Una grande sintonia spirituale tra i Beltrame Quattrocchi e i Focolari

Intervento di Maria Voce, presidente del movimento, al Convegno su Maria e Luigi Quattrocchi

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ROMA, martedì, 29 novembre 2011 (ZENIT.org) – Riportiamo qui l’intervento che Maria Voce – Emmaus, presidente del Movimento dei Focolari, ha svolto durante il Convegno tenuto, in Campidoglio, venerdì 25 novembre, a Roma, in occasione dei 10 anni di beatificazione dei coniugi Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi e nel giorno della loro memoria liturgica, dal titolo “Cittadini autentici: sulle orme di Maria e Luigi”.

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Devo confessare che, sulle prime, l’invito mi ha un po’ spiazzato, perché non c’è un legame diretto tra Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi e il Movimento dei Focolari, che rappresento. Riflettendoci un po’, però, ho trovato molti punti di contatto tra la nostra spiritualità e la loro e, anzi, una grande sintonia. Non solo perché la santità è il grande comune denominatore di tutti cristiani, la meta cui tutti puntiamo nella Chiesa, ma anche perché il loro percorso di vita di laici è comune alla stragrande maggioranza di coloro che fanno parte del Movimento.

In sostanza ho visto riflessa nella vita di Maria e Luigi, nell’autenticità della loro testimonianza di cristiani e perciò anche di cittadini, la vita di quegli ormai milioni di laici che vogliono vivere la spiritualità portata da Chiara Lubich, la nostra fondatrice, e perciò cercano di vivere con una coerenza a volte eroica, quotidianamente il loro impegno come cittadini, il loro essere, o almeno sforzarsi di essere, tessuto sano del corpo sociale ed ecclesiale che compongono. Si tratta di padri e madri di famiglia, di operai, professionisti, giovani, ragazzi e bambini (senza escludere sacerdoti, religiosi e vescovi) impegnati in prima linea a portare avanti una silenziosa, seppur incisiva, rivoluzione d’amore in tutte le città del mondo.

Ripensando ad alcuni episodi della vita di Maria e Luigi, che a me sono apparsi significativi e nei quali ho riscontrato tante similitudini con le esperienze delle persone del Movimento  come del resto di chiunque segua la propria retta coscienza, ho avuto la conferma.

La famiglia, la radice sana della loro vita: un amore tenero e mai spento tra gli sposi che genera cittadini capaci di coerenza. Conosco tante famiglie che si impegnano, lottano perché non si spenga l’amore coniugale: proprio in esso trovano la forza non solo per non sfasciarsi, ma anche per aprirsi  all’impegno di cura per tanti, pensiamo all’accoglienza dei nonni in casa, col patrimonio di esperienza che portano, di zii, bambini handicappati, adottati, persone sole….

Maria e Luigi vissero i primi sette anni del loro matrimonio con in casa i genitori ed i nonni materni e di lei. Sicuramente non tutto fu liscio, le differenze caratteriali, culturali, soprattutto tra Luigi e la suocera, erano notevoli. Ma l’amore per Maria permetteva al suo giovane sposo di andare al di là delle difficoltà quotidiane. E che risultato: i quattro figli crebbero con l’idea che a casa si può e si deve rispettare e onorare la persona anziana! Pensiamo a quanto questo esempio potrebbe influenzare positivamente la vita di tante famiglie di oggi, affannosamente impegnate a trovare passatempi di vario genere per i bambini e magari con i nonni soli in un appartamento o – peggio – in una casa di riposo.

Quale risorsa invece, anche solo per l’allocazione delle risorse economiche, una famiglia che vive unita! Oggi le famiglie che si sforzano di vivere così vanno controcorrente, spesso non possono permettersi gli ultimi ritrovati della società dei consumi, ma sperimentano la gioia che viene dallo stare insieme, uniti tra generazioni. E in quest’ottica anche i momenti di svago diventano momenti importanti.

Scriveva Maria: “Di festa, qualche passeggiata in macchina nella campagna romana gustandone insieme le singole bellezze, visite a mostre, ad antichità, qualche volta al teatro. La festa attesa e desiderata: la tristezza e la noia mai”.

Ogni importante evento della vita della famiglia diventa occasione per far crescere la fusione del cuore e dello spirito. Così è per la nascita del primo figlio di Luigi e Maria e poi per quelle degli altri tre. Quando arriva l’ultima -“quella, come scrive la mamma, a cui i medici avevano proibito di nascere”- e la cui gestazione è causa di indicibili sofferenze  morali e fisiche, teneramente condivise – Maria dirà che proprio quei mesi così pesanti, per l’intervento della divina provvidenza, si erano trasformati in un’ulteriore fusione spirituale. In proposito è bene ricordare che il no al ginecologo che proponeva l’aborto terapeutico fu dato insieme contemporaneamente e spontaneamente da tutti e due gli sposi, pur essendo perfettamente consapevoli delle conseguenze.

Così è anche per lo svolgersi del vissuto con i figli, fusione e condivisione sono presenti sempre di più tra Maria e Luigi. Lei scrive che a seguire i bambini diventati fanciulli era sempre il papà nello studio, nei giochi, nelle gite, con costante cura; mentre a formare alla pietà era la mamma. Nell’educarli i due era erano pienamente concordi.

Questo l’esempio e lo stile che tante famiglie nel mondo, tra cui quelle del nostro Movimento Famiglie Nuove, hanno fatto proprio e che trova un primo presupposto educativo nel fatto che i figli, più che di due genitoriche li amano, hanno bisogno di due genitoriche si amano. É noto che i bambini non sono dei “vasi vuoti” da riempire con contenuti educativi, ma persone che per crescere hanno bisogno piuttosto di un humus nel quale sviluppare le proprie potenzialità. L’amore evangelico tra i due genitori è esattamente quel buon terreno. Questo volersi bene é icona viva dell’amore che i genitori propongono ai figli di vivere. É risaputo infatti che le parole dei genitori, come di ogni altro educatore, hanno poco o nessun valore se la loro testimonianza non le conferma.

Infatti anche i figli, più che di maestri hanno bisogno di testimoni, perché i bambini “ascoltano con gli occhi”.Un altro principio che queste famiglie nuove cercano di tener presente è che i figli, prima di essere dei genitori, sono di Dio. É un atteggiamento dell’anima che assume concretezza nel sano distacco dalle aspettative dei genitori, per aiutarli a scoprire il disegno che Dio ha su ciascuno dei figli. Egli ha voluto dare ai genitori l’altissima dignità di diventare suoi cooperatori per dilatare e arricchire la Sua famiglia sulla terra. A loro il compito di accoglierli e di amarli col Suo stesso cuore, affinché nel loro cammino incontrino Gesù.

È quello che succede nella famiglia Beltrame Quattrocchi. Quando, in breve successione di tempo, tutti e tre i figli  più grandi, in assoluta indipendenza, ad uno ad uno, manifestano la volontà di accogliere con giovanile entusiasmo la chiamata di Dio, i genitori d’accordo, all’unisono, acconsentono sereni, consci dell’onore che Dio fa loro. E forti di questa convinzione superano “le resistenze opposte dall’affetto umano”, così scrive la mamma. É superfluo specificare e quantificare il dolore nel vedere quasi deserto il focolare domestico sempre tanto unito. Ma Maria aggiunge che “l’assenza dei tre figli più grandi … ebbe come conseguenza una fusione più esclusiva, direi, dei genitori fra loro”.

Ancora sul rapporto con i figli, mi sono sembrate particolarmente toccanti alcune testimonianze date da membri di questa famiglia così speciale. Maria dice: “Dalla nascita del primo, ci demmo ad essi, dimenticandoci in loro. Le prime cure, i primi sorrisi, le risatine gioiose, i primi passi, le prime parole, i primi difetti che si manifestavano preoccupandoci. Studiammo libri di pedagogia infantile, cercammo di migliorarci noi, correggendo difetti, moderando il carattere, per amore di loro. Facemmo sempre in modo che si divertissero fra loro, senza che altri – non curati così – potessero guastare il nostro, certo imperfettissimo, ma scrupoloso lavoro. Poi la scuola. Poi lo scoutismo che ne continuava, completandola, la formazione e li preparava alla vita.

Li vegliammo di giorno e di notte, gelosi che elementi mercenari potessero in qualche modo offuscarne le anime. Sentimmo che avevamo una tremenda responsabilità di quelle anime di fronte a Dio stesso che ce le aveva affidate, alla Patria di cui volevamo farne amorosi figlioli. Li allevammo nella fede, perché conoscessero Dio e lo amassero. Avremmo indubbiamente sbagliato tante volte, perché “l’arte delle arti” non si esercita senza serie difficoltà. Ma una cosa è certissima:come un’anima sola, aspirammo al loro migliore bene, rinunziando a tutto ciò che poteva portare qualche danno ad essi, anche se doveva costarci qualche privazione. Ma la gioia della dedizione compensò largamente tutto il resto, poiché è gioia divina.”

Il figlio, padre Paolino, ormai ottantenne, osserverà che questa attenzione ai principi di fondo non intaccava il clima di serenità nella famiglia: “Ho un ricordo rumorosamente lieto della nostra casa. L’atmosfera era gioiosa, priva di bigottismo o di musoneria”.  Ed Enrichetta, oggi qui presente tra noi, a sua volta, metterà in luce l’intenso rapporto di affetto e di comprensione esistente tra i genitori:  “E’ ovvio pensare che possano essersi verificate talvolta delle divergenze di opinione o di apprezzamento, ma noi figli non abbiano mai avuto modo di constatarle. Gli eventuali problemi li risolvevano tra di loro, con il dialogo, in modo che una volta concordata la soluzione, il clima rimanesse sempre sereno e armonioso”.

Quanta profondità e sapienza in questo cercare le soluzioni ai problemi insieme e poi dare ai figli il frutto dell’unità cercata, (a volte faticosamente) costruita nella coppia, consumando in se stessi o nel rapporto col partner la fatica, il rinnegamento che ciò comporta. Un esercizio sicuramente impegnativo, però fondamentale per chi vuole percorrere la strada della vita non da solo, ma legato in cordata con altri, col coniuge innanzitutto, ma anche con quelle famiglie di famiglie che sono sia la Chiesa che la società civile. La rettitudine (la santità) della vita del singolo è così la base per la rettitudine (la santità) dell’intero corpo sociale, per una rettitudine (santità) collettiva.

Da quest’ultimo aspetto discende un’altra profonda esperienza di una famiglia di cristiani, cioè di cittadini autentici, come recita il titolo del nostro convegno: l’economia della famiglia Beltrame Quattrocchi era improntata ad una vita sobria e dignitosa, che permettesse di avvicinare chiunque senza metterlo o sentirsi a disagio; il ricco come il povero. Un modello che, vissuto su larga scala, può rivoluzionare i rapporti sociali (ed anche tra le nazioni). Usare i beni per quello che è giusto, senza che manchi a chi ci sta intorno il necessario, anzi misurando le nostre esigenze sulla base delle necessità dei poveri. Questo aspetto si chiama “comunione dei beni” e si vive  sia con i beni spirituali che con quelli materiali. Sulla profonda comunione spirituale di Luigi e Maria ho già detto.

Vorrei aggiungere solo un particolare su quella materiale. Non indugiarono ad accogliere in casa l’ultimogenita della famiglia che abitava al piano sottostante, i cui genitori erano morti a causa dell’epidemia di “spagnola”, lasciando tre orfane. I nonni avevano accolto le prime due, ma la più la piccola non avevano potuto prenderla e così venne accolta dai Beltrame Quattrocchi, che furono criticati non poco da parenti e amici (si pensi al pericolo del contagio), ma le esigenze di chi era nel bisogno facevano da unità di misura delle proprie. Così la piccola rimase a lungo con Maria e Luigi e per tutta la vita mantenne viva l’amicizia con i loro figli, fino a partecipare, ormai anziana, alla beatificazione in S. Pietro nel 2001!

Mi piacerebbe parlare anche della vita professionale di Luigi, se non altro perché, avendo io stessa svolto la professione di avvocato, sento una particolare affinità con lui, che interpretò al meglio l’altissimo compito dell’avvocatura, che è la ricerca della verità e non, come spesso viene erroneamente inteso, travisamento di essa. Ma di ciò parlerà il presidente dell’Ordine degli Avvocati.

Concludo con un riferimento alla mia storia personale: l’incontro con alcuni cristiani autentici qui a Roma, quando vi arrivai dalla Calabria per gli studi universitari, diede un orizzonte del tutto nuovo alla mia vita, facendomi scoprire la pienezza e la strada che Dio aveva pensato per me. In quel manipolo di persone, cristiani, cittadini autentici, però, non vidi solo un’esperienza religiosa, ma il germe di una città nuova, di una società nuova, di un’umanità nuova. Questa penso sia stata l’esperienza generata anche da Luigi e Maria. Voglio augurarmi che lo stesso si possa dire anche di tutti noi che stasera in Campidoglio li ricordiamo e vogliamo imitarli!

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ZENIT Staff

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