Scientia est potentia» ammoniva Francesco Bacone in un mondo in cui l’uomo possedeva ancora il dominio sui mezzi, ma oggi che la tecnica da mezzo diventa fine questo controllo acquista una dimensione spaziale senza limiti perché tutti gli scopi dell’umanità non possono realizzarsi senza la mediazione della tecnica.
È dunque necessario coniugare la tecnica con una forte dimensione etica di rispetto della vita, poiché la capacità che ha l’uomo di trasformare non solo l’ambiente ma la stessa natura umana possiede delle interconnessioni e delle conseguenze di grande impatto sullo stato di salute di popoli, nazioni e delle future generazioni.
Il tema della vita, e quindi la questione antropologica, è un tutt’uno con la questione ambientale e con ogni riflessione sulla società, la sua natura e i suoi fini ed è anche strettamente connesso agli aspetti della politica dei governi e della ricerca del bene comune.
Il seminario che si è svolto martedì 24 aprile alla Pontificia Università Lateranense “Economia, ambiente e uomo. La questione ecologica oggi” aveva l’obiettivo di sottolineare lo stretto legame tra etica della vita, ecologia naturale ed ecologia umana : un nesso inscindibile che lega tra loro il rispetto della vita e l’autentico sviluppo integrale della persona, la sostenibilità ambientale, per cui, come afferma il Santo Padre in Caritas in Veritate 51 “Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale”.
Prendersi cura del Creato non significa solo proteggere la natura nel senso dell’ambiente ecologicamente inteso, ma significa difendere la grammatica vera dei rapporti umani, fondati sulla centralità della persona umana e dei suoi rapporti con la natura.
Solo nell’ecologia umana, infatti, “i doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i nostri doveri verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri.” (CV n. 51).
Abbiamo tutti il dovere di affrontare responsabilità di lungo periodo e nei confronti delle future generazioni, valutando le conseguenze etiche di ogni decisione sia essa politica, economica o tecnico-scientifica e ponderando i rischi socialmente accettabili, per cui non è più possibile dividere etica, economia e ambiente perché ciò impedirebbe di vedere le interconnessioni esistenti fra la sostenibilità – economica, ecologica e sociale.
V’è, dunque, la necessità di un mutamento di mentalità per un’ alleanza tra l’uomo e la natura, senza la quale il genere umano rischia di scomparire.
“L’ecologia umana è una necessità imperativa”, afferma il Santo Padre, e continua “Adottare in ogni circostanza un modo di vivere rispettoso dell’ambiente e sostenere la ricerca e lo sfruttamento di energie adeguate che salvaguardino il patrimonio del creato e non comportino pericolo per l’uomo devono essere priorità politiche ed economiche. Tutti i governanti devono impegnarsi a proteggere la natura e ad aiutarla a svolgere il suo ruolo essenziale per la sopravvivenza dell’umanità”.
Con l’aumentare della sensibilità mondiale nei riguardi del problema del cambiamento climatico, i governi, gli investitori istituzionali, le aziende e gli operatori economici hanno iniziato a guardare l’ambiente come potenziale generatore di ricchezza “sostenibile”, perché più attenti al mantenimento di un rapporto fiduciario con i propri stakeholders (clienti, fornitori, investitori, società civile), e rivolti a conciliare gli obiettivi di crescita economica, efficienza e profittabilità, con uno sviluppo economico sostenibile per la società e l’ambiente.
In una tale prospettiva, assisteremo nei prossimi anni all’affermazione delle tecnologie eco-compatibili a bassa emissione che, associate a nuove politiche industriali e ad adeguati programmi infrastrutturali, attireranno gli investitori istituzionali e il mercato dell’ equity per rilanciare la crescita reale delle economie.
Solo animando le nuove tecnologie pulite con la cultura di un nuovo umanesimo possono ricrearsi quelle condizioni di una buona finanza nei settori delle infrastrutture, necessarie per dare risposta ai problemi sociali legati alla crescita, al mercato del lavoro, all’inclusione e all’emergenza educativa.
Solo su queste solide basi sarà possibile proporre una visione dell’economia dal volto umano, rispettosa dei diritti dei più deboli e bisognosi, capace di coniugare crescita di lungo periodo e sostenibilità, innovazione e solidarietà, efficienza ed equità.
Di fronte ai nuovi scenari epocali emerge allora la necessità di ripensare tutti insieme la visione della “città dell’uomo” nella sua complessa e concreta trama politico-istituzionale e socio-economica.
Solo quando gli “uomini nuovi” della buona finanza e quelli del buon governo cammineranno fianco a fianco verso il traguardo del bene comune, potrà realizzarsi un vero e profondo cambiamento culturale del nostro Paese, per una società che è chiamata ad essere veramente umana.
Questa è la vera sfida che attende gli uomini di buona volontà!
* Presidente dell’Accademia Internazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale, direttore del corso di Alta Formazione Etica, Finanza e Sviluppo alla Pontificia Università Lateranense PUL, docente di Business Ethics and Corporate Governance alla Facoltà di Economia di Tor Vergata.