Le staminali del cordone ombelicale per le valvole cardiache

di Paolo De Lillo*

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ROMA, domenica, 12 giugno 2011 (ZENIT.org).-Secondo l’ampio studio pubblicato nel 2011 da Ira S. Cohen, Professoressa di Fisiologia e Biofisica alla Stony Brook University, nello stato di New York, e Glenn R. Gaudette,Professore di Ingegneria Biomedica al WPI,Worcester Polytechnic Institute nel Massachusetts (USA)le cellule derivate dalle staminali del cordone ombelicale offrono un’utile piattaforma, per ottenere la rigenerazione dei tessuti del cuore; tra questi negli ultimi anni gli scienziati hanno realizzato valvole cardiache, per sostituire quelle danneggiate nei bambini con malattie congenite, come in anziani con insufficienza cardiaca. Le staminali cordonali hanno un alto grado di trapiantabilità, una favorevole immunotolleranza ed un numero molto ridotto di casi di rigetto “graft versus host disease”, rispetto agli innesti con staminali del midollo osseo. Possono essere espanse in vitro, conservate per lunghi periodi di tempo e differenziarsi in specifici tipi cellulari, derivati da tutti i tre foglietti embrionali. Queste dinamiche staminali possono così generare molte linee cellulari, con brevissimi tempi d’ attesa e elevati livelli di sicurezza, che mancano ad altre, come le IPS o le embrionali, fortemente cancerogene per mutazioni, soprattutto nel cromosoma 12.

Per le patologie delle valvole cardiache in stato avanzato il trattamento più comune è la sostituzione chirurgica di quelle disfunzionali con altre artificiali o con bio-protesi. Le prime mostrano un eccellente durata strutturale; tuttavia, attualmente, il loro uso clinico presenta delle limitazioni sostanziali. Queste includono la mancanza delle capacità di crescita, di riparazione e di rimodellamento, una volta che esse siano state impiantate nell’organismo. Inoltre le strutture  meccaniche  sarebbero  suscettibili  ad  eventi  tromboembolici,  a  causa dell’elevato “sforzo di taglio”, di profili di flusso non fisiologici e dell’alterazione del sangue.

In questi pazienti è indispensabile una terapia a vita con anticoagulanti, determinando un importante rischio di emorragie ed embolie, senza contare le complicazioni infettive o meccaniche. D’altro canto, le bio-protesi di origine animale o umana  hanno una maggiore tendenza alla degenerazione strutturale dopo 15 anni. Per questo motivo sono destinate a persone sopra i 65 anni, nonostante siano le più simili alle valvole cardiache originarie e con bassi rischi di infezioni o trombosi. In aggiunta, va considerata la scarsità dei donatori, che ne limita un più ampio uso.

L’ingegneria tissutale, anche con le staminali del cordone ombelicale, rappresenta un campo di ricerca emergente, caratterizzato dalla possibilità di superare queste limitazioni, creando valvole autologhe di materiale vivente,  che   prevengano la  risposta   immunitaria, l’attivazione della coagulazione e la degenerazione valvolare, da un lato, e permettano la crescita, il rimodellamento e la riparazione per tutta la durata della vita del paziente, dall’altro.[1]

Sul ruolo delle cellule endoteliali derivate dal cordone ombelicale è stato realizzato uno studio dal Dottor Philipp Schaefermeier e dalla sua equipe del Department of Cardiac Surgery, Laboratory for Tissue Engineering and Cell Transplantation, presso lo University Hospital della Ludwig-Maximilians-University, a Monaco (Germania). E’ stato pubblicato nel numero di Gennaio-Febbraio 2009 sulla rivista scientifica ASAIO Journal: American Society for Artificial Internal Organs.

Schaefermeier ribadisce i difetti delle vecchie tecniche terapeutiche per le valvole cardiaca, in particolare per i pazienti pediatrici. Quelle legate alla medicina rigenerativa, invece, comportano l’utilizzo di polimeri biodegradabili, ricoperti di mio-fibroblasti autologhi e cellule endoteliali.

Ci si aspetterebbero differenze sostanziali, per morfologia e markers genetici, tra le cellule endoteliali ottenute dalla vena safena, quelle derivate dal cordone ombelicale e le cellule interstiziali o endoteliali delle valvole polmonari, che si è progettato di sostituire. Invece lo scienziato tedesco ha verificato la notevole somiglianza in vitro delle diverse cellule endoteliali, indipendentemente dall’ origine. Invece i mio-fibroblasti differiscono dalle cellule interstiziali delle valvole polmonari, per le caratteristiche del collagene e dell’ alpha-actina del muscolo liscio, a seconda della fonte di provenienza.

In base ha questi risultati può concludere che le cellule endoteliali derivate dal cordone ombelicale, come quelle della safena, sarebbero sorgenti possibili di cellule per l’ ingegneria tissutale delle valvole cardiache.[2]

E’ stato dimostrato che la presenza di endotelio sulla superficie interna cardiovascolare riduce in modo significativo il rischio sia di coagulazione, che di complicazioni infiammatorie.

Recenti studi indicano anche uno specifico ruolo delle cellule endoteliali nella regolazione delle proprietà meccaniche delle cuspidi valvolari. Per questo motivo, nell’ ingegneria tissutale, vengono ricoperte da uno strato di cellule endoteliali autologhe, che funziona da rivestimento anti-trombotico. Tuttavia queste si possono prelevare dal paziente in piccole quantità  e  con  metodi  cruenti;  il  loro  tasso  di  espansione  è  molto  basso  e  presentano un’espressione fenotipica estremamente diversa, a seconda del tessuto da cui vengano ricavate; fatto che può interferire con loro importanti funzioni.

Per questi motivi un’alternativa interessante è stata individuata nell’utilizzo delle cellule progenitrici endoteliali; in particolare quelle derivate dalle staminali del cordone ombelicale. La prima a seguire la strada dell’ utilizzo delle staminali cordonali, come unica fonte di cellule progenitrici, per ricostruire i foglietti delle valvole cardiache, è stata la professoressa Dörthe Schmidt. Nel Dicembre 2004, insieme al suo team del Department of Surgical Research and Clinic for Cardiovascular Surgery, presso lo University Hospital, a Zurigo (Svizzera), ha pubblicato un primo studio riguardante questo argomento  sulla rivista scientifica The Annals of Thoracic Surgery, in cui cercava di superare la fondamentale limitazione nella chirurgia cardiaca, dovuta alla mancanza di appropriati materiali, per riparare i difetti di questo organo, come quelli valvolari.

Al fine di affrontare questi difetti, era convinta che la medicina rigenerativa  fosse un campo scientifico in grado di aiutare la fabbricazione in vitro di innesti autologhi, costituiti da materiale vivente con le caratteristiche di accrescersi, auto-ripararsi e rigenerarsi. Si è concentrata sull’ utilizzo di un’ ingegneria tissutale vascolare, che si basava sulle cellule progenitrici, ottenute dalle staminali del cordone ombelicale.

Esse erano isolate da 20 ml di sangue del cordone ombelicale, per mezzo della centrifugazione a gradiente Ficoll, e poste in coltura in un medium basale endoteliale, arricchito con fattori di crescita. Dopo la proliferazione e la differenziazione, le progenitrici venivano seminate in scaffolds vascolari biodegradabili tridimensionali. 24 ore dopo erano trasferite in un sistema “pulse-duplicator” in vitro e lasciate crescere per 48 ore in condizioni biomimetiche. Un secondo gruppo si era sviluppato in modo statico per sei giorni ed, imitando le condizioni biologiche, per i successivi sei.

Prima della semina le progenitrici differenziate, derivate dalle staminali cordonali, manifestavano un fenotipo endoteliale, che includeva markers quali le lipoproteine a bassa densità acetilate, un “cluster” di differenziazione 31, il fattore di von Willebrand e la ossido nitrico sintetasi endoteliale. Dopo l’ aggiunta agli scaffolds si riscontrava un fissaggio delle cellule al polimero ed una proliferazione nelle matrici tubulari tridimensionali. Come tutti i precedenti, anche questi ultimi due risultati sono da considerare estremamente positivi, per dimostrare l’ efficacia delle staminali del cordone ombelicale
nel differenziarsi in progenitrici e, poi, in cellule endoteliali, estremamente adatte per l’ingegneria tissutale delle valvole e degli altri componenti del sistema cardiovascolare. Inoltre va valutata la loro eccezionale capacità di crescita, oltre a caratteristiche funzionali, che replicano in modo efficiente e costante quelle delle cellule endoteliali, al di là della perfetta corrispondenza fenotipica. Schmidt ne sottolinea la estrema utilità e le promettenti possibilità future nella medicina rigenerativa del cuore, in particolare per la riparazione dei difetti congeniti nei bambini dopo nascita.[3]

Nel Novembre 2006 ha pubblicato su Tissue Engineering una seconda ricerca più specifica sulle valvole cardiache, ricostruite con l’uso di cellule derivate esclusivamente dalle staminali del cordone ombelicale. Anche in questo caso la sperimentazione era effettuata con la collaborazione dei colleghi del Department of Surgical Research and Clinic for Cardiovascular Surgery, presso lo University Hospital, a Zurigo.

Il foglietti superficiali delle valvole vengono riformati grazie a cellule progenitrici endoteliali, originate dalle staminali cordonali e da quelle della gelatina di Wharton, anch’essa ricavata dal cordone ombelicale, dove protegge ed isola i vasi ombelicali. Successivamente erano state seminate su scaffords biodegradabili e inserite in sistemi colturali biomimetici, sotto l’ azione di stimolazioni meccaniche e biochimiche. A causa di queste i foglietti delle valvole mostravano la formazione di di tessuto stratificato maturo, con un endotelio funzionante e la produzione di una matrice extracellulare, comparabile con quella dei tessuti originari.

Tali risultati sono ancora più importanti se si pensa che la sostituzione valvolare rappresenta la più comune tecnica chirurgica, per curare malattie cardiache valvolari di stadio avanzato, con un numero stimato di 275.000 interventi effettuati ogni anno nel mondo.

Tutto ciò dimostra l’attuabilità della fabbricazione di foglietti valvolari dalle progenitrici derivate dalle staminali del cordone ombelicale, come un’ulteriore passo verso il superamento della carenza di elementi di ricambio autologhi, composti di materiale vivente, con potenziali di crescita e rigenerazione, adatte, ad esempio, per la correzione delle malformazioni congenite.[4] Le sperimentazioni della Schmidt sono state confermate dalle ricerche del Professor Ning-tao Fang e della sua equipe del Laboratory of Molecular Biology, Shanghai Medical College, presso la Fudan University, a Shanghai (Cina). Sono apparse sulla rivista scientifica Chinese Medical Journal nel numero dell’Aprile 2007.

Anche Fang da importanza alle progenitrici, differenziatesi da staminali del cordone ombelicale, ed a scaffolds valvolari decellularizzati, per correggere le imperfezioni dei sostituti valvolari cardiaci, finora usati nell’ingegneria tissutale. In tal modo si evita anche  l’uso cronico di anticoagulanti necessari per le valvole meccaniche, con rischi di sanguinamento o tromboembolie. Tutto ciò mantenendo buone caratteristiche emodinamiche.

Con le staminali cordonali afferma che si possono trattare pazienti, che non abbiano vasi utilizzabili per la raccolta di cellule, a causa di precedenti patologie circolatorie, ed evitare il problema di danneggiare tessuti vascolari intatti del donatore. L’assenza delle cellule endoteliali, che da esse originano, è la principale causa di calcificazione e degenerazione degli innesti artificiali o naturali, che oggi vengono usati in clinica.

Inoltre l’uso di staminali del cordone ombelicale in pazienti pediatrici, permette di ottenere una naturale crescita valvolare e cardiaca, con l’ aumentare di dimensioni dell’ organismo nel corso degli anni.

Le matrici tridimensionali decellularizzate sono state preparate da valvole cardiache fresche di origine suina. L’analisi istologica dimostra che è ottimamente conservata  la loro tipica struttura, composta da strato arterioso, fibrosa, spongiosa e ventricolare, senza evidenti alterazioni dell’ architettura istologica dei foglietti valvolari.

Invece le progenitrici, derivate dal staminali cordonali, sono isolate dal sangue del cordone ombelicale per mezzo di una centrifugazione a gradiente di densità. Quindi vengono poste in coltura per tre settimane nel medium EGM-2-MV.

In questo intervallo di tempo vengono osservate due differenti tipi di cellule progenitrici nella coltura: uno poligonale, l’altro fusiforme. Il primo dimostra una robusta crescita, prende il sopravvento dal quarto giorno e mantiene un fenotipo endoteliale stabile. Si moltiplica in modo esponenziale: si riesce ad ottenere da un singolo cordone ombelicale circa 2,8×108  cellule in  tre settimane, fornendone  un  numero  sufficiente   per  gli  scopi dell’ingegneria tissutale.

La popolazione cellulare risultate si differenzia in un tipo endoteliale, come confermato dalla colorazione ad immunofluorescenza. Queste cellule endoteliali sono seminate negli scaffolds decellularizzati nel numero di 3×106 per cm2 e messe in coltura in condizioni statiche per sette giorni.

Dopo questo periodo esse mostrano una morfologia istologica ad acciottolato, esprimendo specifici markers per le cellule endoteliali, che includono il fattore di von Willebrand (vWF), la lectina specifica delle cellule endoteliali umane, il CD 31, l’agglutinina-1 europea Alex (UEA-1), la lipoproteina a bassa densità DIL (DIL-Ac-LDL).

Dopo essere state seminate sulla matrice, le cellule mostrano delle eccellenti attività metaboliche e proliferative. Formano mono-strati endoteliali confluenti, nella parte superficiale dello scaffold  decellularizzato, come confermato dalla colorazione HE e dalla immuno-colorazione per vWF e CD31.

Il microscopio elettronico a scansione dimostra la comparsa di “tight junctions”, o giunzioni strette, tra le cellule formanti il mono-strato confluente. Esperimenti sull’adesività delle piastrine confermano che il nuovo endotelio non è trombogenico, come la reazione della catena della trascriptasi-polimerasi inversa, l’analisi per l’espressione della ossido nitrico sintetasi e attivatore del plasminogeno specifico per tipo di tessuto. L’espressione di questi ultimi due markers risulta molto simile a quella delle cellule endoteliali venose del cordone ombelicale.

Le conclusioni di Fang sono che il cordone ombelicale contiene 10 volte più progenitrici endoteliali del sangue periferico di un adulto e mostrano una più grande capacità di proliferazione. Le cellule endoteliali, originate dalle staminali del cordone ombelicale, funzionano come una barriera, per prevenire l’aggregazione delle piastrine e la deposizione di fibrina sulla superficie valvolare. Recenti trials clinici indicano che questo tipo di valvole cardiache, ottenute da una matrice decellularizzata e dalle progenitrici, derivate dalle  staminali cordonali, possono prevenire la calcificazione e i pericoli tromboembolici, a differenza di quelle precedenti SynerGraft, prive di uno strato superficiale di cellule endoteliali, che hanno smesso di funzionare entro un anno a causa di degenerazioni o rotture.[5]

1)  Ira S. Cohen,Glenn R. Gaudette -Regenerating the Heart: Stem Cells and the Cardiovascular System  – Humana Press – 2011

2)  Schaefermeier PKCabeza NBesser JCLohse PDaebritz SHSchmitz CReichart B,Sodia
n R
.  – Potential cell sources for tissue engineering of heart valves in comparison with human pulmonary valve cells.  – ASAIO J.-2009 Jan-Feb;55(1):86-92.

3)   Schmidt DBreymann CWeber AGuenter CINeuenschwander SZund GTurina M,Hoerstrup SP.   – Umbilical cord blood derived endothelial progenitor cells for tissue engineering of vascular grafts. Ann Thorac Surgery-2004 Dec;78(6):2094-8.

4)  Schmidt DMol AOdermatt BNeuenschwander SBreymann CGössi MGenoni MZund G,Hoerstrup SP. -Engineering of biologically active living heart valve leaflets using human umbilical cord-derived progenitor cells. – Tissue Eng.-2006 Nov;12(11):3223-32.

Fang NTXie SZWang SMGao HYWu CGPan LF   – Construction of tissueengineered heart valves by using decellularized scaffolds and endothelial progenitor cells  Chin Med J (Engl). 2007 Apr 20;120(8):696-702.

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* Paolo De Lillo è dottore in Farmacia.

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ZENIT Staff

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