Cina, i cattolici trovano conforto nelle parole del Papa

Intervista esclusiva con un missionario europeo "clandestino”

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di H. Sergio Mora

ROMA, venerdì, 16 marzo 2012 (ZENIT.org) – La parola del Papa viene appresa in Cina nonostante le restrizioni di Internet che vietano l’accesso a determinati siti.

Un elemento di conforto per tutti i cattolici, quindi: il sito del Vaticano è accessibile, e perfino nelle chiese dell’Associazione Patriottica, in contrasto con Roma, sono state messe immagini del Papa.

Lo ha raccontato a Zenit un missionario europeo con sede in Oriente, di passaggio a Roma, che è stato più volte in Cina a svolgere il suo ministero ed ad amministrare i sacramenti clandestinamente. Lo ha fatto in questa intervista, in cui pubblichiamo alcuni particolari interessanti, ma, per ovvie ragioni, non il nome del sacerdote.

“C’è una situazione complessa in Cina”, ha detto il missionario, in quanto, come già dichiarato dal cardinale John Tong Hon: “Le autorità cinesi vogliono inserire vescovi e sacerdoti nell’Associazione Patriottica in modo da separarli da Roma e questo è una cosa incompatibile con la dottrina cattolica”.

Il sacerdote ha affermato che il visto per andare in Cina è concesso solo per motivi turistici o di altro tipo, in quanto sono proibite le attività pastorali. Quando ciò è consentito – molto raramente – il missionario deve sottostare comunque al controllo delle autorità. Le messe sono tollerate per i gruppi occidentali, ma non per le popolazioni locali.

La Rivoluzione Culturale e l’Associazione Patriottica
Nell’intervista, il religioso ha ricordato, inoltre, che Pechino, dopo aver espulso i missionari e i sacerdoti nel 1953, ha istituito quattro anni dopo l’Associazione patriottica che respinge l’universalità della Chiesa e il suo legame con Roma. I cattolici fedeli al Papa diventano, di conseguenza, membri di una Chiesa clandestina.

Chiesa ufficiale e chiesa clandestina
“Oggi in Cina – ha aggiunto l’intervistato – vi è una certa libertà di culto, ma non di religione. Nonostante questo, i cattolici non hanno mai pensato di andare via, perché vogliono vivere la loro fede nella propria casa”.

“C’è anche una Chiesa non ufficiale – ha precisato – non soggetta al governo né al suo controllo. Tra le tre Chiese vi è cooperazione solo in alcuni casi. Nelle grandi città la situazione è meno evidente; nei villaggi invece, dove si sa tutto di tutti, la situazione cambia totalmente, perché è più facile essere individuati e denunciati dagli stessi compatrioti”.
 
Una certa libertà di culto ma non di religione
“Si può andare a messa nella Cattedrale di Shanghai, confessarsi, andare in chiesa. Il problema è la zona grigia, ma la comunione deve essere visibile. Una religiosità che può essere praticata, ma non nella sua pienezza, a meno che non si vuole essere ‘martiri’. In ogni caso, prima o poi ci sono compromessi che rivelano ciò che la persona è. Quindi c’è una relativa libertà di culto, ma non di religione”.

Allo stesso tempo, il missionario ha affermato che “non si può condannare a priori coloro che frequentano la Chiesa Patriottica, molti dei quali desiderano la comunione con Roma, poiché non tutti devono rispondere con lo stesso grado di eroismo”.

L’anonimo missionario ha aggiunto poi che alcuni vescovi o membri dell’Associazione patriottica hanno espresso la loro comunione con Roma, anche se ora non possono manifestarla. Al contempo, ha spiegato, non ci sono altre discrepanze, sia riguardo alla fede che ai dogmi. Tuttavia ha aggiunto: “Conosco vescovi e sacerdoti con sincere convinzioni spirituali, ma riconosco anche che può essere un modo allettante per un opportunista”.

“Ovviamente la Chiesa patriottica o quella non ufficiale – ha aggiunto – è una Chiesa imbavagliata, dove, per esempio, non si può parlare contro la politica del figlio unico, il che significa aborto e infanticidio”.

Si stima che in Cina vi sono 21 milioni di cattolici (anche se non ci sono statistiche), un numero significativo che, al contempo, è una percentuale minima per una popolazione di 1.300 milioni di abitanti. In proposito, il sacerdote ha detto: “Il numero di seguaci aumenta e, nella situazione di persecuzione che vige, significa che essi sono molto sinceri”.

Il sistema
Un prete innamorato della sua missione in Cina, quindi, che sottolinea: “Non sono un dissidente e riconosco le difficoltà oggettive”. A suo giudizio, il regime ha bisogno di avere il controllo assoluto. Non solo in politica ma anche nel settore religioso, in quanto ritiene che questo sia un male che deve essere rimosso, come il buddismo e altre religioni. In particolare, quella cattolica che, per sua natura, è legata al mondo intero e all’autorità morale”.

“Il sistema ha paura della Chiesa – ha dichiarato il missionario – dal momento in cui predica la dignità e la verità, messaggi per esso molto pericolosi perché il comunismo è di massa, opprimente nell’idea che un individuo, da solo, è niente. Le poche gocce d’acqua che scorrono e si odono, vengono dalla Chiesa Cattolica, che si preoccupa dei bambini abbandonati in un paese dove l’aborto è considerato in molti casi normale, se non obbligatorio”.

Un rifugio clandestino
Il religioso ha raccontato di come il ritiro si svolga in segreto. “C’era una signora che lavorava nella sanità che mi disse di essere incinta. Quando le dissi che era una gioia, lei mi rispose piangendo che in ospedale devono tenere traccia della gravidanza e quindi se non avesse interrotto la gravidanza, avrebbe perso il suo lavoro. Questa donna però era decisa a proteggere il suo bambino”.

Per realizzare un ritiro o una riunione, inoltre, si può finire in galera, come è recentemente accaduto a Giuseppe Wanghu, un ex studente di Roma, della Facoltà di Diritto Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce, che, arrestato per avere tenuto un incontro su temi religiosi con poche persone, è stato rilasciato solo qualche giorno fa.

“Il giovane studente si trova in libertà vigilata – ha spiegato il missionario – deve partecipare a corsi di indottrinamento politico e non ha la possibilità di avere un telefono. Nel frattempo si è venuto a sapere anche di due sacerdoti detenuti”.

L’intervista si è conclusa con l’affermazione che “la sfida comincia a non essere superficiale. Non posso dire molto perché ci sono pochi che riescono a comprendere la realtà profonda della Cina”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Salvatore Cernuzio]

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ZENIT Staff

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