Marcello Candia: "Signore, aumenta la mia fede!"

Una riflessione quaresimale firmata da Padre Piero Gheddo, del PIME

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di Padre Piero Gheddo

ROMA, domenica, 4 marzo 2012 (ZENIT.org).- Siamo nel tempo della Quaresima e la Chiesa ci presenta la figura di Abramo, l’icona dell’uomo che ha fede e obbedisce a Dio, rischiando molto. Dio prova la fede di Abramo:

– Prima gli dice di abbandonare la terra in cui è nato, le sue proprietà, le conoscenze che aveva e il posto che occupava nella società e lo manda in un paese lontano, misterioso con la promessa di farlo padre di un popolo numeroso. Abramo parte da Ur e va dove Dio gli indica, fidandosi di lui.

– Poi lo mette alla prova dicendogli di sacrificargli il suo unico figlio, Isacco. Le religioni dei popoli che non conoscono Dio (come quelli delle Americhe pre-colombiane) chiedevano sacrifici umani e Abramo obbedisce a Dio accettando questa sua volontà. Quando Dio lo chiama risponde: “Eccomi!”.

Abramo rischia molto, perché ha fiducia in Dio, che premia la sua fede e la sua obbedienza e lo rende padre del popolo ebraico da cui nascerà, molti secoli dopo,  il Messia, il Salvatore dell’uomo. Anche per noi la fede è sempre un rischio come per Abramo: non è mai un possesso pacifico, ma una conquista quotidiana, continua, un dono di Dio che dobbiamo chiedere ogni giorno, “Signore aumenta la mia fede!” era la giaculatoria del servo di Dio” Marcello Candia. Io gli dicevo: “Marcello, di fede ne hai tanta”; e lui rispondeva: “Piero, la fede non basta mai”.

Il Vangelo di San Marco presenta Gesù che prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li porta sopra un monte alto, in un luogo appartato e si trasfigura davanti a loro, brilla di una luce  straordinaria e le sue vesti sono bianchissime, “che nessun lavandaio potrebbe farle così bianche”. Nel Vangelo di San Marco, la Trasfigurazione è come uno spartiacque fra i due tempi della vita di Gesù:

– Prima c’è il Gesù che cambia l’acqua in vino, che moltiplica i pani e i pesci, che guarisce i lebbrosi, i muti, i ciechi, gli indemoniati, calma le acque del lago. Un Gesù taumaturgo, diciamo un Messia potente e trionfante.

– Poi viene il crollo della sua umanità. Accusato ingiustamente, è arrestato, flagellato, coronato di spine, inchiodato alla Croce come un delinquente.

Per confermare la fede degli Apostoli in vista della Passione e della morte in Croce, in preparazione a quel finale che nessuno degli Apostoli immaginava, ecco che Gesù si trasfigura davanti a loro, per dare un altro segno della sua divinità, oltre a quello dei miracoli.

Cosa ci dice la Parola di Dio in questa Domenica? Che la fede è il fondamento della vita di ogni cristiano e che la fede vuol dire seguire Dio e seguire Cristo in ogni circostanza della nostra vita.

Tutti noi siamo stati battezzati e abbiamo ricevuto da Dio il dono della fede. Ma oggi dobbiamo chiederci: cosa conta Dio nella mia vita? E’ al primo posto oppure è un qualcosa che rimane secondario? E’ l’ispirazione che mi guida in tutte le scelte che faccio, oppiure rimane un fatto intellettuale e staccato dalla vita quotidiana?

Lo sappiamo tutti. Viviamo nell’epoca della secolarizzazione, della fede non si parla mai, Il mondo moderno ci porta a vivere come se Dio non esistesse.

Un esempio molto attuale. Il 1° marzo è morto in Svizzera Lucio Dalla, uno dei massimi cantautori italiani, ma anche un cristiano, un credente.

Il 2 marzo il quotidiano cattolico “Avvenire” aveva questi titoli o sottotitoli: “Ho ancora tanti dubbi ma Dio è una certezza” – Di sé diceva: “E’ Gesù il mio unico o punto fermo” – Quella fede nata tra i Domenicani – “Un  cercatore della verità” – Musicò i Salmi, cantò in scena per ben due Papi – Il suo portavoce Mondella: “Per lui la morte era solo la fine del primo tempo”. Nel giornale cattolico ci sono parecchi articoli sulla sua fede e di come la fede e la preghiera l’avessero aiutato molto nella vita, come diceva lui stesso.

Titoli e sottotitoli de “Il Corriere della Sera”: L’ultimo concerto e gli autografi ai fan – L’infarto dopo la colazione in albergo – “A sette anni restai incantato da Puccini” – Il genio che si sentiva un omino buffo – Aveva un sosia e lo mandava al Festivalbar  – Nella sua casa creò una “famiglia allargata” con sorelle e amici – Scoprì giovani talenti – “Era strano, aveva facoltà da pranoterapeuta”.

Ma la cosa strana è questa: Avvenire, oltre ai titoli e agli articoli sulla sua fede, aveva anche altri titoli e articoli sul genio musicale e sulle sue canzoni. Ne Il Corriere della Sera, sulla fede di Lucio Dalla non ci sono titoli né articoli e nemmeno alcun cenno: semplicemente la fede non esisteva. Ma allora, corrisponde a verità quanto testimonia Enzo Bianchi: “Aveva una fede fortissima e saldissima nell’aldilà, in Gesù Cristo, che sentiva come una presenza che gli dava senso”? E perchè il massimo quotidiano italiano (come pure altri giornali “laici” o “laicisti”) non ricorda nemmeno questo dato basilare nella vita di Lucio Dalla?

Scusatemi l’esempio, ma è solo per dire che noi viviamo in questo mondo ed è inutile lamentarsi. La Chiesa, specialmente in Quaresima, chiama tutti noi i battezzati alla conversione, cioè ad una fede che conti nella nostra vita. La crisi della Chiesa oggi è anzitutto una crisi di fede e bene ha fatto Benedetto XVI a indire l’Anno della Fede, che inizierà l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II.

La crisi di fede nella Chiesa significa che per molti battezzati, fra i quali anche persone consacrate, la fede c’è, ma rimane una credenza sul piano intellettuale, che è ininfluente o poco influente nelle scelte che dobbiamo fare nella vita. Cioè non ci converte a Cristo, non ci fa innamorare di Cristo, una fede in Cristo che è staccata dalla vita. Secolarizzazione vuol dire questo: non più l’ateismo aperto e militante com’era a volte in passato, ma indifferenza, adesione acritica alle mode del mondo, materialismo pratico.

La prima volta che sono andato in Cina nel 1973, con una commissione tecnica ammessa anche  nel tempo della “Rivoluzione culturale” di Mao, non c’era una sola chiesa aperta. Alle varie guide chiedevamo: “Noi siamo cristiani vorremmo andare in una chiesa a pregare”. La risposta era sempre la stessa: “La Cina ha imparato a fare a meno di Dio”. Il nostro mondo “cristiano” rischia più o meno questa fine?

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ZENIT Staff

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