di Stefano Fontana
ROMA, giovedì, 22 marzo 2012 (ZENIT.org) – Le grandi difficoltà che la Chiesa incontra nella nostra epoca trovano eco sofferta nelle riflessioni di Benedetto XVI, che meritano da parte nostra una seria attenzione.
Per dare il senso della acutezza delle preoccupazioni dell’attuale Pontefice proporrò un confronto. In occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII disse tra l’altro: «Illuminata dalla luce di questo Concilio, la Chiesa si accrescerà, come speriamo, di ricchezze spirituali e, attingendo al vigore di nuove energie, guarderà con sicurezza ai tempi futuri. Infatti, introducendo opportuni emendamenti ed avviando saggiamente un impegno di reciproco aiuto, la Chiesa otterrà che gli uomini, le famiglie, le nazioni, volgano davvero le menti alle realtà soprannaturali» (1).
Certamente queste affermazioni vanno viste non come valutazioni storiche o semplici auspici personali, bensì come visioni guidate dalla speranza cristiana. Non si può pensare, però, che la speranza cristiana sia assente dalle considerazioni di Benedetto XVI che appaiono di segno molto diverso.
La più impressionante di queste affermazioni è espressa nella Lettera a tutti i Vescovi del mondo del 10 marzo 2009: «Nel nostro tempo in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento, la priorità che sta al di sopra di tutte è di rendere Dio presente in questo mondo e di aprire agli uomini l’accesso a Dio (…). Il vero problema in questo nostro momento della storia è che Dio sparisce dall’orizzonte degli uomini e che con lo spegnersi della luce proveniente da Dio l’umanità viene colta dalla mancanza di orientamento, i cui effetti distruttivi si manifestano sempre di più» (2).
Tra queste due affermazioni stanno cinquant’anni della nostra storia cristiana. La realistica preoccupazione di Benedetto XVI evidenzia che la modernità ha sprigionato forze negative ben oltre gli umani timori e, corrodendo i fondamenti soprannaturali della vita cristiana, ha anche corrotto l’umano, compresa la possibilità di dare un senso alle relazioni sociali.
Oggi la Chiesa si trova davanti a questa enorme, inedita, urgenza: la ricostruzione dell’umano a partire dalla riproposta di Dio. Perché “inedita” questa urgenza? Perché mai era capitato prima che la cultura umana si costruisse contro la religione (3) e mai era capitato che la religione non potesse rivolgersi ad una natura umana capace di accoglierla. Nei confronti del paganesimo i primi cristiani sapevano di poter contare sull’esistenza della natura umana, che a loro modo anche i filosofi pagani avevano espresso e valorizzato. Oggi, mentre si spegne la fede sparisce anche l’umano dell’uomo (4), come ci attestano i segnali negativi assolutamente inequivocabili che ci vengono dal fronte della vita, della procreazione, della famiglia.
Il cambiamento di prospettiva è notevolissimo. La fede si innestava sulla natura umana, che era come un suo “preambolo”. La fede, ragionevole, si innestava sulla ragione, considerata la voce della natura umana e poteva poggiare, nella varietà delle culture, sull’unità di un identico essere umano (5). Ma ora, quando la natura umana viene contestata nella sua stessa possibilità di esserci, spetta alla fede stessa risvegliarla e ricostruirla (6). La natura umana non potrà riscoprirsi da sola, la ragione umana non potrà riprendere vigore da sola (7). Ci troviamo oggi di fronte ad una conseguenza particolarmente acuta del peccato delle origini (8): la superbia spinge a negare di avere una natura, di essere qualcosa o qualcuno, pur di staccarsi dal Creatore.
Questa nuova prospettiva muta considerevolmente il nostro riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa ed obbliga ad approfondirne le relazioni con la fede, con la totalità della vita cristiana nonché con l’insieme della dottrina cattolica. Riferimenti alla Dottrina sociale della Chiesa che non abbiano come scopo primario riaprire un posto a Dio nel mondo. Una proposta della Dottrina sociale della Chiesa fondata sulla centralità della persona e il bene comune non è più sufficiente – la stessa espressione “centralità della persona” rischia l’equivocità -, perché persona e bene comune non sono più due concetti che possano essere presupposti, essi vanno ricostituiti nel mentre si annuncia il messaggio cristiano nella sua totalità. La consapevolezza della propria umanità naturale non è più tale da potersi rispecchiare in Cristo né capace di vedere in Lui il compimento della propria verità. L’annuncio deve includere la dimensione naturale dell’uomo mentre si annuncia la sua origine e il suo destino soprannaturale (9).
Credo che Benedetto XVI voglia dire questo quando ci indica la strada della “anamnesi” (10) che la fede deve attivare nei confronti della dimensione razionale e naturale della persona umana. L’incontro con Cristo mette in moto il ricordo e permette il recupero della dimensione naturale di cui ci si era scordati. Un tempo ci si fondava sulle domande che naturalmente l’uomo si pone circa il suo destino ultimo per innestarvi il discorso religioso. Ora sembra che queste domande siano sempre più rare, che l’indifferenza prevalga e che non sia più naturale per l’uomo porsi il problema di Dio, ma piuttosto il contrario. La “risposta” cristiana ha il compito di risvegliare queste stesse domande, su cui invece una volta si poteva far leva. L’anamnesi riguarda anche questo: risvegliare nell’uomo l’attitudine naturale a domandare, nel mentre lo si pone davanti alla grande risposta di Cristo (11).
Note
1) Discorso del Sommo Pontefice Giovanni XXIII per la solenne apertura del SS. Concilio, in Concilio Vaticano II, Costituzioni, Decreti, Dichiarazioni, Testo ufficiale e traduzione italiana, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, pp. 1093-1094.
2) Benedetto XVI, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre, 10 marzo 2009. Drammatiche anche le constatazioni fatte durante il viaggio in Portogallo: «… nel sentire di molti, la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da «divinità» e signori di questo mondo» (Incontro con i Vescovi del Portogallo, 13 maggio 2010); «Spesso ci preoccupiamo affannosamente delle conseguenze sociali, culturali e politiche della fede, dando per scontato che questa fede ci sia, ciò che purtroppo è sempre meno realista» (Omelia, 11 maggio 2010).
3) «La terza via – l’illuminismo, ndr – si è sviluppata pienamente solo nell’epoca moderna, soltanto al presente e sembra avere un futuro davanti a sé … per il futuro della religione e delle sue ciance nell’umanità, assumerà importanza decisiva il modo in cui la religione sarà in grado di impostare il suo rapporto con questa terza via» (J. Ratzinger, Fede verità tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena 2003, p. 27).
4) Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 75) parla di una «coscienza ormai incapace di conoscere l’umano».
5) Ivi, p. 67.
6) In realtà tale ricostruzione avviene da sempre: «La legge nuova, la legge del Vangelo, ha espresso la pienezza della legge naturale. Quello che oggi si intende per legge naturale non è altro che la sua promulgazione attraverso il Vangelo» (G. Baget Bozzo, Cristianesimo e ordine civile, Cantagalli, Siena 2011, p. 142).
7) «La filosofia è arrivata ad un punto tale che sembra difficile che possa spingersi ancora più avanti sulla strada della propria dissoluzione» (É. Gilson, Il realismo metodo della filosofia, Casa
Editrice Leonardo da Vinci, Roma 2008, p. 105).
8) Cfr. S. Fontana, Parola e comunità politica. Saggio su vocazione e attesa, Cantagalli, Siena 2010, pp. 105-128; Id., Il peccato delle origini come problema politico, “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” IV (2008) 3, pp. 80-83.
9) L’educazione e la pastorale sono stabilmente alle prese con questo problema dell’impossibilità di presupporre la dimensione umana naturale. Oggi chiedono il matrimonio coppie che hanno a lungo convissuto e che hanno figli. In questo caso è necessario, nel mentre si annuncia il disegno di Cristo sulla famiglia, ricostruire la nozione umana naturale della procreazione e del matrimonio, che non possono essere più presupposti. Tutta la pastorale, però, si trova in questa situazione e non solo quella familiare. E’ sempre più difficile far emergere il bisogno di Cristo dal vissuto.
10) «L’anamnesi infusa nel nostro essere ha bisogno, per così dire, di un aiuto dall’esterno per diventare cosciente di sé» (J. Ratzinger-Benedetto XVI, L’elogio della coscienza. La verità interroga il cuore, Cantagalli, Siena 2009, p. 26).
11) Cfr. J. Ratzinger, Natura e compito della teologia. Il teologo nella disputa contemporanea. Storia e dogma, Jaka Book, Milano 2005, pp. 17-31.