MILANO, mercoledì, 14 marzo 2012 (ZENIT.org) – La Maddalena che chiede perdono nella Crocifissione di Francesco Hayez, è l’immagine emblema della terza via crucis quaresimale della diocesi di Milano, guidata ieri sera nel Duomo dal cardinale arcivescovo, Angelo Scola.
Come la peccatrice pentita, dobbiamo “prostrarci ai Suoi piedi” e “lasciarci invadere dalla forza rigenerante del Suo sacrificio”, ha detto il porporato nella monizione iniziale.
Proprio la Maddalena, che “aveva amato in un modo stravolto e peccaminoso” di un “amore sgraziato e impuro”, si vede spalancare davanti a sé “la possibilità dell’amore vero, oggettivo e perciò effettivo”.
A ragione di ciò la tappa della via crucis di ieri sera è stata intitolata L’umiliazione dell’amore in cui “il perdono sovrabbondante viene incontro al pentimento mosso dall’amore”, come ha spiegato il cardinale Scola.
Alla VIII stazione Gesù incontra le donne di Gerusalemme: queste ultime “si battevano il petto e facevano lamenti su di lui” (Lc 23,28). Gesù, con le ultime forze che gli rimangono, le esorta piuttosto a piangere “su voi stesse e sui vostri figli”.
“Non possiamo, infatti – ha commentato Scola – volgere lo sguardo a Gesù se non nella coscienza di essere peccatori. Mentre le nostre giornate, troppo spesso dominate dalla distrazione e dalla dimenticanza del Crocifisso glorioso, sono segnate da un cuore arido, imperturbabile”.
La terribile separazione di Gesù dalle persone amate è parallela alla sua apparente separazione dal Padre (“Dio mio, perché mi hai abbandonato?”). Cristo, quindi, abbassandosi sotto il peso della croce, sperimenta assieme a noi “l’esperienza del dolore e della sofferenza più radicale: la perdita dell’Amore”.
Alla IX stazione Gesù cade la terza volta: è un passaggio che spiega “quanto sia greve la Sua solitudine”, ha commentato l’arcivescovo di Milano. Se abbandonato a se stesso, l’uomo “non può che rimanere schiacciato dal peso del male”. È un peso, un’umiliazione, che Gesù accetta, poiché lui è “il Paziente”.
Un contegno analogo a quello dei martiri cristiani di ogni tempo e luogo “perseguitati o uccisi per la verità e la giustizia”. E sebbene per noi sia facile scandalizzarci di fronte alla “strana necessità del sacrificio”, è proprio “nel sacrificio che tutto diventa vero”, ha aggiunto il cardinale.
Alla X stazione Gesù è spogliato delle vesti: questa ulteriore umiliazione “ci riporta alla nudità del primo Adamo”, ha commentato Scola. Se tuttavia la nudità adamitica era la mancanza di alibi di fronte a Dio, ora, invece “dopo la rottura della relazione costitutiva con Dio, la nudità, ferita mortalmente da quella perdita, soffre vergogna”.
Anche nel giorno del Giudizio saremo tutti nudo davanti a Dio. “Il Cristo denudato diventa allora per noi, soprattutto per i fedeli laici, impegno ad edificare, anche in questa nostra società plurale, la civiltà della verità e dell’amore”, ha quindi commentato il cardinale Scola.
Alla XI stazione Gesù è inchiodato alla croce: come scrisse Georges Bernanos, citato dall’arcivescovo di Milano, «hanno travestito da schiavo e inchiodato come uno schiavo il padrone del Creato».
“La croce di Cristo – ha commentato Scola – fa esplodere la consapevolezza del male morale”. La mentalità contemporanea tende al cancellare la nozione di peccato: chi ne ha coscienza, tuttavia, “prova dolore dinanzi all’amore del Crocifisso e da Lui mendica liberazione dal male”.
Quindi l’ultima parola sulla vita dell’uomo “non è più la morte, ma la gloria del Crocifisso risorto”, ha osservato l’arcivescovo di Milano, raccomandando che “preghiera, carità, digiuno, documentati in gesti puntuali, siano l’ordito della settimana quaresimale che ci attende”.