ROMA, venerdì, 10 giugno 2011 (ZENIT.org).- Una legislazione che consideri minoranza etnica i 170 mila Rom residenti in Italia – due terzi dei quali originari di qui – aiuterebbe a favorire la loro integrazione come sta avvenendo in diversi paesi dell’Unione Europea.
E’ quanto ha dichiarato a ZENIT mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), alla vigilia del raduno a Roma previsto per l’11 e 12 giugno, di una numerosa rappresentanza di zingari europei appartenenti alle etnie Rom, Sinti, Manuches, Kalé ed altre.
Ad organizzare il raduno è il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, in collaborazione con la Fondazione Migrantes e la Comunità di Sant’Egidio.
L’occasione del pellegrinaggio è il 75° del martirio nella guerra civile spagnola del beato Zeferino Giménez Malla (1861-1936), gitano spagnolo, Terziario Francescano.
Qual è la situazione dei Rom in Italia?
Mons. Perego: Il 70 per cento dei 170 mila Rom residenti nel nostro Paese è formato da italiani, l’altro 30 per cento proviene principalmente dall’Est; oltre la metà è costituita invece da minori di 17 anni e circa il 30 per cento del totale lavora nei campi. Il 60 per cento è formato da cattolici, un altro 10 per cento da cristiani, oltre poi alle comunità islamiche. In Europa costituirebbero per numero il 28° paese, tanto per intenderci.
Qual è il principale problema per l’integrazione di queste etnie?
Mons. Perego: Benedetto XVI sottolinea nella Caritas in Veritate la relazione con l’altro. Il problema di quando l’altro non viene riconosciuto come un essere umano. E molte volte quello che lava i vetri o vive nei campi non viene identificato come una persona con la sua dignità umana.
Nell’integrazione il problema riguarda chi accoglie e chi deve essere accolto?
Mons. Perego: Credo che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Per esempio ieri sono stato nelle carceri di Parigi. C’era un gruppo molto consistente di italiani, questo non significa che i 250 mila italiani che vivono in Francia siano delinquenti.
In questo senso l’identificazione di una persona con un popolo è la cosa più sbagliata che si possa pensare. Bisogna distinguere la persona che sbaglia e che deve essere sanzionata ma non confonderla con un popolo che è fatto anche di madri, bambini, lavoratori agricoli, piuttosto che di ingegneri o professori universitari.
In teoria siamo tutti d’accordo nel combattere l’intolleranza, ma forse quando si vede un Rom che elemosina o lava i vetri scatta l’insofferenza…
Mons. Perego: Si sa che questo elemento è anche tradizionale all’interno degli aspetti culturali di alcune comunità di origine europea arrivate in Italia negli anni ’70. Non è un aspetto criminoso né proibito dalla legge. Semmai le persone che chiedono l’elemosina devono essere accompagnate nei percorsi diversi di integrazione. Abbiamo per esempio un gruppo di 150 donne che per dieci anni avevano elemosinato ed è stata offerta loro la possibilità di aprire una lavanderia. Oggi lavorano lì e sono contente di non dover elemosinare e di riuscire a mantenere le loro famiglie attraverso il lavoro.
Non trovano lavoro o è semplicemente un pretesto?
Mons. Perego: Le statistiche ci dicono che le categorie di persone che oggi fanno più fatica a trovare lavoro per motivi di discriminazione sono i Rom e gli africani. Le persone che sono di pelle diversa. E questo è un dato di fatto. Tante di queste persone incontrano delle difficoltà nel trovare una possibilità lavorativa. Per questo motivo anche che nel programma decennale dell’Unione Europea ci sono diversi progetti destinati ai giovani di questi popoli.
Funziona, invece, quando si offre loro una possibilità?
Mons. Perego: Dipende dal contesto, se italiano o europeo. In Svizzera per esempio sono una categoria di persone presenti in tutte le catene alberghiere, come portieri, nei lavori faticosi. In Italia ci sono 30 mila Rom che vivono del riciclo degli scarti, che lavorano o si appoggiano in cooperative, o nella differenziata porta a porta, che in Italia è importante. In Italia però mancano leggi, per esempio sui musici di strada, per quelli che fanno spettacoli viaggianti e portano divertimento.
Che tipo di legislazione intende?
Mons. Perego: Occorrerebbe riprendere la legge sulle minoranze in Italia e inserire anche questa minoranza di 170 mila persone, alcune presenti in Italia dal 1500. Quindi fare una legge e inserirli, così come sono riconosciute diverse minoranze molto meno numerose. Un riconoscimento che porterebbe con sé anche la cittadinanza italiana. Molti sono arrivati come apolidi e quindi non sono riconosciuti come cittadini. E porterebbe con sé anche la tutela dei minori, che sono la metà del popolo Rom in Italia.
Un secondo aspetto è quello di creare percorsi lavorativi per esempio nel settore del recupero di materiali. Tantissime esperienze in questo settore e nella differenziata funzionano bene. Un altro è quello di puntare sulle donne e i bambini. Purtroppo i bambini Rom sono la categoria che meno frequenta la scuola. Sono soltanto poco più del 35 per cento i bambini Rom che frequentano la scuola e questo è anche dovuto agli sgombri che li hanno portati fuori dalle città. Dare loro la possibilità di frequentare la scuola significa dare loro un futuro.
Quale insegnamento ci lascia il Beato Zeferino?
Mons. Perego: Ci insegna soprattutto la devozione per Maria e per il rosario. E aiuta questo popolo perseguitato e dimenticato a sentirsi a casa nella Chiesa.