di Eugenio Fizzotti
ROMA, venerdì, 25 novembre 2011 (ZENIT.org).- Definito da Giovanni Paolo II nel corso dell’Omelia che tenne il 6 ottobre 1984 nello Stadio San Vito di Cosenza come «il gigante del Cattolicesimo calabrese, modello da seguire quale fermento e forza morale per il rinnovamento e la rinascita religiosa, morale e civile di tutta la regione», Don Carlo De Cardona (Morano Calabro 1895-1958) è oggetto privilegiato di un recente volume di Mons. Vincenzo Bertolone, attuale Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace, che lo pubblicò in occasione della 46ª Settimana Sociale, svoltasi a Reggio Calabria dal 14 al 17 ottobre 2010, con il titolo Carlo De Cardona: prete, soltanto prete. Terra margia: Storia di un’utopia (Diocesi di Cassano all’Jonio, 2010, pp. 120). Si tratta di un’opera che, come scrive nella presentazione Mons. Salvatore Nunnari, Arcivescovo Metropolita di Cosenza, mette in chiara e coinvolgente evidenza che «Don Carlo, come è stato da più voci ricordato, è il sacerdote pioniere all’elevazione morale, sociale e religiosa di contadini e artigiani calabresi, iniziata sotto la guida del mio grande predecessore mons. Camillo Sorgente, e proseguita nella prima metà del ’900 attraverso la fondazione delle Leghe del Lavoro, delle Casse Rurali, sulle quali in particolare si abbatté la bufera del regime fascista perché ritenuto “un potere”. Egli, umiliato e povero, come si addice a un “miles Christi” conobbe l’esilio lasciando Cosenza per Todi “come un miserabile”, accompagnato alla stazione solo da un fedele artigiano».
Numerosi appassionati calabresi e molti simpatizzanti della storia e della terra calabra hanno preso parte giovedì 24 novembre 2011 alle ore 17.30 presso il Palazzo Bologna del Senato della Repubblica, sito in Via Santa Chiara, 4 a Roma, a un intenso e coinvolgente incontro organizzato dall’Associazione Internazionale Calabresi nel Mondo finalizzato proprio alla presentazione del libro di Mons. Bertolone e, soprattutto, alla messa in evidenza dell’incessante opera di Don Carlo De Cardona che fondò cooperative, associazioni, Casse rurali e artigiane per alleviare le pene delle genti della Calabria, e contribuì alla fondazione del Partito Popolare in terra calabra, ma anche evidenziò l’attualità e l’indispensabilità del contributo dei cattolici nei settori vitali della società italiana, soprattutto in un momento di grave crisi economica e valoriale.
La manifestazione, patrocinata da Roma Capitale e dalle amministrazioni delle città di Soverato (CZ), di Todi (PG) e di Cassano all’Ionio (CS), dopo l’introduzione dell’Avv. Gennaro Maria Amoruso, Presidente dell’Associazione Internazionale Calabresi nel Mondo, è stata moderata dal Dott. Gianni Lattanzio dell’Associazione “Dialoghi” e ha visto gli interventi iniziali dell’On.le Mario Tassone, Vice Presidente della Commissione Anti-mafia, dell’On.le Rocco Buttiglione, Vice Presidente della Camera dei Deputati, del Dott. Claudio Ranchicchio, Consigliere Comunale di Todi, del Dott. Vincenzo Conso, Segretario Nazionale RetinOpera, del Dott. Franco Pasquali, Presidente del Forum della Fondazione Symbola e di Don Antonio Tarzia, Direttore della rivista Jesus.
Rilevati dai precedenti relatori gli originali contributi di Don Carlo De Cardona nella centralità della questione meridionale, della forte sensibilità a proporre nuove progettazioni nei territori calabresi, nel creare reti e strutture di solidarietà che permettano di lottare ovunque per il riconoscimento e la promozione della dignità della persona, ha preso la parola Mons. Bertolone che, avendo avviato, quando era Vescovo di Cassano, il processo di beatificazione di questa figura particolarmente carismatica di sacerdote, ha evidenziato che «l’innovatività delle proposte sociali del De Cardona mirava a scuotere assetti secolari, che avevano sottoposto crescenti masse di lavoratori e lavoratrici a uno sfruttamento sistematico delle proprie energie, tendendo non solo a curare le manifestazioni più clamorose e visibili delle ingiustizie sociali, ma soprattutto a incidere in modo definitivo e sostanziale sulle strutture che generavano povertà e miseria».
Nel fare ciò, ovviamente, De Cardona non assunse un atteggiamento di antagonismo o di violenta opposizione al socialismo: piuttosto «egli lo contrastò sul suo proprio terreno, affrontandolo con il coraggio e la concretezza delle sue realizzazioni, e non esitando, nello stesso tempo, ad attaccare i notabili locali, che esercitavano una pressione insostenibile sul popolo, le cui condizioni di vita erano rese ancor più complicate dalle nuove sfide della realtà istituzionalizzata, per quanto essa fosse poco sviluppata in Calabria».
E l’assunzione di tale atteggiamento tollerante e dialogico è dovuto, a dire di Mons. Bertolone, al fatto che De Cardona aveva maturato nel corso della sua formazione sacerdotale e della sua attività pastorale una «perfetta congruità tra il pensiero e l’azione, tra l’anima e il corpo, tra la quotidianità dell’azione e il fedele attaccamento ai ritmi della preghiera e della contemplazione», il che vuol dire che «fu in realtà attratto dallo sguardo misericordioso di Cristo verso i sofferenti e colse nell’amore verso i poveri e nel loro cammino di riappropriazione di una vera dignità umana il percorso che la sua vocazione sacerdotale era chiamata a realizzare».
Conseguenza di tutto ciò fu una chiara distinzione tra la realtà delle cose e la propaganda, «discernendo con acume le parole d’ordine ufficiali con le scelte operative concrete effettuate alla periferia», segno evidente che la piena comunione con la Chiesa locale e gli orientamenti pontifici gli consentì di coniugare in forma articolata e originale l’individuazione delle radici della fede antica e granitica e un’intelligente lettura dei segni dei tempi, attivando una Sequela Christi che, caratterizzata da uno stile di vita coraggioso e da una radicale e intensa testimonianza cristiana, mostra «l’armonia tra il percorso del sacerdote contemplativo con quello del poliedrico animatore delle più povere realtà sociali della sua amata terra calabrese».
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