di Salvatore Cernuzio

ROMA, martedì, 15 novembre 2011 (ZENIT.org) – La nascita di una vocazione è la conseguenza diretta di uno straordinario incontro con Gesù Cristo. Spesso, questo risultato è raggiunto grazie all’aiuto di percorsi di fede come, ad esempio, i movimenti interni alla Chiesa. Ma la vocazione non è solo una splendida chiamata del Signore, ma un frutto da coltivare e curare costantemente. Riportiamo di seguito la seconda parte dell’intervista di Zenit a don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le vocazioni al Vicariato di Roma.

Quanto è importante far parte di un cammino di fede per la nascita di una vocazione?

Rosini: Sia benedetto Dio per qualsiasi esperienza che possa esser fatta nella Chiesa, l’importante è che sia cattolica! Sia benedetto Dio per i movimenti, le associazioni e tutto il resto! Tutto quello che c’è internamente alla Chiesa sia incoraggiato e portato avanti, sicuramente non sono questi il nemico.

Spesso invece vengono definiti chiese parallele, sette….

Rosini: Purtroppo ci sono critiche, problemi di discomunione, ma queste, però, non sono indicative del valore delle cose in sé. L’importante è essere cattolici, stare in comunione con la Chiesa; l’eredità che Cristo ci ha lasciato è di costruire e mandare avanti la Chiesa, e questo di solito è l’opera più difficile da compiere su questa terra. Abbiamo problemi di fragilità e peccati autentici riguardo alla fraternità, problemi esterni, ma anche interni. Questi ultimi sono più dolorosi perché, mentre i problemi esterni si affrontano con maggior coraggio, quelli interni non te li aspetti.

A cosa si riferisce in particolare?

Rosini: A tutto, dal fatto che alcune volte ci può essere un clima di sfiducia reciproca ai giudizi e via dicendo. Ma sono cose normali che succedono in tutte le famiglie, l’importante è superarle. Soprattutto bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito Santo e credere che è Dio che guida la Chiesa, non siamo noi che dobbiamo mettere a posto le cose o stabilire se una cosa è buona o meno. Comunque l’importante è far parte tutti di un’unica Chiesa e ricordarci che tutte le esperienze interne ad essa devono essere benedette ed incoraggiate. Tra l’altro non è che ci sia chissà quanta gente nella Chiesa, se mandiamo via pure quella che sta dentro….

A tal proposito mi viene in mente che durante l’ultima GMG di Madrid, nell’incontro del Cammino Neocatecumenale, 5.000 ragazzi e 3.000 ragazze si sono “alzati” per rispondere alla chiamata del Signore e dargli la propria disponibilità. È sicuramente un grande passo avanti, cosa ne pensa lei?

Rosini: Tutto il bene possibile. È una cosa buona e santa a cui seguirà certamente tutta la cura e il discernimento di cui questi ragazzi hanno bisogno. Benediciamo Dio perché il Cammino Neocatecumenale fa questo, ed è bello pensare che siamo di fronte ad un attingere sano alle buone cose della Chiesa cattolica che porta questi frutti. Il punto è che dobbiamo farlo tutti, non solo il Cammino! Dobbiamo moltiplicare questo tipo di esperienze, imitarci nel bene, gareggiare nello stimarci a vicenda come dice San Paolo.

Qual è la situazione attuale delle vocazioni, almeno in base al riscontro che lei ha dal Servizio diocesano?

Rosini: Non è facile da definire perché in realtà è un mondo più variegato di quanto sembri, che non si limita al semplice fatto di calcolare quanta gente entra in seminario. Molti entrano in ordini religiosi e di questo non abbiamo alcun riscontro. Ci sono poi delle metodiche molto diverse riguardo alcune linee. Per esempio nel Seminario Romano maggiore i numeri sono stati molto bassi negli ultimi anni, ma parliamoci chiaro: se noi portassimo avanti una politica vocazionale indiscriminata, senza selettività, i numeri potrebbero essere molto più grandi. I numeri delle entrate nel seminario sono stati abbassati negli ultimi anni, perché è stato applicato un metodo molto più rigoroso di selezione all’entrata. Entrano in seminario 15 ragazzi, l’anno dopo ne entrano 30 e così via, va bene, ma quanti arriveranno all’ordinazione?

La vocazione quindi va testata. C’è dunque una maggiore rigidità?

Rosini: Non rigidità, ma una maggiore attenzione alla persona. Bisogna seguire un corso vocazionale prima di poter entrare, non si fa un’opera d’intercettamento, ma di verifica autentica e seria. Noi oggi non abbiamo bisogno di una quantità indiscriminata di seminaristi, abbiamo bisogno di “qualità”. Stiamo lavorando in questa direzione infatti: il parametro adesso non è più “ho il dubbio di avere una vocazione ed entro in seminario”, nel dubbio non si entra proprio!

In conclusione, qual è l’augurio che lei si fa?

Rosini: L’augurio che cresca la formazione cristiana, che aumenti il numero di esperienze, di qualsiasi tipo, in cui le persone possano “educarsi” cristianamente, diventare discepoli di Cristo in maniera più compiuta. Allora avremo le vocazioni naturalmente!

Leggi prima parte: http://www.zenit.org/article-28656?l=italian