Le disposizioni integrative del Cæremoniale Episcoporum al Missale Romanum

Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi

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di Natale Scarpitta*

ROMA, mercoledì, 15 giugno 2011 (ZENIT.org).- All’interno della rubrica «Spirito della Liturgia», desideriamo quest’oggi focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti, riguardanti il rito della Celebrazione eucaristica, che non appaiono regolamentati nel Missale Romanum (= MR, editio typica tertia del 2008). Né le disposizioni liturgiche previste dall’Ordinamento Generale del Messale Romano (= OGMR), né le rubriche ad esso annesse descrivono infatti alcuni dettagli celebrativi che, seppur secondari, non sono del tutto irrilevanti.

È lecito perciò chiedersi se tali lacunae possano essere arbitrariamente colmate dall’estro creativo del presbitero che celebra l’Eucaristia, o vi siano piuttosto indicazioni specifiche, contenute in altre legittime fonti documentali normative, alle quali si possa ricorrere per attingere il venerando patrimonio liturgico della Chiesa. Collocandoci nel solco della Tradizione, non è difficile dare risposta al quesito. È giusto infatti presumere, come vincolanti, le disposizioni normative più dettagliate che il Cæremoniale Episcoporum (= CE, editio typica, reimpressio emendata del 2008) impartisce riguardo alla Missa stationalis, la Celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo diocesano alla presenza del suo presbiterio e degli altri ministri, con la partecipazione del popolo di Dio. Il fondamento legittimo di tale praesumptio risiede nel fatto che la Messa officiata dal Vescovo diocesano nella propria diocesi, speciale epifania della cattolicità della Chiesa particolare (cf. Sacrosanctum Concilium[= SC] n. 41), per risplendere di nobile semplicità (cf. SC n. 34) deve manifestare una peculiare esemplarità celebrativa, costituendo così un modello a cui le altre Liturgie eucaristiche che si celebrano in diocesi possano ispirarsi (cf. Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, n. 39).

Proviamo ora ad esaminare nel concreto alcune disposizioni liturgiche del rito della Messa, previste dal CE e complementari rispetto alle norme contenute nel MR. Un primo aspetto attiene all’incensazione. L’OGMR descrive l’incensazione ai nn. 276-277. Il CE aggiunge che l’incenso sia puro e di soave odore e, nel caso si aggiungesse altra materia, si abbia cura che la quantità di incenso sia di gran lunga maggiore (cf. n. 85). Il CE descrive poi altri dettagli interessanti riguardanti l’incensazione alle note 74-75 dei nn. 90-91.

Un secondo aspetto riguarda ilmodo di tenere le mani durante la Liturgia eucaristica. Il MR prescrive infatti che in certi momenti della Messa il celebrante rivolga a Dio le orazioni allargando le mani. Il CE specifica che le mani siano leggermente alzate ed allargate (cf. n. 104). In esso poi viene precisato minuziosamente che, con l’espressione «mani giunte», si intende che i palmi delle mani siano aperti e congiunti, tenuti davanti al petto, con il pollice della mano destra posto sopra il sinistro a mo’ di croce (cf. CE nota 80 al n. 107). Viene inoltre indicato che, oltre alle prescrizioni già contenute nei vari libri liturgici, il celebrante tiene le mani giunte quando, già vestito dei paramenti sacri, si avvia per celebrare la Messa; mentre prega in ginocchio; mentre si reca dall’altare alla sede, o dalla sede all’altare (cfr. CE n. 107). Così pure i concelebranti e gli altri ministri mantengono le mani giunte quando procedono o stanno in piedi, a meno che non abbiano qualcosa da portare (ibidem).

Nel Cerimoniale viene poi indicato il modo in cui il celebrante si segna e benedice. Quando si segna, egli volge verso di sé il palmo della mano destra, e con tutte le dita congiunte e distese fa il segno di croce dalla fronte al petto e dalla spalla sinistra alla destra. Quando benedice altre persone o qualche oggetto, volge il mignolo verso colui che deve essere benedetto, e benedicendo distende tutta la mano destra con tutte le dita ugualmente congiunte e distese (cf. CE nota 81 al n. 108). Inoltre, quando durante la Messa il celebrante è seduto, pone i palmi delle mani sulle ginocchia (cf. CE n. 109).

Viene poi precisato che, durante la Preghiera eucaristica, al momento dell’epiclesi prima della consacrazione, i concelebranti stendano le mani sulle offerte in modo tale che i palmi siano aperti e rivolti sopra le offerte (cf. CE nota 79 al n. 106). Al momento della consacrazione poi, proferendo le parole del Signore, essi tengono la mano destra stesa e rivolta a lato (ibidem), orientandola verso il pane e il calice (cf. CE n. 106).

Vi sono ancora altri dettagli che vengono disciplinati dal CE. Presentiamo una lista di alcuni di essi:

1) La riverenza, sotto forma di inchino profondo, viene rivolta al celebrante quando ci si accosta a lui, ce ne si allontana o gli si passa dinanzi (cf. CE n. 76).

2) Nel momento in cui il ministro ordinato proclama il Vangelo, tutti i fedeli partecipanti all’azione liturgica sono rivolti verso di lui (cf. CE n. 141).

3) Il diacono, o altro ministro, dopo che il celebrante abbia incensato le offerte, lo incensa stando al lato dell’altare (cf. CE n. 149).

4) Prima che inizi la Preghiera eucaristica, il diacono, se il calice e la pisside sono coperti, li scopre, e dall’epiclesi fino all’elevazione del calice resta in ginocchio. Inoltre, uno dei diaconi immette incenso nel turibolo e incensa l’Ostia e il Calice alle due elevazioni (cf. CE n. 155).

5) I concelebranti con il vescovo, prima della Comunione, gli si avvicinano uno dopo l’altro, genuflettono e ricevono da lui con riverenza il Corpo di Cristo. Tuttavia i concelebranti possono restare al loro posto e ricevere lì il Corpo di Cristo (cf. CE n. 163).

Si tratta solo di alcuni esempi, utili a ricordare che il Culto divino non può sottostare all’arbitrio, ma è al contrario regolato dalla Chiesa, che lo custodisce e lo celebra. L’osservanza delle norme liturgiche non è segno di legalismo e rigidità. Essa aiuta ad incarnare sempredi nuovola cattolicità della sacra Liturgia e a celebrarla «in unione con tutta la Chiesa» (Canone Romano, «Communicantes»).

[Il prossimo articolo della rubrica sarà pubblicato il 29 giugno]

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*Don Natale Scarpitta, sacerdote dell’Arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno, è dottorando in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma.

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ZENIT Staff

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