L'amore coniugale sorgente dell'azione educativa per le nuove generazioni (Seconda Parte)

“Dialoghi in Cattedrale”: l’intervento della psicologa Eugenia Scabini

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ROMA, sabato, 3 marzo 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito la seconda ed ultima parte dell’intervento della psicologa Eugenia Scabini, direttore del Centro studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica, durante la serata inaugurale dei “Dialoghi in Cattedrale”, che si sono svolti l’altro ieri, giovedì 1 marzo, nella basilica romana di San Giovanni in Laterano.

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Nella Familiaris Consortio è espresso chiaramente il concetto che una persona non si realizza da sé e che il rapporto con l’altro è fondamentale per la realizzazione di sé. Giovanni Paolo II, riprendendo l’enciclica Redemptor Hominis dice “l’uomo rimane per se stesso un essere incomprensibile se non si incontra con l’amore, se non lo sperimenta, se non lo fa proprio, se non vi partecipa veramente”. Egli poi con grande chiarezza afferma che questo principio generale trova una sua applicazione specifica nel rapporto di coppia.

Dice testualmente “l’amore tra un uomo e la donna nel matrimonio e, in forma derivata e allargata, l’amore tra i membri della stessa famiglia tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra parenti e familiari è animato e sospinto da un interiore e incessante dinamismo che conduce la famiglia a una comunione sempre più profonda e intensa, fondamento ed anima della comunità coniugale e familiare”.

Vorrei che non ci sfuggisse la centralità dell’amore coniugale che è fondamento anche dell’amore ai figli (dice infatti che quest’ultimo è derivata dal primo).

Oggi siamo psicologicamente in una posizione rovesciata su questo punto. Il legame coi figli è avvertito ancora dai più come indissolubile mentre quello coniugale è avvertito come facilmente scioglibile. E’ facile capire che non si può essere ex genitori, che il legame col figlio è per sempre, mentre siamo in difficoltà a capire che il legame col coniuge ha una sua eternità.

Ma forse possiamo lo stesso seguire la piega dei tempi e recuperare il rapporto di coppia attraverso il figlio.

Infatti il figlio reclama i suoi genitori e ci richiama alla importanza del legame tra di loro.

I figli per crescere, per svilupparsi adeguatamente hanno bisogno non solo di avere un buon padre e una buona madre ma hanno anche bisogno di vedere, di sperimentare, un buon legame tra il padre e la madre. Il figlio è il frutto del loro amore e questo è la prima culla psichica che dà consistenza al piccolo dell’uomo che viene alla luce e che per potersi sviluppare adeguatamente ha bisogno di legami affidabili.

L’azione educativa nasce e può fiorire adeguatamente se può poggiare sulla base sicura di un legame coniugale forte che sa affrontare le prove.

Ho detto appositamente che sa affrontare le prove. Penso che sia importante parlare di amore coniugale non nel senso di una retorica quanto irrealistica, automatica intesa d’amorosi sensi. Il rapporto coniugale vive di prove superate, non del compito impossibile di cambiare l’altro, né di idealizzarlo. Ciascuno di noi ha bisogno di essere amato per quello che è ed il rapporto coniugale può essere una importantissima risorsa se sappiamo nutrirlo e rinnovarlo in ogni stagione della vita, sapendolo costruire quotidianamente, sapendo rinnovare il dono sincero di sé, anche attraverso il perdono reciproco.

A differenza della rappresentazione massmediatica della vita familiare che ondeggia tra immagini di rapporti coniugali fusionali ed edulcorati e rapporti violenti, la Chiesa ci propone con realismo una strada di paziente costruzione di un legame di comunione.

La Chiesa non ignora come “l’egoismo, il disaccordo, le tensioni e i conflitti aggrediscano violentemente e a volte colpiscano mortalmente la comunione” (Familiaris Consortio). Ma ci richiama a non soccombere a queste difficoltà e a far uso di comprensione, perdono, riconciliazione e anche di spirito di sacrificio. E’ capace di educazione verso i figli , non tanto un amore coniugale che non ha vissuto travagli e prove ma piuttosto un amore coniugale che ha saputo affrontarle. E’ anche di grande testimonianza ai figli un amore tenace che sa rilanciare la fiducia e la speranza dopo che si è momentaneamente persa.

Ma dove la coppia coniugale può trovare la forza per superare gli ostacoli, per ritrovare l’amore? Non solo da se stessa ma piuttosto facendo riferimento ad un amore che ci ha preceduto.

“Dio ci ha amati per primi” così è l’esordio della Deus Caritatis Est. L’amore coniugale e familiare si radica nel grande mistero della paternità del nostro Dio.

La base sicura della famiglia umana sta in qualcosa che vive al suo interno, nel suo profondo, ma che la eccede radicalmente. Una dolce e al tempo stesso paternità (Giovanni Paolo II nella Lettera alle famiglie parla di dolcissime parole del Padre Nostro) ci precede: precede i figli ma anche i coniugi-genitori.

E’ su questa base sicura che la famiglia umana, pur nelle sue incertezze, incoerenze, fragilità, può contare.

Il dono di sé dei coniugi tra loro e verso i figli non nasce dal nulla né pure è un atto eroico di generosità ma è piuttosto una risposta grata a un dono precedentemente ricevuto. Da questa prospettiva ampia e liberante può nascere un progetto educativo verso i figli che non sia solo preoccupato di appagarli nell’immediato, di soddisfarli in tutte le loro richieste per timore di perdere il loro affetto, ma che sappia anche lanciarli in avanti verso una mèta.

Il figlio in questa prospettiva assume una nuova dignità e valore, non è tanto e solo il bambino da possedere e controllare e in ultima analisi da attirare a sé. Daniel Marcelli parla in questo caso dell’educazione che si trasforma in seduzione, è il se-ducere che prevale e oscura il e-ducere. Il bambino-figlio è invece un soggetto in crescita da condurre fuori di sé per introdurlo nella realtà. Questa bella espressione di Papa Benedetto XVI traduce benissimo l’etimologia della parola educazione. In questa concezione il figlio assume le caratteristiche di una nuova generazione da consegnare alla storia familiare e sociale. La coppia coniugale in questo suo compito educativo si trova a svolgere un ruolo importantissimo di mediatore generazionale. Essa è al centro del passaggio tra le generazioni poiché è chiamata a trasmettere e a trasformare, innovandolo, il patrimonio materiale, affettivo e morale delle generazioni precedenti e consegnarlo alle successive. Questo il suo grande compito educativo che è propriamente il proseguimento del dar vita, un modo di continuare a generare, rigenerando.

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ZENIT Staff

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