Nigeria: la setta islamica Boko Haram colpisce la capitale Abuja

Il gruppo ha devastato ultimamente anche la Cattedrale cattolica di Maiduguri

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di Paul De Maeyer

ROMA, domenica, 19 giugno 2011 (ZENIT.org).- In visita al capoluogo dello Stato di Borno, Maiduguri (o Yerwa), ritenuto la roccaforte della setta islamista Boko Haram, l’ispettore generale della polizia nigeriana, Hafiz Ringim, aveva promesso martedì 14 giugno che i giorni degli estremisti erano “contati” (The Daily Trust, 15 giugno). Ma la risposta dei fondamentalisti non si è fatta attendere. Una potente autobomba è esplosa infatti nella mattinata di giovedì 16 giugno nel parcheggio della sede del quartier generale delle forze di polizia federali – la Louis Edet House – nel cuore residenziale della capitale Abuja, il distretto di Asokoro, che ospita fra l’altro il palazzo presidenziale.

Un primo bilancio dell’attacco parlava di due vittime, l’autista della macchina e una guardia addetta alla sicurezza del complesso, ma secondo fonti sanitarie il numero è ben più alto. Come ha riferito il quotidiano The Daily Champion (17 giugno), le salme di oltre dieci persone rimaste uccise nello scoppio del veicolo imbottito di esplosivi sono state depositate nell’obitorio dell’Asokoro General Hospital.

Che Ringim fosse l’obiettivo dell’attentato lo conferma un comunicato della setta. Nel testo, il gruppo anti-occidentale e fondamentalista – Boko Haram significa in lingua haussa “l’educazione occidentale è illecita” – non solo ha rivendicato l’attacco, ma ha anche espresso dispiacere per aver fallito nel suo tentativo di uccidere il capo della polizia. “Peccato che non abbiamo potuto raggiungere il nostro obiettivo, perché il nostro bersaglio era l’ispettore generale della polizia Hafiz Ringim”, spiega il comunicato (Agence France-Presse, 17 giugno). Ma lo ha mancato di pochissimo. Secondo quanto riferito dalla BBC (17 giugno), la macchina usata nell’attentato ha seguito da vicino quella di Ringim fino alla Louis Edet House. Il veicolo è poi saltato in aria nel parcheggio dell’edificio, quando stava per essere sottoposto a un controllo di routine, meno di due minuti dopo l’arrivo del capo della polizia.

Lo stesso comunicato suggerisce inoltre che si è trattato di un attacco kamikaze. Il testo parla infatti di un “mujahid” (combattente) e “martire”, che “ha sacrificato la sua vita per amore di Allah” (Reuters, 17 giugno). Come se non bastasse, in un volantino distribuito ai giornalisti il giorno successivo alla visita di Ringim a Maiduguri, l’organizzazione, che preferisce chiamarsi Jama’atu Ahlis Sunna Lidda’awati Wal-Jihad (Popolo devoto agli insegnamenti del Profeta per la propagazione della guerra santa), ha annunciato il ritorno di alcuni dei suoi membri dalla Somalia, dove hanno ricevuto un addestramento dai miliziani del temuto movimento islamista di Al-Shabaab (La gioventù). Gli esperti non escludono del resto che i “talebani nigeriani” (come i combattenti o seguaci di Boko Haram vengono anche chiamati) stiano ricevendo l’appoggio di un’altra organizzazione estremista attiva sul suolo africano, Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI).

Questi ultimi elementi aprono uno scenario particolarmente inquietante per il più popoloso Paese africano, già regolarmente scosso da pesanti scontri di carattere etnico-religioso. L’attentato sferrato giovedì ad Abuja contro la struttura centrale delle forze di polizia federali, infatti, non solo è stato il primo attacco suicida in Nigeria, ma dimostra che il gruppo fondamentalista, che le autorità pensavano di aver schiacciato nel sangue una volta per tutte nell’estate 2009, è ben vivo. Anzi, ha acquisito la capacità di estendere la sua attività terroristica ben oltre i confini dello Stato di Borno e di colpire obiettivi strategici e di alto valore simbolico quasi ovunque, anche nel cuore della capitale. Come ricorda l’Associated Press (18 giugno), Maiduguri dista quasi 900 chilometri da Abuja.

Mentre il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha dichiarato che ormai “nessun Paese è esente” da attentati terroristici e un portavoce della polizia, Yemi Ajayi, ha ribadito che “non lasceremo nulla d’intentato” per ritrovare e punire i colpevoli (AFP), rimane il fatto che nelle ultime settimane – specialmente dopo l’insediamento di Jonathan il 29 maggio scorso – la Nigeria ha visto aumentare gli attacchi terroristici di matrice islamista, anche contro obiettivi cristiani. Come ricordato dal Daily Trust (17 giugno), solo poche ore dopo l’attentato suicida di Abuja un ordigno è esploso nei pressi di una chiesa protestante a Damboa, nello Stato di Borno, un’ottantina di chilometri a sud-ovest di Maiduguri. La deflagrazione della bomba, depositata accanto alla Eklisiyyar Yan Uwa a Nigeria (EYN), ha ucciso quattro bambini ferendone altri due. Sempre a Damboa, sconosciuti avevano incendiato il 27 maggio scorso anche una chiesa cattolica.

Un tempio cattolico particolarmente preso di mira dagli estremisti di Boko Haram è la Cattedrale del capoluogo dello Stato di Borno. L’edificio, dedicato a San Patrizio, è stato nelle ultime settimane due volte obiettivo di attentati dinamitardi. Il primo è stato perpetrato il giorno della solennità dell’Ascensione, giovedì 2 giugno, quando una bomba collocata accanto alla ringhiera della Cattedrale ha causato gravi danni al complesso, che ospita anche il Segretariato della Diocesi di Maiduguri, il cui territorio si estende su due Stati e mezzo nell’estremo nord-est del Paese. Ad appena cinque giorni dal primo attentato, il 7 giugno, è scoppiato un ordigno più potente, nascosto in un’automobile parcheggiata in strada accanto alla ringhiera dell’edificio, ma dalla parte opposta rispetto al primo scoppio.

“Questa volta la deflagrazione – ha raccontato a Fides (8 giugno) il Vescovo di Maiduguri, monsignor Oliver Dashe Doeme – è stata devastante. I sacerdoti presenti sono stati scaraventati a terra. Il tetto del Segretariato è crollato, mentre tutte le porte e le finestre sono state divelte. I danni sono notevoli, al punto che occorre ricostruire gli uffici del Segretariato e la casa del parroco”. Lo stesso giorno, gli estremisti hanno attaccato anche due stazioni di polizia, provocando in totale 11 vittime.

Gli estremisti di Boko Haram non esitano d’altronde a eliminare anche esponenti musulmani moderati, che disapprovano il ricorso alla violenza da parte della setta. Il 13 marzo scorso era stato ucciso, sempre a Maiduguri, l’imam Ibrahim Ahmed Abdullahi, che in diverse occasioni aveva denunciato l’estremismo e la violenza settaria. Nel 2009 aveva chiesto alle autorità di porre fine all’attività del gruppo fondamentalista.

Sull’attentato di Abuja si è espresso l’Arcivescovo della capitale, monsignor John Olorunfemi Onaiyekan. “E’ uno sviluppo molto preoccupante, perché è la prima volta nella storia della Nigeria che viene compiuto un attentato suicida al quale è seguita quasi subito la rivendicazione da parte degli attentatori”, ha detto all’agenzia Fides (17 giugno). “I nigeriani si aspettano che il Governo faccia il proprio dovere di garantire la sicurezza del Paese nei confronti di un gruppo che si è schierato contro tutto il sistema di polizia della Nazione”, ha spiegato il presule, che non nasconde il suo stupore per la facilità con la quale l’autobomba è stata introdotta nel parcheggio della Louis Edet House. “Come è stato possibile? Questo dimostra che occorre un’inchiesta approfondita all’interno del sistema di sicurezza”, ha dichiarato.  

“Gli estremisti sono una sfida per tutti i nigeriani e specialmente per la comunità islamica nigeriana. Nessun musulmano può continuare ad affermare che il terrorismo non ha nulla a che fare con l’islam”, ha continuato l’Arcivescovo, che si è rivolto alle autorità chiedendo di accelerare e rafforzare la lotta contro la povertà, la disoccupazione e la mancanza di strutture.

“Diversi nigeriani stanno perdendo la pazienza e sono tentati di ricorrere alla violenza”, ha avvertito monsignor Onaiyekan, ben consapevole che le chiese “sono un bersaglio molto facile: sono edifici ben visibili e non protetti”. Comunque – ha voluto ribadire – “non schieriamo soldati armati i
ntorno alle nostre chiese, che sono invece luoghi di culto aperti a tutti”.

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ZENIT Staff

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