CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 6 novembre 2011 (ZENIT.org) – Sul destino dell’uomo dopo la morte “è netta la differenza tra chi crede e chi non crede”, come pure tra “chi spera e chi non spera”. Lo ha detto stamattina Benedetto XVI in occasione dell’Angelus domenicale.
Il papa, soffermandosi sulle letture odierne, ha proseguito le riflessioni sulla vita eterna iniziate mercoledì scorso con la Commemorazione dei fedeli defunti.
È San Paolo, ha sottolineato il Santo Padre, a ricordarci che, prima della Buona Notizia, eravamo “senza speranza e senza Dio nel mondo” (Ef 2,12). Tali erano le civiltà dell’era pagana e precristiana e, anche oggi, in un’epoca di scristianizzazione, si rischia di ripiombare “nel vuoto e nel buio”. Eliminando Dio e Cristo dalla nostra vita, l’unica strada è quella di “un nichilismo spesso inconsapevole che contagia purtroppo tanti giovani”, ha osservato Benedetto XVI.
Il Papa ha poi commentato il Vangelo di oggi, quello delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt 25,1-13). La metafora dell’olio da portare al banchetto nuziale è, come già notarono Sant’Agostino e altri autori antichi, “un simbolo dell’amore, che non si può comprare, ma si riceve come dono, si conserva nell’intimo e si pratica nelle opere”.
“Chi crede in Dio-Amore porta in sé una speranza invincibile, come una lampada con cui attraversare la notte oltre la morte, e giungere alla grande festa della vita”, ha aggiunto il Papa.
Subito dopo la recita dell’Angelus, il Santo Padre ha richiamato l’attenzione sui “tragici episodi che si sono verificati nei giorni scorsi in Nigeria”, pregando per le vittime e auspicando la fine di ogni violenza.
Un’ultima preghiera Benedetto XVI l’ha rivolta alle vittime dell’alluvione di Genova. “La Madonna della Guardia sostenga la cara popolazione genovese nell’impegno solidale per superare la prova”, ha concluso il Pontefice.