di H. Sergio Mora
ROMA, sabato, 10 marzo 2012 (ZENIT.org) – L’America Latina, nell’anno dei festeggiamenti per il suo bicentenario tirare le somme e comprende che si trova in una congiuntura storica molto favorevole per rimediare tante occasioni perse.
Il continente deve proseguire nella crescita economica senza dimenticare l’equità sociale, trovando un’unità continentale che gli permetta di mantenersi indipendente dai poteri economici transnazionali.
In questa situazione, oltre la lingua e alle origini culturali comuni c’è la fede, la tradizione cattolica, che è il maggior tesoro di questi popoli, ed è un fattore centrale di aggregazione, che conferirà quell’indipendenza spirituale che diventa l’anima e forza propulsiva di un autentico sviluppo e crescita di umanità.
Il viaggio di Benedetto XVI a Messico e Cuba si svolge in questo contesto e con l’invito a “ravvivare la tradizione cattolica dei nostri popoli affinché la fede in Gesù Cristo, con l’intercessione della Madonna tanto amata dalla preziosa pietà popolare si radichi ogni volta di più nei cuori e nella vita delle famiglie e nella cultura delle nazioni”.
Lo ha affermato mercoledì 7 marzo il professor Guzmán Carriquiry Lecour, alla presentazione del suo libro El Bicentenario de la Independencia de los Países Latinoamericanos, (Ediciones Encuentro, Madrid, 2011; versione italiana: Il bicentenario dell’indipendenza, Rubbettino Editore, 2011) nella sede dell’Istituto Italo Latinoamericano (IILA).
Nell’introduzione il segretario generale IILA, Giorgio Malfatti di Monte Tretto, ha ricordato “i troppi vincoli di sangue” tra l’Italia e l’America Latina; mentre il ministro per la Cooperazione Internazionale e per l’Integrazione, Andrea Riccardi, ha sottolineato che il libro, più che uno studio storico, offre criteri per capire e giudicare la storia e realtà dell’America Latina.
Il cancelliere della Pontificia Accademia Scienze Sociali, Mons. Marcelo Sánchez Sorondo, ha considerato il momento positivo e ha elencato una serie di riforme urgenti, dalle infrastrutture a un’equità che non sia egualitarismo, in un discorso che è stato pubblicato sull’Osservatore Romano.
L’autore del libro, segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, ha spiegato che “il bicentenario ci mette dinanzi ad un giudizio su tutte le sfide e compiti irrisolti della nostra indipendenza” e per questo “la seconda parte del mio libro la dedico a quello che deve essere ancora fatto”.
Iniziando dal fatto che “l’America Latina si trova oggi in condizioni molto favorevoli per affermare, riaffermare e consolidare la sua indipendenza, naturalmente nelle condizioni di interdipendenza, cooperazione, solidarietà in un mondo globalizzato”.
Per Carriquiry, tuttavia, il punto sta “nell’unità del latinoamericana” perché il processo di indipendenza produsse frammentazioni, e questo produsse “dipendenza e arretratezza”, mentre “isolati, divisi non contiamo un bel niente”. Invece, se uniti, si può contare su “importanti fattori e radici di unità come destino storico, lingua, tradizione cattolica, matrice culturale barocca e meticcia, i quali alimentano un sentimento di solidarietà”.
Quelle condizioni, che nel periodo dell’indipendenza di questi Paesi non esistevano, oggi invece iniziano a prendere corpo, “grazie ai processi di integrazione degli ultimi cinquanta anni che hanno fatto un salto di qualità”.
Il professore uruguayano ha ricordato quindi come Mercorsur, Unasur, regionalizzazione o continentalizzazione risultano un passaggio obbligato e opportuno di riequilibrio per l’irruzione dell’America Latina come protagonista nella scena mondiale. “Sono stati fatti passi di gigante”, anche se si ristagna “quando ci si limita a trattati di libero scambio” o alle “parole retoriche o a vertici politici”.
In occasione del bicentenario, quindi, si presentano enormi sfide: “la modernizzazione tecnologica delle nostre economie, il riscatto dei settori emarginati e poveri, le crescenti disuguaglianze, la maggiore giustizia sociale, la partecipazione democratica, la credibilità, la violenza e l’insicurezza provocate dal narcotraffico”.
Carriquiry ha ricordato che Benedetto XVI “il 12 dicembre scorso il giorno della Madonna di Guadalupe, padrona dell’America Latina, ha presieduto nella basilica di San Pietro, una messa solenne di forte risonanza latinoamericana a motivo del bicentenario” e che è imminente il viaggio apostolico a Messico e Cuba.
Per il professore latinoamericano “l’intenzione principale del Papa è quella di conformare e ravvivare la tradizione cattolica dei nostri popoli affinché la fede in Gesù Cristo, per l’intercessione della Madonna, tanto amata dalla preziosa pietà popolare si radichi ogni volta di più nei cuori e nella vita delle famiglie nella cultura delle nazioni. Non bisogna dimenticare l’originalità storico culturale della America Latina continente nel quale circa l’80 per cento degli abitanti è battezzato”.
“Un patrimonio intaccato dalla crescente secolarizzazione, da un naturalismo religioso, dall’espansione evangelico pentecostale, da alcune forme di sincretismo”, al quale la Chiesa risponde con la conferenza dei vescovi ad Aparecida, che lanciano una “missione continentale, di nuova evangelizzazione”.
Se questa originalità del patrimonio storico-culturale dell’America latina si disperdesse, ha detto Carriquiry, “sarebbe sopraffatta da questa cultura dominante della globalizzazione consumistica e dallo spettacolo transnazionale tecnocratica unidimensionale e perderebbe una fonte importantissima della nostra identità e indipendenza spirituale”.
E ha concluso che “se cade in disuso la tradizione cattolica, se non si procede a un lavoro di educazione nella fede, senza gli slanci di nuova evangelizzazione, e se questa tradizione cattolica non diventa anima e forza propulsiva di un autentico sviluppo e crescita di umanità, perderanno i nostri popoli”.
Quindi vale la pena “seguire con attenzione il prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI per la convinzione che abbiamo noi, che nostra signora di Guadalupe guiderà i suoi passi e aprirà i cuori dei suoi figli”.