L'Annunciazione: luce e fuoco per l'umanità

Il “sì” di Maria, donna, madre e sposa

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di P. Alfonso M. A. Bruno, FI

ROMA, giovedì, 22 marzo 2012 (ZENIT.org) – L’evento dell’Annunciazione coincide con l’avvenimento dell’Incarnazione. È il legame nuziale del Verbo con l’umanità e più precisamente con la Chiesa, vergine-madre, come Maria.

La giovane fanciulla di Nazareth è la protagonista della vicenda nella quale Dio rende partecipe una creatura umana della rinascita degli uomini. Nel suo seno verginale Dio scese col Figlio tra gli uomini, gli uomini salirono con Maria a Dio. In questo arcano mistero di salvezza rifulge, oltre alla missione di mediazione della madre di Dio e nostra, il connotato di esemplarità di Maria.

Come modello di fede e di totale adesione alla volontà di Dio, Maria ispira i termini di ogni dialogo dell’uomo con Dio. L’uomo chiamato a rispondere al suo progetto di amore e santificazione trova nel “sì” di Maria la risposta prontagioiosa ed amorosa.

La prontezza si oppone all’indeterminatezza che svilisce l’uomo della sua capacità di assumere impegni in responsabilità e libertà. Nel mondo di oggi  il progettuale e duraturo si riduce all’effimero carpe diem della banalità al quotidiano anche nella vita a due.

È la costante comunione che coltivava con Dio nella contemplazione, che offre alla Vergine la consapevolezza di appartenere a un disegno che la trascende, i cui strumenti di realizzazione le sono proposti nella vocazione di socia privilegiata della redenzione operata da Dio, nel Figlio.

La gioia della sua risposta è suscitata dal saluto dell’Angelo: “Rallegrati Maria”! La grazia che ella ha trovato presso Dio s’innesta nella pienezza dei suoi doni. Come dal suo intuito mistico affermava San Francesco, Maria è “la Vergine fatta Chiesa”.

Modello fulgido di santità, bontà e purezza, è il prototipo dell’umanità. Maria è l’espressione di come Dio ha voluto l’uomo prima del peccato originale. Maria è icona della Chiesa dopo la lotta finale: senza macchia, né ruga, poiché è l’Immacolata.

La pace del cuore che riecheggia nello shalom ebraico è quella pienezza di bene che seco porta Maria e che lungi dall’essere spensieratezza rivela la profondità del mistero dell’amore.

La felicità non è assenza di dolore, ma sua accettazione nell’immersione nella volontà di Dio che produce nel sorridere alla vita l’espressione antropologica più cristallina del vivere per Dio e con Dio.

La mancanza di fede fiduciale e di speranza, come resa all’inseguimento dei propri sogni è oggi la causa dell’alone di tristezza che ombreggia sui volti anche di tanti giovani come velo che eclissa la visione di un sole.

L’amore di Maria è reso visibile e udibile dalla prontezza e dalla gioia del suo “si” a Dio, segno inequivocabile che significa il suo voler vivere un’esperienza sponsale, quella  di Vergine –Madre.

È la creatura che più ama Dio e più è amata da Dio. Se ad ogni azione corrisponde una reazione, San Massimiliano M. Kolbe affermava che la risposta di Maria è la più bella e perfetta che una creatura umana avesse mai potuto dare a Dio.

Dio ama e chiama l’uomo; Maria risponde per riflesso a quell’amore declinando nel prisma della sua anima cristallina i differenti colori delle situazioni della vita. In quella comunione di amore con la Trinità di cui è figlia, madre e sposa, ogni donna può in Lei identificare se stessa nella triplice vocazione di donnamadre e sposa. Nella dimensione antropologica della femminilità è intrinseca la capacità strutturale, sul piano non solo fisico-biologico, ma spirituale-psicologico, di accogliere la vita.

La capacità relazionale muliebre e l’accoglienza verso soprattutto chi è più debole e indifeso, è il miglior deterrente all’indifferenza sui bisogni degli altri, in una società che dimentica di Dio, sta perdendo anche di vista l’uomo stesso. Se la donna diventasse “madonna”, potrebbe umanizzare il mondo, poiché in lei ognuno riconoscerebbe il mistero dell’origine della vita, del suo valore, del suo accompagnamento.

Nella dimensione materna di Maria individuiamo la determinazione di tante madri-coraggio che ieri, come oggi, cavalcano i drammi dell’esistenza affinché il domani dei propri figli sia migliore. Colei che con il “sì” dell’Annunciazione generò prima nella mente e nel cuore e poi nel corpo verginale, Colui che l’universo intero non può contenere, allarga l’orizzonte di comprensione della collaborazione umana al progetto creativo di Dio.

Come stella fulgente nella fredda notte del mondo, il calore e la luce di Maria rendono primavera all’inverno demografico di una generazione degenerata perché i genitori non generano. L’unione sponsale con Dio e il suo consorzio di vita con il giusto S. Giuseppe, custode delle virtù di Maria, esaltano il senso della famiglia umana: dal focolare domestico al fuoco che il Verbo, incarnandosi, ha portato e ha voluto vedere acceso in tutto il mondo (cfr. Lc 12, 49-53).
 

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ZENIT Staff

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