ROMA, mercoledì, 15 giugno 2011 (ZENIT.org).- Quando Dio scompare dall’orizzonte dell’uomo, quest’ultimo diventa schiavo delle ideologie e del nichilismo. E’ quanto ha detto questo mercoledì a braccio Benedetto XVI in occasione dell’Udienza generale in piazza San Pietro, riflettendo sul confronto tra il profeta Elia e i seguaci dell’idolo Baal, che si verificò nell’Israele del IX secolo a.C.
“Dove scompare Dio – ha affermato il Papa – l’uomo cade nella schiavitù di idolatrie, come hanno mostrato nel nostro tempo i regimi totalitari con la loro schiavitù di idolatrie, e come mostrano anche diverse forme del nichilismo, che rendono l’uomo dipendente da idoli, da idolatrie e lo schiavizzano”.
“L’idolatria – ha precisato Benedetto XVI – è la continua tentazione del credente che illudendosi di poter servire due padroni, tenta di servire l’Onnipotente riponendo la propria fiducia anche in un dio impotente fatto dagli uomini”.
Ai tempi di Elia, infatti, nel regno del Nord, al tempo del re Acab, Israele viveva una situazione di “aperto sincretismo”. Accanto al Signore, ha spiegato il Pontefice, “il popolo adorava Baal, l’idolo rassicurante da cui si credeva venisse il dono della pioggia e a cui perciò si attribuiva il potere di dare fertilità ai campi e vita agli uomini e al bestiame”.
Questo perché “pretendendo di seguire il Signore, Dio invisibile e misterioso, il popolo cercava sicurezza anche in un dio comprensibile e prevedibile, da cui pensava di poter ottenere fecondità e prosperità in cambio di sacrifici”.
Ecco quindi che Elia per smascherare “la stoltezza ingannevole” di chi proponeva idoli fa radunare il popolo di Israele sul Monte Carmelo davanti a un altare da lui stesso eretto e lo pone davanti alla necessità di scegliere tra il Signore e Baal.
Qui, ha osservato il Pontefice, si evidenza la realtà “ingannatoria dell’idolo”. “L’adorazione dell’idolo invece di aprire il cuore umano all’Alterità, ad una relazione liberante che permetta di uscire dallo spazio angusto del proprio egoismo per accedere a dimensioni di amore e di dono reciproco, chiude la persona nel cerchio esclusivo e disperante della ricerca di sé”.
“E l’inganno è tale che, adorando l’idolo, l’uomo si ritrova costretto ad azioni estreme, nell’illusorio tentativo di sottometterlo alla propria volontà”, ha evidenziato.
Diverso, invece, l’atteggiamento di preghiera di Elia che chiede al popolo di avvicinarsi, di essere partecipe dell’azione di Dio: “Lo scopo della sfida da lui rivolta ai profeti di Baal era di riportare a Dio il popolo che si era smarrito seguendo gli idoli; perciò egli vuole che Israele si unisca a lui, diventando partecipe e protagonista della sua preghiera e di quanto sta avvenendo”.
Elia prega, dunque, che Israele sia rimesso davanti alla propria verità e faccia la scelta di seguire solo Dio. Un richiamo, quello di Elia, che conserva ancora intatta tutta la sua attualità perché “all’assoluto di Dio, il credente deve rispondere con un amore assoluto, totale, che impegni tutta la sua vita, le sue forze, il suo cuore. Ed è proprio per il cuore del suo popolo che il profeta con la sua preghiera sta implorando conversione”.
“La vera adorazione di Dio – ha concluso il Papa – è dare se stesso a Dio e agli uomini; la vera adorazione è l’amore”, un’adorazione che “non distrugge, ma rinnova, trasforma”.