Rilanciare lItalia con un modello di società ricco di valori e di impegni

Intervento di Franco Bernabè nella Giornata dell’Università all’Università Pontificia Salesiana

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di Eugenio Fizzotti

ROMA, mercoledì, 15 marzo 2012 (ZENIT.org).- Per celebrare la tradizionale Giornata dell’Università, mercoledì 14 marzo 2012, il Rettore dell’Università Pontificia Salesiana, il prof. Carlo Nanni, ha invitato a tenere una relazione il Dottor Franco Bernabè, Presidente Esecutivo del Gruppo di Telecom Italia da aprile 2011, dopo essere stato Amministratore Delegato della Società nel triennio precedente.

Iniziando la sua relazione alla presenza di tutti i docenti e tutti gli studenti delle 6 Facoltà dell’Università Pontificia Salesiana (Filosofia, Teologia, Scienze dell’Educazione, Diritto Canonico, Lettere cristiane e classiche, Scienze della Comunicazione Sociale) Franco Bernabè ha evidenziato che “La profonda differenza tra le dinamiche economiche del nostro paese e quelle di tanti altri paesi occidentali, fa pensare che la natura della crisi italiana non sia riconducibile a singoli fattori di natura economica o industriale quanto piuttosto ad elementi più profondi che caratterizzano la società italiana”.

Con l’intenzione di spiegare quali sono i fattori essenziali che alimentano una economia capitalistica e ne promuovono la crescita Bernabè ha ricordato che “la crescita della produttività ha consentito a una parte importante della popolazione mondiale di avere un reddito in grado di soddisfare i propri bisogni materiali, pur essendosi drasticamente ridotte le ore di lavoro necessarie per guadagnare questo reddito”.

Infatti verso metà del 1800 i lavoratori erano impegnati in una media di 3000 ore all’anno, mentre oggi si lavora 1500 ore. Nel frattempo il reddito pro capite é aumentato di circa 10 volte e si è verificato “lo sviluppo di un’ampia forma di solidarietà pubblica che consente a moltissime persone di godere di assistenza medica, di protezione del reddito in caso di disoccupazione e di sistemi pensionistici in grado di garantire un buon livello di sicurezza economica in età avanzata”.

L’emergere della rivoluzione industriale ha fatto sì che si verificasse un profondo mutamento nel sistema di valori alla base delle società occidentali grazie a tre elementi particolarmente rilevanti: “la valorizzazione della libera iniziativa individuale per la creazione di ricchezza legittima; l’affermazione della prevalenza del merito sull’appartenenza a una classe sociale privilegiata nei meccanismi di mobilità sociale; il principio dell’uguaglianza di tutti di fronte alla legge indipendentemente dalla nascita e dal censo”.

Di interesse notevole è stato il richiamo fatto da Bernabè alla Cina che, vivendo  in un contesto politico sociale completamente diverso, ha visto favorita una crescita impetuosa che consente a centinaia di milioni di contadini poveri di migliorare sensibilmente il loro tenore di vita.

Infatti, “dopo il drammatico periodo della rivoluzione culturale, fu la legittimazione della ricchezza sulla base del merito, predicata da Deng Xiao Ping, a creare le basi per la crescita. A questa si è accompagnato un forte impulso alla cultura tecnico-scientifica grazie al rilancio del sistema universitario e successivamente all’introduzione di un sistema di regole modellato, in misura sempre maggiore, sulla base delle esperienze dei paesi capitalisti”.

Facendo riferimento all’Enciclica “Centesimus Annus” del 1991 ha ricordato che Giovanni Paolo II si domandò: “È il capitalismo il modello che bisogna proporre ai paesi che cercano la via del progresso economico e civile?”, dandosi come risposta: “Se sotto il nome di capitalismo si intende un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente libertà per i mezzi di produzione, della libera creatività umana nel settore dell’economia, la risposta è certamente positiva”

Ciò vuol dire che lo sviluppo economico non è un processo generato dalla tecnologia o dai sistemi di produzione, e neppure un processo alimentato dalle relazioni commerciali.

«Il commercio – ha precisato – é sempre esistito nelle nostre società, anche in quelle preistoriche, senza necessariamente produrre crescita”.

Secondo il Presidente di Telecom, “il meccanismo che alimenta lo sviluppo economico è un modo di concepire la società e le relazioni tra individui. Per questo motivo, la crescita, pur essendo un fenomeno eminentemente quantitativo, non può avere un obbiettivo in termini di prodotto lordo e di consumi, al raggiungimento del quale  il processo si può considerare esaurito. I bisogni non sono mai interamente soddisfatti, perché esistono sempre nuovi e più avanzati bisogni da soddisfare”.  

“E la critica, secondo la quale i nuovi bisogni che si creano sono del tutto superflui e servono semplicemente ad alimentare un sistema produttivo fine a se stesso, non coglie  l’essenza della straordinaria innovazione nei rapporti sociali creata dal modello capitalistico”. 

Facendo poi riferimento al processo di globalizzazione e di apertura dei mercati tra gli anni ’80 e ’90, che ha fatto perdere all’Italia il ruolo speciale che ancora aveva all’epoca della divisione del mondo in blocchi contrapposti, Bernabè ha evidenziato che una delle conseguenze è la crisi in cui sono piombate le grandi imprese e i grandi soggetti collettivi.

“Le imprese – ha proseguito – sono diventate più piccole, i partiti politici hanno perso le loro strutture organizzative, i sindacati hanno perso il ruolo che avevano impropriamente acquisito.  Ai criteri oggettivi, o quantomeno formalizzati,  di selezione tipici delle grandi organizzazioni, che comunque non possono prescindere dal merito, sono stati sostituiti, ancora una volta i rapporti personali, facendo prevalere una tendenza profondamente radicata nella società italiana”.

Il progressivo depauperamento ha coinvolto anche il sistema educativo, perchè “la riduzione del processo di selezione in ogni ordine e grado di istruzione, assieme alla crisi del sistema di formazione professionale, ha ridotto la qualità della forza lavoro disponibile, alzandone il costo unitario per  effetto delle rigidità del mercato del lavoro”.

Un rilancio del nostro paese non può quindi partire da singoli provvedimenti che affrontino punti specifici di criticità, ma deve favorire “un modello di società che riporti  in primo piano il merito e le regole e dia ai giovani una guida per il proprio futuro, senza rinunciare alla vocazione profonda di tipo solidaristico e ugualitario che caratterizza la società italiana”.

In conclusione Bernabè ha ricordato che oggi “è bene superare la presunta dicotomia tra paesi virtuosi e paesi dissipatori che non aiuta in quanto porta a iper-semplificazioni che rischiano di ricondurre la fase di crisi attuale all’interno di una logica di confronto e di lotta non più tra classi sociali ma bensì tra differenti “modelli di Stato”.

“L’Italia – ha sostenuto il Presidente di Telecom – può trarre benefici da una maggiore integrazione europea che offre significative opportunità per ristabilire i valori di rispetto delle regole e di riconoscimento del merito indispensabili per alimentare la crescita e tradurre la ritrovata virtuosità in un progetto e un impegno di lungo periodo e in cui le nuove generazioni possano credere e scommettere”.

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ZENIT Staff

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