I cristiani iracheni sfiduciati per la violenza contro di loro

Credono che “non ci sia futuro” nel loro Paese

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ROMA, lunedì, 13 giugno 2011 (ZENIT.org).- L’assassinio di un cristiano ortodosso padre di quattro figli avvenuto il 31 maggio a Mosul ha aumentato il senso di pessimismo tra i cristiani sulla prospettiva di un futuro di pace in Iraq.

L’Arcivescovo caldeo Bashar Warda di Erbil, nel nord curdo del Paese, ha condiviso le sue impressioni in un’intervista rilasciata all’associazione caritativa cattolica internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), che assiste i cristiani perseguitati e sofferenti.

Il presule ha riferito che lo shock dell’assassinio ha portato alcuni suoi fedeli a sentire che “non c’è futuro” per loro nel Paese d’origine, e che tuttavia è pericoloso anche andare nei Paesi vicini a causa del conflitto politico che vivono.

Arakan Yacob è l’ultima vittima di una serie di attacchi contro i cristiani in Iraq. Era stato bersaglio di due precedenti tentativi di rapimento, e la terza volta i malviventi sono riusciti nel loro intento, prendendolo in ostaggio. Tre settimane prima, un altro giovane cristiano, il 29enne Ashur Yacob Issa, era stato rapito e poi assassinato dopo che la sua famiglia non era riuscita a pagare il riscatto di più di 100.000 dollari richiesto dai rapitori.

L’Arcivescovo Warda ha riferito che dal 2002 oltre 570 cristiani sono stati uccisi in episodi di violenza a base religiosa o politica. Tra il 2006 e il 2010, 17 sacerdoti iracheni e due Vescovi sono stati rapiti e picchiati o torturati dai loro sequestratori. Tra loro, un Vescovo, quattro sacerdoti e tre suddiaconi sono stati assassinati.

Anche se molti vogliono emigrare, i Paesi che confinano con l’Iraq – la Siria e la Turchia – stanno vivendo essi stessi situazioni di incertezza e crisi. “Anche la situazione nella confinante Turchia non è così buona”, ha detto l’Arcivescovo, “e con quello che sta avvenendo in Siria una famiglia che pensa all’emigrazione ha un ventaglio di scelte limitato”.

Sia la Turchia che la Siria hanno già assorbito varie migliaia di rifugiati cristiani dal 2003, quando il rovesciamento del regime di Saddam Hussein ha visto un’escalation di violenza religiosa.

L’Arcivescovo ha affermato che la morte di Yacob ha provocato una profonda ondata di pessimismo tra i fedeli, ma rifiuta di abbattersi. “Il messaggio di speranza è sempre lì, la vita deve andare avanti”, ha dichiarato.

Il presule ha più volte portato il messaggio della sofferenza del suo popolo in tutto il mondo. Di recente si è recato nel Regno Unito e in Irlanda per lanciare il rapporto di ACS sui cristiani perseguitati. In quell’occasione ha affermato che, in base alle statistiche, dagli anni Ottanta i cristiani in Iraq sono passati da 1,4 milioni a circa 150.000.

ACS sostiene la posizione dell’Arcivescovo Warda a favore dei cristiani iracheni, fornendo aiuti d’emergenza ai rifugiati in Iraq, Giordania e Turchia, cibo per gli sfollati cristiani nel nord iracheno e sovvenzioni per i sacerdoti poveri e perseguitati, le suore e i seminaristi.

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ZENIT Staff

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