Santa Caterina da Bologna: "maestra e modello nel cammino di fede"

L’omelia del cardinale Caffarra in occasione dell’inizio dell’Anno cateriniano

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ROMA, sabato, 10 marzo 2012 (ZENIT.org).- Riprendiamo di seguito l’omelia pronunciata ieri sera nel Santuario del Corpus Domini a Bologna dal cardinale arcivescovo del capoluogo emiliano, Carlo Caffarra, durante la Messa celebrata in occasione dell’apertura dell’anno dedicato alla mistica e religiosa del Quattrocento.

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Diamo inizio con questa solenne celebrazione eucaristica all’Anno cateriniano, durante il quale, prendendo occasione e dal trecentesimo anniversario della sua canonizzazione [1712] e dal sesto centenario della sua nascita [1413], desideriamo vivere un incontro profondo colla santa.

1. Vorrei proprio iniziare, cari fratelli e sorelle, da una verità della nostra fede, che noi proclamiamo nel Simbolo, quando diciamo: «Credo … la comunione dei santi».

Il Concilio Vaticano II ci dona un insegnamento profondo al riguardo: «non veneriamo la memoria dei santi solo a titolo di esempio, ma più ancora perché l’unione di tutta la Chiesa nello Spirito Santo sia consolidata dall’esercizio della carità fraterna. Poiché come la cristiana comunione tra coloro che sono in cammino ci porta più vicino a Cristo, così la comunione con i santi ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla fonte e dal capo, promana tutta la grazia e tutta la vita dello stesso popolo di Dio» [Lumen gentium 80].

Esiste dunque una misteriosa ma reale vita in comune che noi condividiamo coi santi: la vita di Cristo in noi è la stessa vita che è in loro. Nulla è più meraviglioso di questa condivisione operata in noi e nei santi dallo Spirito Santo, che fa una sola vita di tutti.

Il rapporto fra ciascuno di noi e i santi è molto più profondo del rapporto cogli uomini e donne con cui convivo nella stessa città. La Chiesa celebra i suoi santi perché l’unione viva con loro è la sua stessa vita.

L’incontro con Caterina, che cercheremo più profondamente questo anno, ci aiuti ad avere un senso più perspicace del mistero della Chiesa.

2. Ma Caterina appartiene a quella compagine di santi e sante che la teologia cattolica indica col nome di mistici. Caterina è stata una mistica. Chi sono? che cosa significa? perché alcuni santi sono chiamati in questo modo?

La prima cosa da non fare, cari fratelli e sorelle, è quella di legare al fatto del misticismo cattolico fatti ed esperienze fuori dell’ordinario, preternaturali. La mistica cristiana non è questo. Che cosa allora?

Mediante la fede, ogni discepolo del Signore, ognuno di noi, attinge la realtà in cui crede; pone in essere un rapporto reale con la realtà in cui crede: la S.S. Trinità, la divina persona di Gesù, Verbo fatto carne, la sua reale presenza nell’Eucarestia [ … ]. Come esiste questo mondo nel quale siamo nati, nel quale viviamo, dal quale colla morte usciremo, così esiste il mondo della fede, la realtà di cui solo la fede è la porta di ingresso. E il mondo della fede è molto più consistente dell’altro.

Il mistico è colui che ha portato ad una perfezione tale quella stessa fede che è in ognuno di noi, che per lui il mondo della fede è la realtà in cui vive abitualmente, nell’intima comunione col Padre in Cristo per opera dello Spirito Santo.

Da tutto questo deriva una conseguenza assai importante. Il mistico, cioè colui che ha avuto il dono di una fede portata alla perfezione, diventa guida di tutti i suoi fratelli e sorelle: colla sua stessa presenza e, non raramente come anche nel caso di Caterina, coi suoi scritti.

È guida perché ci sveglia dall’ipnosi del mondo sensibile; perché è l’indicazione permanente che, come ci insegna l’Apostolo, «passa la scena di questo mondo» [1 Cor 7, 31]. «ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno» [1Gv 2, 17].

Il mistico ci ricorda la vera condizione della persona umana: ostaggio del tempo, cittadino dell’eternità.

Caterina, da questo punto di vista, è la coscienza critica della nostra città, la quale se perde di vista il suo approdo ultimo, non può che essere consegnata ad ogni tempesta.

3. Caterina infine è una donna: appartiene a quella straordinaria schiera di mistiche che hanno segnato la storia della Chiesa e della civiltà, come Angela da Foligno, Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Maddalena de’ Pazzi, Teresa del Bambino Gesù, per limitarmi a qualche nome. Esiste qualcosa che le accomuna così che si possa parlare di una presenza propriamente al “femminile” nella vita della Chiesa da parte di queste mistiche?

Ai piedi della Croce, sulla quale il corpo fisico di Gesù era devastato dalla sofferenza, c’erano Maria ed alcune donne. Furono loro a prendersene cura dopo che fu staccato dal legno.

“Prendersi cura” del Corpo Mistico di Cristo che è la Chiesa, forse è questo il grande carisma di ogni mistica: pensiamo alla situazione della Chiesa al tempo di Caterina da Siena. Elle se ne prese cura. Pensiamo alla condizione storica di Bologna e allo spezzarsi definitivo dell’unità colla caduta di Costantinopoli: di esse Caterina ebbe visioni profetiche.

L’unione del mistico col Cristo è così profonda che egli in Lui e con Lui assume su di sé tutto il mondo, tutto il peccato e le divisioni del mondo. Dimorando nel Cuore di Cristo, diventa cittadino del mondo intero.

La donna-mistica, che vive questa cittadinanza, la vive nel suo “prendersi cura”: prendersi cura di ogni miseria, in Cristo.

Cari fratelli e sorelle, ringraziamo e lodiamo il Signore per aver dato Caterina alla nostra città. Ci ottenga di entrare veramente attraverso la porta della fede nel mondo che non passa, di passare dalle ombre alla Realtà. Così sia.

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ZENIT Staff

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