Gli immigrati iscritti all'Inps danno più di quanto ricevono

Presentato a Roma il IV Rapporto sui lavoratori di origine immigrata

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ROMA, lunedì, 13 giugno 2011 (ZENIT.org).- In Italia sono 2,7 milioni gli stranieri che versano contributi all’Inps (Istituto Nazionale di Previdenza Sociale), vale a dire quasi il 13 per cento del totale, dimostrando così una regolarità nel lavoro come fattore di integrazione. Lo indica il “IV Rapporto sui lavoratori di origine immigrata” presentato il 9 giugno a Roma, basato su dati Inps ed elaborato dalla Caritas Migrantes.

I dati aggiornati al 2007 indicano che le proiezione delle cifre coincidono con la realtà dei fatti. Inoltre indicano che gli immigrati in Italia versano contributi mentre pochi di loro riscuotono pensioni, ance se corrono il pericolo di ricadere nell’illegalità dovuto a permessi di soggiorno in attesa di occupazione troppo corti. 

Tra i relatori il vicedirettore della Caritas, Franceso Marsico; e diversi operatori: per il Dossier Statistico Immigrazione, Maria Paola Nanni; dell’Inps Angela Fucilitti; della Coldiretti, Romano Magrin; per concludere con il direttore Inps, Mauro Nori. Tutto moderato dal coordinatore del dossier, Franco Pittau. 

Il vicedirettore della Caritas Marsico ha indicato che il dossier presenta un mosaico sui lavoratori di origine immigrata che tocca argomenti come la crisi economica, il welfare, i livelli retributivi, le pensioni. Insomma, “una serie di dati per analizzare a mente fredda l’immigrazione” e per capire che non si tratta di “un fenomeno pericoloso e astratto”. 

Marsico ha precisato che i dati sono un antidoto “contro le paure irrazionali che questo tema scatena” dando concretezza a “qualsiasi strumentalizzazione”. Questo perché “i dati dimostrano come gli immigrati sono persone che vivono e lavorano e si stanno integrando”, quindi il dossier si rivela “uno strumento per risolvere i problemi concreti”. 

Marsico ha poi sottolineato che “l’immigrazione ha bisogno non di un approccio ideologico strumentale ma di una capacità di leggere il fenomeno, dando soluzioni concrete a problemi concreti”. Ha quindi ricordato il recente discorso del presidente Giorgio Napolitano che ha affermato: “occorre reagire con forza, moralmente e politicamente all’indifferenza  e all’assuefazione”; prima di concludere che l’Italia “è un grande paese, orgoglioso della sua storia e di sentirsi capace di vincere questa sfida con lungimiranza”. 

A ZENIT il numero due della Caritas ha precisato che “l’immigrazione è un fenomeno pluriennale che ha ormai una sua normalità e permanenza e il lavoro è lo strumento principale per farlo diventare normalità, quindi un fenomeno da non temere”. 

Ha poi precisato che all’interno del fenomeno dell’immigrazione ci sono diversi livelli,  “da una situazione come quella di Lampedusa, di migrazione collegata al sistema Sud dell’Europa o di paesi caratterizzati da guerra o precarietà, che richiedono una risposta, anche se questa non è il grosso della immigrazione”; a una immigrazione più recente che richiede “luoghi di stabilizzazione che possano rappresentare dei primi approcci e quindi tutto quello che può essere un primo momento di accompagnamento”. 

“Il vero nodo – ha però osservato – è quello delle persone che sono stabilmente nel nostro paese, e non soltanto i fratelli battezzati ma tutte le comunità immigrate”. Per loro “le comunità parrocchiali possono rappresentare luoghi in cui trovare una forma di integrazione umana e relazionale e quindi le parrocchie devono interrogarsi su quali strumenti o strategie mettere in pratica”. 

“Un cristiano – ha concluso – non può non accogliere. Paolo ci ricorda che le differenze culturali, etniche e linguistiche non sono mai un ostacolo per il cristiano. Se festeggiamo la Pentecoste, una diffusione dello Spirito che va al di là della provenienza e della carne, l’immigrato non è una persona da accogliere ideologicamente, ma direi da accogliere umanamente e cristianamente. La grande domanda è con quanta coerenza riusciamo a fare tutto questo. Una domanda aperta e non di approccio ideologico”. 

Da parte sua una delle responsabili del Dossier Statistico, Maria Paola Nanni, ha precisato che i risultati confermano i modelli consolidati negli anni precedenti e quindi la proiezione per il futuro. Secondo i dati presentati sono quindi 2,7 milioni gli stranieri assicurati all’Inps. Il settore dove sono più impiegati è quello domestico, con il 77,5 per cento del totale degli operatori, mentre quello agricolo occupa oltre il 22 per cento del totale, e quello della costruzione un quarto dei lavoratori. 

“L’apporto degli immigrati è strutturalmente necessario per la tenuta del settore agricolo”, ha precisato. “Mentre si registra un aumento della richiesta per i lavori domestici, in particolare di badanti in un Paese dove il ricambio generazionale è insufficiente e si delinea uno scenario preoccupante dinanzi all’invecchiamento della popolazione”. Intanto questo settore che negli ultimi undici anni ha registrato una crescita occupazionale del 330 per cento, è uno degli ambiti più precari e a rischio di marginalizzazione sociale, con forte rischio lavoro nero e grigio e “quindi richiede politiche che diano migliori condizioni di ingaggio”. 

Qui si registra una maggiore vulnerabilità dei lavoratori stranieri in caso di disoccupazione, ha aggiunto, soprattutto perché formate da famiglie monoreddito e con una retribuzione media di circa mille euro al mese, e quindi inferiore di quasi il 40 per cento rispetto a quella degli italiani.  

Interessante anche l’intervento della rappresentante dell’ufficio legislativo dell’Inps, Angela Fucilitti, che ha indicato come il 75 per cento dei lavoratori di origine straniera abbia un lavoro.

Il punto però è che tra gli occupati il 70 per cento ha registrato un periodo in media di 10 mesi di disoccupazione. Questo è un problema per quanto riguarda il rinnovo del permesso di soggiorno, mentre quello concesso “in attesa di occupazione” risulta insufficiente. 

A questo proposito, la Fucilitti ha proposto di allargare il margine di tempo per consentire il rinnovo del permesso di soggiorno senza passare alla clandestinità ed ha ricordato che esiste un disegno di legge governavo del marzo scorso che prevede la modifica al testo unico sull’immigrazione. Un dato in questo senso è che un terzo degli stranieri attualmente irregolari in precedenza si trovava nella legalità.

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ZENIT Staff

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