di Suor M. Caterina Gatti icms
ROMA, domenica, 11 marzo 2012 (ZENIT.org) – Molte volte, sfogliando qualche rivista o accendendo il televisore capita di vedere fotografie o spot in cui la protagonista è una bella ragazza: una donna che dovrebbe pubblicizzare qualche oggetto da vendere, ma che in realtà lei stessa diventa oggetto e “vende” se stessa, la propria immagine, la propria dignità. Non si può più parlare oggi di casi-limite, riguardo a questo argomento, poiché ormai la donna è diventata un vero e proprio oggetto di consumo.
È davvero un controsenso, ma alla lotta per la parità tra uomo e donna, per l’uguale dignità, si affianca l’uso della donna, specialmente nel campo delle comunicazioni sociali. Con tristezza, spesso, assistiamo allo sfruttamento delle donne nei mass media invece che alla loro esaltazione. Quante volte le vediamo trattate non come persone con una dignità inviolabile ma come oggetti destinati a soddisfare la sete di piacere e di potere di altri? (cfr. Messaggio per la XXX Giornata mondiale delle comunicazioni sociali).
I mass-media tendono inoltre a sottovalutare il ruolo di madre e di sposa, esaltando invece quei “modelli” e quei pseudo-valori che la società ci propone, ma che – cristianamente parlando – non sono moralmente accettabili poiché costituiscono un’offesa alla famiglia e alla dignità dell’essere umano.
Cosa può fare la donna cristiana a tale riguardo, per combattere questi attacchi che la società continua a sferrare contro di lei? Apparentemente è una battaglia persa in partenza: come si può arrivare ad agire sulla mentalità comune per risanarla? Se crediamo che la famiglia è la cellula della società – poiché è da essa che escono i futuri cittadini – allora è proprio da lì che la donna deve iniziare. Certi programmi televisivi non sono per niente educativi, e lo stesso vale per alcune riviste.
I contenuti di molti programmi, film o fiction televisive cercano di indebolire il matrimonio, presentandolo spesso sotto una luce negativa. Vengono invece presentate come positive le relazioni extraconiugali o altri comportamenti un tempo considerati immorali ed oggi tollerati – se non approvati – in nome di una libertà che ognuno può e deve avere.
I bambini naturalmente assorbono tutto e tendono ad imitare questi “esempi” che vedono alla tv. Anzitutto occorre allora che una madre insegni ai propri figli a fare un sano discernimento per diventare consumatori critici di tutto ciò che ha a che fare col mondo delle comunicazioni sociali.
Compito di entrambi i genitori, di comune accordo, è anche quello di regolare l’uso dei mass-media a casa. Questo significa pianificare e programmare l’uso degli stessi, limitando severamente il tempo che i bambini dedicano ad essi e rendendo l’intrattenimento un’esperienza familiare, proibendo alcuni mezzi di comunicazione e, periodicamente, escludendoli tutti per lasciare spazio ad altre attività familiari (cfr. Messaggio per la XXXVIII Giornata mondiale delle comunicazioni sociali).
È buona norma che, quando i figli guardano la tv, i genitori siano accanto a loro per poter verificare ciò che vedono, proibire certi programmi e, in seguito, avere la possibilità di discutere assieme su quanto si è visto. Non bisogna dimenticare che i mass-media sono uno dei mezzi attraverso cui i giovani si formano e vengono educati.
In modo particolare soprattutto i bambini sono in qualche modo “plasmati” dai media, anche per la loro intuizione – maggiore che negli adulti – e per l’abitudine a leggere il linguaggio visivo; assimilano tutto ma senza l’uso della ragione tanto da non riuscire a cogliere il messaggio trasmesso se accanto a loro non c’è un educatore che li aiuti ad andare al di là dei semplici segni.
Una mamma che ha a cuore la crescita morale e intellettuale dei propri figli dovrà allora educarli ad un retto utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale e della propria libertà, aiutarli a formare correttamente la coscienza e a sviluppare la loro capacità di critica, sapendo anche fornire loro le motivazioni più giuste per raggiungere questo obiettivo.
Ciò avviene non solo con le spiegazioni, ma anche con il buon esempio: per il bene dei loro figli e del proprio, i genitori devono imparare ad essere spettatori, ascoltatori e lettori consapevoli, agendo da modello di uso prudente dei media in casa (cfr. Etica nelle comunicazioni sociali, 04.06.2000). Formare le abitudini dei figli a volte può voler dire spegnere il televisore perché c’è qualcosa di meglio da fare o perché lo richiede l’attenzione verso altri familiari oppure perché la visione indiscriminata della televisione può essere dannosa.
Un altro mezzo di comunicazione sul cui uso i genitori devono particolarmente vigilare è Internet, in cui è sì possibile bloccare l’accesso a siti esplicitamente pornografici, ma non a tutti quelli con contenuti fortemente immorali sotto forma di testo, immagini o filmati, accessibili a qualsiasi bambino o ragazzo.
Tra l’altro questi video o fotografie indecenti circolano non solo attraverso i cavi telematici, ma dal computer vengono scaricati sui telefoni cellulari che sempre più spesso vediamo tra le mani anche dei più piccoli. Ecco perché i figli vanno educati ad un sano uso di tali mezzi, ma occorre anche farsi carico della responsabilità di vigilare, di stare attenti a ciò che essi vedono al computer o nel telefonino.
È fondamentale inoltre formare i piccoli alla mortificazione e alla virtù della temperanza, necessarie per evitare eccessi nell’uso dei mass-media. Al giorno d’oggi purtroppo – e chi è insegnante o fa catechismo se ne rende presto conto – già nei primi anni delle elementari non si può più parlare di “innocenza”, perché soprattutto a causa di un abuso o uso incontrollato di tv, Internet, riviste e telefonini, la malizia e l’immoralità entrano precocemente nella vita dei bambini.
Tutto ciò li porta ad atteggiamenti adolescenziali facendo loro bruciare alcune tappe dell’infanzia fondamentali per un sano sviluppo psichico: essi si trovano ad acquisire così una precocità che però non è però sinonimo di maturità.
Ecco allora la grande sfida che la donna deve cominciare ad affrontare, una battaglia che comincia tra le mura domestiche, nel proprio nucleo familiare, tra i banchi di scuola o nelle aule del catechismo e che deve combattere con le armi della pazienza, dell’amore, del sacrificio, del dono di sé ai figli o ai bambini a lei affidati. Si ricordi che anche in questo compito non è sola, ma è sempre accompagnata dalla premurosa assistenza del Signore e della Vergine Maria.