ROMA, lunedì, 19 marzo 2012 (ZENIT.org) – Non lascia dubbi il rapporto pubblicato oggi sul sito dell’Osservatorio sull’intolleranza e sulla discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDCE in acronimo inglese), organizzazione non governativa con sede a Vienna, in Austria.
Secondo l’ONG, membro della Piattaforma dei diritti fondamentali dell’Agenzia europea dei diritti fondamentali, nel Vecchio Continente i casi di intolleranza e di discriminazione nei confronti dei cristiani sono in aumento.
È lo stesso Rapporto 2011 ad offrire una definizione di ciò che l’ONG intende con “intolleranza e discriminazione contro i cristiani”. “È la frase che noi utilizziamo per descrivere la negazione dei pari diritti e l’emarginazione sociale dei cristiani”, in Europa e nel mondo occidentale, così si legge nel documento, il quale evita espressamente l’uso della parola “persecuzione”.
Le statistiche disponibili sono molto nette e mostrano secondo il rapporto “l’ampiezza del problema”. Da un sondaggio o studio ComRes, condotto nel Regno Unito, ben il 74% delle persone intervistate ritiene che “c’è più discriminazione negativa contro i cristiani che contro le persone di altre fedi”, ossia un aumento dell’8% circa rispetto al sondaggio precedente effettuato nel novembre 2009 (il 66%).
Ancora più eloquenti sono i dati emersi da un rapporto del governo scozzese, reso pubblico nel novembre scorso, secondo il quale il 95% della “violenza religiosamente motivata” ha come obiettivo i cristiani. Il fenomeno, che è in aumento, colpisce in più della metà dei casi il cattolicesimo e la comunità cattolica della regione (il 58%).
Nella vicina Francia, i dati raccolti dai servizi di sicurezza e di intelligence interni – i Renseignements Généraux – puntano nella stessa direzione. Infatti, l’84% degli atti di vandalismo nel Paese è diretto contro i luoghi di culto cristiani. Il fenomeno nel 2010 ha colpito 522 luoghi, un aumento del 34% rispetto all’anno precedente (389), a sua volta un aumento del 46% rispetto al 2008 (266).
All’interno del nuovo rapporto dell’OIDCE, i numerosi casi sono suddivisi secondo varie categorie o forme di discriminazione e di intolleranza. La prima categoria riguarda i diritti negati sulla base della fede cristiana delle persone coinvolte e conta le seguenti sottocategorie: violazione della libertà di religione (1.1), libertà di espressione (1.2), libertà di coscienza (1.3) e atti discriminatori in tema di parità (1.4).
La categoria numero 2 riguarda invece i casi di intolleranza, in cui cristiani ed espressioni del cristianesimo sono emarginati, in particolare l’esclusione di cristiani dalla vita sociale e pubblica (2.1), la derisione di simboli religiosi (2.2) ed infine l’insultare, il diffamare e lo stereotipare negativamente (2.3).
Un terzo ed ultimo gruppo è quello che tratta i cosiddetti “hate incidents”, cioè gli incidenti motivati dall’odio. La categoria riguarda oltre agli “hate incidents” (3.1) anche gli atti di vandalismo e dissacrazioni (3.2) e i crimini motivati dall’odio contro singoli (3.3).
Nonostante il panorama cupo che emerge dal rapporto, c’è anche qualche sviluppo positivo, cioè la crescente attenzione da parte dei media. Come scrive la direttrice della ONG, Gudrun Kugler, nell’introduzione al nuovo documento, il primo rapporto pubblicato nel dicembre del 2010, che copriva il periodo 2005-2010, ha suscitato infatti una risposta “immensa”, non solo dei media ma anche da parte di intellettuali, politici ed istituzioni.
“Hanno cominciato a notare – sottolinea la Kugler – che la marginalizzazione e la restrizione dei diritti e delle libertà dei cristiani in Europa sono motivi di preoccupazione e meritano la nostra attenzione”.
La Kugler ha definito positivo in particolare due eventi nel 2011: la risoluzione adottata dall’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OCSE) sulla lotta all’intolleranza e alla discriminazione nei confronti dei cristiani e poi la sentenza definitiva della Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) nel caso Lautsi vs. Italia sulla presenza del crocefisso nelle aule italiane, ritenuta “non contraria ai diritti fondamentali”.