ROMA, domenica, 19 giugno 2011 (ZENIT.org).- Negli Stati Uniti il professor Dharmendra K. Mauryaha scoperto il ruolo delle staminali del cordone ombelicale nella lotta contro l’adenocarcinoma del polmone con la sua sperimentazione portata a termine insieme ai colleghi del Department of Anatomy & Physiology, presso la Kansas State University, e del College of Veterinary Medicine, a Manhattan, in Kansas (USA).E’ stata pubblicata il 28 ottobre 2010 su BMC Cancer.
Le neoplasie del polmone permangono la principale causa di morte collegata al cancro, nonostante i continui sforzi per trovare terapie efficaci ed il miglioramento nelle tecniche operatorie e di diagnosi, con una mortalità che si avvicina all’80% e lo supera nei Paesi meno avanzati da un punto di vista medico.
The American Cancer Society valuta che 214.000 persone ogni anno si ammalino di tumore ai polmoni, solo negli Stati Uniti, e che 159.000 muoiano a causa di esso. Mentre negli uomini la sua incidenza sta diminuendo, nelle donne è in continua crescita, a causa del fumo. Nel mondo i nuovi casi si avvicinano a 5 milioni e i decessi superano i 4.000.000 all’anno.
Dal 2008 sono state pubblicate, nel giro di pochi mesi, alcune ricerche che attestano l’azione positiva delle staminali cordonali su diversi tumori, come quelli del pancreas, bronchi e seno, oltre alle leucemie, linfomi, gliomi e molti altri, per cui sono utilizzate da tempo. Inoltre, si è dimostrato che possono trasportare farmaci proteici nei siti di neoplasie o infiammazioni.
Le staminali del cordone ombelicale potrebbero essere più utili di altre cellule staminali per la terapia del cancro, perché sono facili da ottenere dopo il parto, si possono espandere in grande quantità e non pongono problemi etici. Risultano trapiantabili su pazienti umani senza una completa corrispondenza genetica, in quanto è improbabile che inducano una risposta immunitaria acuta.
Lo scopo di questo studio del professor Maurya è di stabilire l’efficacia dell’effetto anti-tumorale delle cellule staminali del cordone ombelicale sull’adenocarcinoma polmonare in un modello murino. Sorprendentemente la sperimentazione indica che esse hanno dimostrato un forte effetto anti-tumorale sul carcinoma del polmone senza alcun segno di rigetto del trapianto.
Le staminali cordonali sono fatte crescere in una coltura conepidermal growth factor (EGF) e platelet derived growth factor-BB (PDGF-BB)
La coltura diretta di staminali cordonali insieme alle cellule LLC inibisce in modo significativo la proliferazione dipendente dall’ ancoraggio di queste ultime, determinandone la riduzione sia per numero, che per dimensioni. Ciò è dimostrato sia dal saggio MTT che dall’uptake della timidina, che dimostra la netta diminuzione della sintesi di DNA. Ciò avviene anche con un numero di staminali mesenchimali del cordone ombelicale relativamente basso, quando il rapporto è 1:6.
In aggiunta a questo studio, in cui i due tipi cellulari sono direttamente a contatto l’uno con l’altro, gli scienziati della Kansas State University ne hanno portato a termine uno su una co-coltura indiretta, usando il sistema Transwell. Le cellule del carcinoma polmonare di Lewis sono poste in coltura su dischi nel fondo del pozzo, mentre le staminali cordonali in piatti su tasselli di sostegno, più in alto, separati da un setto con micropori molto piccoli, non attraversabili da una cellula. Anche in questo caso vi è una riduzione del numero di cellule LLC dose-dipendente. Questo risultato suggerisce la riduzione della crescita tumorale sia mediata da molecole diffusibili prodotte dalle staminali mesenchimali del cordone ombelicale murino.
Poiché la crescita indipendente dall’ancoraggio è ciò che caratterizza la genesi tumorale, i ricercatori eseguono un saggio con soft agar, per valutare l’effetto delle staminali cordonali sulla crescita delle colonie di cellule LLC. Questo test è un modello in vitro, che imita lo xenotrapianto in vivo. I risultati mostrano che il numero e le dimensioni delle colonie nel soft agar sono significativamente diminuiti. Considerando che le cellule del carcinoma polmonare di Lewis sono separate da uno strato di agar solido e, quindi, i due tipi cellulari non sono in contatto fisicamente tra di loro, il saggio delle colonie risulta un’ulteriore prova che l’inibizione della crescita sia mediata da molecole prodotte dalle staminali cordonali, che diffondono verso le cellule LLC. Questo risultato si accorda bene con i precedenti studi del laboratorio del professor Maurya, presso la Kansas State University, in cui le staminali cordonali hanno diminuito la crescita delle cellule del carcinoma mammario nei ratti, probabilmente per mezzo di molecole diffusibili.
Le cellule tumorali sono bloccate nel loro ciclo cellulare, non potendo passare dalla fase G0, di quiescenza, con bassa attività enzimatica e senza duplicazione del DNA o sintesi proteica, oppure da quella G1, alla fase S. Infatti aumenta la popolazione G1/G0, mentre decresce quella in fase S, come attesta la diminuzione delle proteine espressione dei livelli di ciclina A e di CDK2 (la chinasi dipendente dalla ciclina), ma non la ciclina E.
Il cancro è indotto tramite l’iniezione di cellule del carcinoma polmonare di Lewis (LLC) nella vena della coda. Le staminali mesenchimali del cordone ombelicale sono somministrate per via intra-tracheale cinque giorni dopo oppure per infusione endovenosa al giorno 5 e 7.
Infuse con una endovenosa, le staminali mesenchimali del cordone ombelicale riducono in modo consistente la massa neoplastica; ma un risultato ancora più sorprende si ottiene trapiantandole per via intra-tracheale: una singola somministrazione, 5 giorni dopo l’infusione delle cellule LLC, inibisce quasi completamente la crescita neoplastica.
Questa sperimentazione in vivo mostra una netta diminuzione del peso del tumore e della sua area totale. Le staminali cordonali sopravvivono almeno tre settimane nella zona dell’adenocarcinoma o nelle sue vicinanze, senza segni di differenziazione o effetti collaterali.
Inoltre, rispetto ai controlli, sono il doppio le aree con cellule dell’ adenocarcinoma in apoptosi, una forma di morte cellulare programmata, la cui inibizione può essere una delle cause delle neoplasie. Tutto ciò induce ad ipotizzare un coinvolgimento nell’azione antitumorale dei geni associati alla regolazione del ciclo cellulare e all’apoptosi. Tuttavia non è da escludere l’ influenza di altri meccanismi in vivo, quali la stimolazione del sistema immunitario dell’ospite.
La capacità delle staminali di dirigersi verso un obiettivo era stata precedentemente sfruttata per il trasporto di farmaci o per raggiungere dei geni specifici. Questa proprietà, per quanto riguarda neoplasie e altre aree d’ infiammazione, è ben dimostrata e sembra mediata da chemochine, secrete dai tumori o dal tessuto stromale ad essi associati. Potenziali chemochine potrebbero includere fattori di crescita, tra i quali i componenti della famiglia del Platelet Derived Growth Factor (PDGF)e dell’ Epidermal Growth Factor (EGF), oltre alle classiche sostanze chemiotattiche, come il CXCR4 ed il suo ligando, SDF-1. Anche nella sperimentazione di Maurya sono state individuate molte staminali del cordone ombelicale nella massa neoplastica o nelle sue adiacenze, attratte a causa di meccanismi di questo tipo.
La capacità delle staminali cordonali, non modificate geneticamente, di eliminare l’adenocarcinoma polmonare risulta ancora più importante, se si pensa che ogni manipolazione, che spinge le cellule ad esprimere un gene esogeno, potrebbe alterarle in qualche modo, rendendo potenzialmente meno sicuro il loro utilizzo per trapianti nella medicina rigenerativa.
Un passo successivo di grande valore sarà l’identificare i geni o i loro prodotti, che determinano l’azione anti-tumorale, per applicare, in un prossimo futuro, questa entusiasmante scoperta alla terapia del cancro nei pazienti. Se le staminali del cordone ombelic
ale umano risulteranno altrettanto potenti di quelle nei ratti, saranno direttamente utilizzabili contro l’adenocarcinoma negli ospedali. Ma anche se ciò non fosse del tutto confermato, gli scienziati potrebbero aumentare la citotossicità verso questa neoplasia delle staminali cordonali umane, manipolando l’espressione dei loro geni, basandosi sugli studi dei cromosomi nel modello murino.
Poiché le staminali cordonali risultano estremamente efficaci in vitro, oltre che negli esperimenti in vivo, nell’inibire la crescita delle cellule LLC, questa loro caratteristica sarebbe indipendente dallo xenotrapianto e, quindi, dalla risposta dei linfociti o delle immunoglobuline, non presenti nella coltura in vitro. A sostegno di questa tesi, l’analisi istologica non mostra l’infiltrazione di linfociti nel tessuto tumorale.
Queste fondamentali scoperte suggeriscono che le cellule staminali del cordone ombelicale potrebbero diventare la terapia vincente contro le neoplasie del polmone e portare ad importanti applicazioni in questi pazienti oncologici, come in quelli affetti da altre forme di cancro.1
Nello stesso mese è stata resa nota un altra ricerca, altrettanto entusiasmante, su staminali cordonali e tumori polmonari. Proviene dal Professor T. Matsuzuka e dalla sua equipe, anch’essi delDepartment of Anatomy & Physiology, College of Veterinary Medicine, presso la Kansas State University, a Manhattan, in Kansas (USA).
Lo studio è apparso sul numero di Ottobre 2010 della rivista scientifica Lung Cancer e si basa sull’ utilizzo molto efficace delle staminali mesenchimali del cordone ombelicale umano contro il carcinoma bronco-alveolare.
La strategia seguita è quella di trasferire geni con proprietà terapeutiche utili nelle staminali cordonali, che divengono dei veicoli cellulari per il trasporto di agenti biologici con bersagli ben precisi nelle cellule neoplastiche.2 In vivo questa tecnica permette di superare il problema della corta emivita o della forte tossicità di molti farmaci antitumorali. Tra questi l’interferone beta (INF-beta) ha dimostrato un potente effetto terapeutico contro linee cellulari di vari tipi di cancro, anche in vivo.
Lo scopo di questa sperimentazione è di determinare l’ efficacia delle staminali del cordone ombelicale umano, in cui è stato trasferito il gene che codifica per l’IFN-beta, sulle cellule del carcinoma bronco-alveolare, un sottotipo di adenocarcinoma polmonare estremamente difficile da trattare.
La coltura di un piccolo numero di queste staminali cordonali, insieme alle linee cellulari H358 e SW1573 del carcinoma bronco-alveolare, inibisce in modo significativo la crescita di ambedue i sottogruppi della neoplasia. Le componenti del medium colturale condizionano queste cellule, ma l’ inibizione è annullata dall’ aggiunta di anticorpi contro l’interferone beta.
Infine, in vivo, la somministrazione sistemica di di staminali cordonali umane, che sintetizzano IFN-beta, diminuiscono fortemente la moltiplicazione delle cellule tumorali H358 del carcinoma bronco-alveolare, innestate da un’altra specie (xenotrapianto) nei bronchi e negli alveoli di topi SCID, che hanno subito un’immuno-soppressione per mezzo dell’ ingegneria genetica. Questo risultato è ottenuto grazie all’induzione dell’ apoptosi, la morte programmata della cellula neoplastica. Tutto ciò senza i gravi effetti collaterali e le complicazioni tecniche della somministrazione, attraverso le vie tradizionali, di farmaci contro il cancro.
I fondamentali risultati del professor T. Matsuzuka indicano che si possono raggiungere importanti successi contro le neoplasie polmonari e molti altri tipi di tumori grazie alle staminali del cordone ombelicale, anche con l’aggiunta ai loro cromosomi di geni, che esprimono sostante anti-cancerogene molto potenti. Riesce, quindi, ha raggiungere risultati altrettanto positivi rispetto a quelli ottenuti, negli stessi mesi, dal suo collega della Kansas State University, Dharmendra Maurya, ma seguendo una tecnica d’ utilizzo delle staminali cordonali completamente diversa.3
Queste eccellenti ricerche sono state rese possibili dallo studio portato a termine dal Professor Raja Rachakatla, con cui hanno collaborato altri importanti scienziati del Tamura’s Lab, sempre nel Department of Anatomy & Physiology, presso laKansas State University, tra cui lo stesso Maasaki Tamura ed il Professor Weiss, autori di importanti saggi sulle staminali cordonali. Nel numero dell’ Ottobre 2007 di Cancer Gene Therapy, peridico della prestigiosa rivista scientifica Nature, Rachakatla ha pubblicato un articolo, in cui, per la prima volta, ha affermato l’ importanza della terapia genica con le staminali mesenchimali del cordone ombelicale umano nella lotta contro il cancro, in particolare polmonare.
Per accertare la loro sicurezza, le ha iniettate in gran numero, sia per via endovenosa, che sottocutanea, in topi con immunodeficienza combinata severa (SCID), ed ha esaminato molti loro tessuti, alla ricerca di eventuali segni, che indicassero la formazione di neoplasie. Nei 50 giorni successi al trapianto le staminali cordonali umane non hanno formato teratomi, evidenziabili macroscopicamente o all’ esame istologico.
Successivamente, per valutare se potessero essere innestate selettivamente in tumori, trasmessi con xenotrapianti, cioè tra specie diverse, il Professor Rachakatla ha infuso cellule neoplastiche MDA 231 per via endovenosa in topi SCID. Dopo 1 o 2 settimane sono state trapiantate anche le staminali mesenchimali del cordone ombelicale umano, anch’esse per via endovenosa. Sono state individuate all’ interno oppure nelle vicinanze della neoplasia, ma non in altri tessuti.
Infine i ricercatori hanno modificato le staminali cordonali con l’ ingegneria genetica, al fine di sintetizzare l’ interferone beta umano (IFN-beta). Queste cellule sono state infuse ad intervalli multipli, per via endovenosa, in topi SCID, portatori di neoplasia MDA 231. I loro effetti sul cancro sono stati attentamente esaminati: le staminali cordonali, grazie all’ INF-beta, hanno ridotto in modo notevole le dimensioni del tumore MDA 231 nei polmoni dei topi SCID, come ha dimostrato la diminuzione del loro peso.
Questi risultati davvero innovativi hanno dimostrato la sicurezza e l’ utilità delle staminali del cordone ombelicale umano nella terapia genica delle neoplasie. Perciò possono essere adoperate per il trasporto su bersagli ben delimitati di farmaci antitumorali.4
1) Maurya DK, Doi C, Kawabata A, Pyle MM, King C, Wu Z, Troyer D, Tamura M. – Therapy with un-engineered naïve rat umbilical cord matrix stem cells markedly inhibits growth of murine lung adenocarcinoma. – BMC Cancer. 2010 Oct 28;10:590.
2) NewsRx -New lung cancer study findings reported from Kansas State University, College of Veterinary Medicine
3) Matsuzuka T, Rachakatla RS, Doi C, Maurya DK, Ohta N, Kawabata A, Pyle MM, Pickel L,Reischman J, Marini F, Troyer D, Tamura M. – Human umbilical cord matrix-derived stem cells expressing interferon-beta gene significantly attenuate bronchioloalveolar carcinoma xenografts in SCID mice – Lung Cancer. 2010 Oct;70(1):28-36.
4) Rachakatla RS, Marini F, Weiss ML, Tamura M, Troyer D – Development of human umbilical cord matrix stem cell-based gene therapy for experimental lung tumors. – Cancer Gene Ther. 2007 Oct . 14(10):828-35.
* Paolo de Lillo è dottore in Farmacia.