La carità non è fare proselitismo, è professare la fede

L’Arcivescovo Chaput sull’identità dell’azione sociale cattolica

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DENVER, lunedì, 27 giugno 2011 (ZENIT.org).- Mentre il Vaticano richiama l’organizzazione caritativa internazionale della Chiesa, Caritas Internationalis, a un’identità cattolica più profonda e visibile, alcuni hanno suggerito che i leader ecclesiali stiano indicando che l’azione sociale – se porta il titolo “cattolica” – deve essere imbevuta di proselitismo.

Non è così, ha affermato l’Arcivescovo Charles Chaput di Denver (Stati Uniti), rivolgendosi martedì  a un incontro della Catholic Social Workers National Association.

Anche se il presule 66enne ha iniziato il suo discorso con una chiara affermazione dell’identità cattolica, ha sottolineato che questa identità non ha nulla a che fare con il forzare la fede tra i bisognosi.

“Tutto nel ministero sociale cattolico inizia e finisce con Gesù Cristo”, ha affermato. “Se non è così, non è cattolico. E se la nostra azione sociale non è profondamente, fiduciosamente ed esplicitamente cattolica nella sua identità, allora dovremmo smettere di usare la parola ‘cattolica’. E’ semplice”.

L’Arcivescovo ha indicato che la carità cristiana è sempre un atto materiale e religioso.

“Per essere autentica carità cristiana deve essere libera e motivata dal condividere l’amore di Dio con gli altri, oltre ad offrire aiuti materiali”, ha sottolineato.

“La carità cristiana non richiede che facciamo proselitismo, che parliamo ad alta voce del nostro amore per Gesù Cristo e del suo amore per noi, in ogni circostanza”, ha osservato.

“A volte, per prudenza, non è saggio farlo. E la verità cristiana, anche quando professata apertamente, non dovrebbe mai essere offerta in modo coercitivo”.

“Dove sia possibile e fruttuoso”, ha aggiunto, “gli atti di carità cristiana dovrebbero testimoniare chiaramente la nostra fede cattolica e il nostro amore per Gesù Cristo”.

“Ogni ministero sociale cattolico, oltre a fornire aiuti materiali, dovrebbe permettere la possibilità di professare verbalmente il Vangelo, per quanto permette la prudenza”.

Ad ogni modo, ha segnalato, “nessun operatore caritativo cattolico dovrebbe mai impegnarsi nel proselitismo coercitivo. Deve sempre incarnare il rispetto per la libertà dell’individuo ed essere guidato da umiltà e senso comune”.

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ZENIT Staff

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