ABUJA, lunedì, 7 novembre 2011 (ZENIT.org) – Gli attentati che negli ultimi giorni hanno seminato il terrore in Nigeria, hanno coinvolto anche la Chiesa cattolica. Una parrocchia e alcuni centri di culto musulmani sono stati distrutti a Damataru nel Nord-Est del paese. Due vescovi locali, hanno analizzato le cause delle violenze, attribuite a gruppi islamisti come Boko Haram.
“Damataru, pure essendo la capitale dello stato di Yobe, fa parte della mia diocesi. Nell’attentato di ieri anche una chiesa cattolica parrocchiale è stata bruciata e distrutta”, ha dichiarato sabato scorso all’agenzia Fides, monsignor Oliver Dashe Doeme, vescovo di Maiduguri, capitale del vicino stato di Borno.
Il 4 novembre, a Damataru, una serie di attacchi provocati da esplosivi hanno avuto come obiettivo il comando di polizia, varie stazioni di polizia e sei chiese del quartiere cristiano di Gerusalemme. Secondo le stime provvisorie, i morti sono circa 150, senza contare i feriti.
Già nei giorni scorsi hanno avuto luogo vari attentati a Maiduguri e altre zone limitrofe. A Maiduguri si sono verificati tre attentati suicidi contro le caserme dell’esercito.
Gli attentati sono attribuiti alla setta islamica Boko Haram, che secondo varie fonti, afferma Fides, hanno stretto un’alleanza con Al-Qaeda nel Magreb.
Riguardo alle radici di questa violenza che da alcuni mesi sconvolge il Nord-Est della Nigeria e minaccia il resto del paese (Boko Haram ha messo a segno vari attentati terroristi ad Abuja, la capitale federale), il vescovo di Maiduguri afferma: “Le cause di questa violenza sono molteplici: economiche, sociali, politiche, religiose. In particolare ci sono alcune persone assai influenti nella nostra società che stanno perdendo la loro importanza e utilizzano la religione per inculcare la pratica della violenza nella mente dei giovani senza educazione”.
“C’è un forte livello di indottrinamento basato sulla credenza che se uno muore lottando per la causa va in cielo – denuncia monsignor Doeme -. Pertanto questi cattivi maestri dicono: ‘uccidi senza problemi e andrai in cielo!’. Di fatto questi giovani sono strumentlizzati da politici senza scrupoli che stanno perdendo rilevanza e che vogliono rimanere al potere per motivi di interesse economico”.
Monsignor Doeme non esclude che vi siano influenze straniere che alimentano la violenza ma insiste che “la corruzione è la radice di ogni male sociale, politico ed economico del paese”.
Da parte sua l’arcivescovo di Abuja, monsignor John Olorunfemi Onaiyekan, ha dichiarato prima degli attentati, quando la violenza si concentrava nella capitale, che la Chiesa in Nigeria non si sarebbe lasciata scoraggiare dal terrore seminato dalla setta islamica Boko Haram.
“La vita prosegue normalmente, almeno qui ad Abuja. Non ci faremo intimidire da queste minacce ed avvertimenti. Continueremo la nostra vita normale, confidando in Dio”, ha detto l’arcivescovo, riguardo alle minacce degli islamisti, in occasione della celebrazione dell’anniversario dell’indipendenza nazionale, secondo quanto riferito dall’agenzia CISA.
“Al tempo stesso, speriamo che le forze di sicurezza compiano il loro dovere per garantire la sicurezza di tutti”, ha aggiunto il presule.
Nel frattempo l’arcivescovo ha preso le distanze dal comunicato di un gruppo originario del Delta del Niger, nel Sud del paese, che si fa chiamare Ijaw Joint Revolutionary Council e che minacciava di compiere rappresaglie contro Boko Haram se la setta non avesse cessato i suoi attentati.
“I nigeriani sono uniti nella ricerca della soluzione al problema provocato dalla setta Boko Haram. Ciononostante non c’è accordo su come affrontarli – ha detto monsignor Onaiyekan -. C’è chi parla di avviare un dialogo con i membri della setta ma sono una minoranza. La maggioranza dei nigeriani non pensano sia possibile parlare di dialogo con gente che uccide innocenti indiscriminatamente. Non si può parlare con degli assassini”.
“Questa è la posizione della Conferenza Episcopale della Nigeria che, in un comunicato pubblicato alcune settimane fa, afferma che il governo nigeriano deve soddisfare le legittime domande di pace, ma non si può parlare di dialogo con criminali ed assassini”, ha concluso monsignor Onaiyekan.
Papa Benedetto XVI ha fatto riferimento alle violenze in Nigeria, durante l’Angelus della scorsa domenica.
Le parole del Santo Padre sono state accolte con sollievo dall’arcivescovo di Jos, Ignatius Ayau Kaigama che ha dichiarato: “Pensiamo che l’intervento di Benedetto XVI debba spronare le autorità nigeriane a fare con urgenza qualcosa per fermare questa preoccupante situazione”.
“Non si tratta solo di inviare maggiori forze di polizia nei punti caldi – ha proseguito monsignor Kaigama – c’è bisogno di una maggiore raccolta di informazioni di intelligence e di condivisione di queste informazioni. Ci deve essere un sistema di controllo di questa situazione e solo il governo può realizzarlo”.
Interpellato da Fides, l’arcivescovo di Jos ha infine lanciato un appello al rafforzamento dei controlli “lungo i confini, nei porti e negli aeroporti del Paese, perché non giungano armi dall’esterno”, in particolare dalla Libia dove numerosi arsenali sono stati depredati durante la guerra civile appena conclusa.