di Eugenio Fizzotti
ROMA, sabato, 24 marzo 2012 (ZENIT.org).-Nato a Vienna il 26 marzo 1902 e morto nell’ospedale della stessa città il 2 settembre 1997, il neurologo e psichiatra austriaco Viktor E. Frankl teorizzò negli anni ’30 e vide confermato negli anni di prigionia vissuti nei campi di concentramento nazisti dal 1942 al 1945 l’approccio psicoterapeutico conosciuto in tutto il mondo come “logoterapia e analisi esistenziale”.
Una posizione ben espressa è nel suo libro Uno psicologo nei lager (Ares, Milano, 2011, 21ª edizione), dove racconta le sue osservazioni sulla forza di volontà dimostrata da coloro che erano riusciti a trovare un senso alla loro esistenza pur nella disumana crudeltà dei campi di concentramento.
Triplice è il punto di partenza della visione antropologica di Viktor E. Frankl:
1) l’uomo è fondamentalmente libero, non perché non è sottoposto ad alcun condizionamento di carattere biologico, psicologico, sociologico, culturale, religioso, ma perché conserva sempre la radicale possibilità di prendere un atteggiamento nei confronti dei condizionamenti;
2) l’uomo non cerca, come motivazione primaria del suo agire, la soddisfazione del piacere (come viene rilevato dalla psicoanalisi di Freud) o quella del potere (come è sostenuto dalla psicologia individuale di Adler), ma piuttosto è guidato da una volontà di significato (e in questa prospettiva la parola greca logos viene interpretata come significato della vita), che si manifesta in una continua tensione tra la realtà esistenziale in cui si trova a vivere e il mondo dei valori che gli si presenta come appello e come sfida;
3) la vita dell’uomo conserva sempre un suo significato, nonostante le limitazioni dovute all’età, alla salute, alla sofferenza, ai fallimenti nel campo professionale o affettivo. Di conseguenza, agli appelli della vita si risponde non solo realizzando i valori di creazione (il lavoro, l’attività, l’impegno politico), o i valori di esperienza (l’amore, la musica, l’arte), ma soprattutto i valori di atteggiamento in situazioni-limite quali la sofferenza inevitabile, la colpa, la morte.
«Una fede incondizionata in un significato incondizionato della vita» rappresenta, dunque, il nucleo centrale della logoterapia, avvalorato sia dall’esperienza tragica, vissuta personalmente da Frankl nei lager nazisti, e sia dal contatto con pazienti affetti da disturbi a matrice esistenziale, diagnosticati come nevrosi noogene.
Concepire l’esistenza come un compito unico e originale che va individuato e realizzato con piena responsabilità, comportaper Frankl un triplice atteggiamento:
1) accogliere e vivere la dialettica tra essere e dover-essere, tra quotidianità e mondo dei valori, tra realizzazioni concrete e potenzialità innumerevoli;
2) essere fondamentalmente orientati al di fuori di se stessi (a tale proposito egli ha coniato la parola autotrascendenza), e quindi superare la facile tentazione di ricercare solo l’immediatezza del piacere, oppure l’illusorietà del successo;
3) riuscire a prendere una giusta distanza dalle situazioni di limite e di difficoltà in cui ci si viene a trovare (in questo caso si parla di auto distanziamento), facendo leva sulla forza di resistenza dello spirito.
Accanto a tre fenomeni dalla portata tragica per il mondo giovanile (suicidio, aggressività e tossicodipendenza), espressioni eloquenti della mancanza di valori e del vuoto esistenziale, Frankl individua altre forme nevrotiche ampiamente presenti nel tessuto sociale contemporaneo: la nevrosi meccanica, conseguenza del crescente tempo libero che viene occupato con bravate che sfociano in comportamenti devianti; la nevrosi della domenica, che si manifesta in comportamenti massificanti e alienanti nelle discoteche, negli stadi, nei luoghi di ricerca esasperata del piacere; la nevrosi di disoccupazione, che assale sia i giovani alla ricerca di lavoro, sia gli anziani che, al termine di una vita operosa, si vedono impediti, a seguito del pensionamento, nel partecipare ai ritmi normali di produttività.
Dal punto di vista pedagogico, la 1ogoterapia di Frankl offre notevoli spunti. Va sottolineato il suo accento su un’educazione centrata sull’individuazione e la realizzazione di compiti personali unici e originali, corrispondenti all’unicità e all’originalità della singola persona.
Parimenti va evidenziato il ruolo fondamentale della libertà, della responsabilità e della coscienza, con cui scorgere i «diecimila comandamenti» che sono impliciti nelle «diecimila diverse situazioni della nostra unica vita». E poiché nessuno può «dare» un significato alla vita di un altro, né si possono distribuire ricette su quello che gli altri devono fare, l’incontro educativo nella prospettiva della logoterapia può essere raffigurato come un’equazione a due incognite, laddove la prima incognita è costituita dalla personalità dell’educatore e la seconda dall’individualità dell’educando: entrambi sono irripetibili, originali, unici, ed entrambi sono rivolti al superamento di ogni senso di dipendenza di pensiero e di azione, alla scoperta delle modalità imprevedibili del vivere quotidiano, all’individuazione di una gerarchia di valori che assegni al piacere e al dominio, all’autoaffermazione e alla soddisfazione dei propri istinti il loro vero posto, che è quello di essere prodotti laterali, effetti di una realizzazione adeguata del senso della propria esistenza.