Sempre vivo il carisma di S. Francesco Caracciolo

Intervista a padre Faustino Kambale

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di Antonio Gaspari e Maurizio Tripi

ROMA, giovedì, 9 giugno 2011 (ZENIT.org).- Seppure sia vissuto più di 400 anni fa, il carisma e la fama di San Francesco Caracciolo (1563 – 1608) sono ancora vive e forti.

Nato nella nobile e ricca famiglia dei Caracciolo, che annovera nella storia Cardinali, Vescovi condottieri e governatori, il giovane Ascanio (che divenne Francesco quando prese l’abito ecclesiastico) fu esempio di carità e umiltà.

Attratto in maniera totale dall’Eucaristia, fin da giovanissimo praticava digiuni e donava quanto aveva. Per i poveri chiedeva aiuti al padre e rinunciava anche ai suoi alimenti.

Aveva 22 anni quando fu colpito da elefantiasi. Il suo corpo ne fu deturpato in maniera devastante.

Si affidò al Signore, offrendo tutto se stesso. Il suo voto fu esaudito, così, guarito dalla malattia, distibuì ai poveri tutte le sue ricchezze, iniziò a studiare teologia, praticò in maniera assidua la preghiera e i sacramenti. Appena ordinato sacerdote all’età di 24 anni, si dedicò ai reclusi nelle prigioni e ai malati negli ospedali.

Chiese di far parte della “Compagnia dei Bianchi” che aveva sede a Napoli nell’ospizio degli Incurabili e che assisteva condannati a morte e galeotti.

Nel processo svolto per la sua canonizzazione, diversi testimoni raccontano che sanò moltissimi malati facendo un semplice segno di croce sulla loro fronte, e ai ringraziamenti rispondeva: “Fratello, datene grazia a Dio e non a me, che sono il più tristo e malvagio peccatore che si trovi”.

Nelle lettere si firmava: “Francesco peccatore” e insieme a don Agostino Adorno, e don Fabrizio Caracciolo, abate di Santa Maria Maggiore di Napoli, fondò l’Ordine dei Chierici Regolari Minori (più noti come padri Caracciolini). 

I fondatori dell’Ordine non si accontentarono dei soliti tre voti (castità obbedienza e povertà) ma ne aggiunsero un quarto, quello di non ricevere dignità ecclesiastiche.

Il loro scopo era di erigere collegi per l’educazione della gioventù, ed eremitaggi per i membri che avessero preferito condurre vita contemplativa.

Francesco Caracciolo era così umile che quando si recava nelle città in cui non c’erano i suoi religiosi, evitava i ricchi palazzi che gli venivano offerti da parenti e ammiratori, e alloggiava nelle portinerie dei conventi o nelle corsie degli ospedali, dove si prestava spesso a lavare panni e a rattoppare abiti.

Per promuovere il culto dell’Eucaristia, di cui era devotissimo, impegnò il suo ordine all’Adorazione perpetua.

Per il fervore e la cura con cui si dedicava ai peccatori dissero di lui che era “il cacciatore delle anime”. La premura e la dolcezza con cui visitava gli infermi, assisteva i moribondi, raccoglieva elemosine per l’educazione di piccoli o per il matrimonio delle fanciulle, era tale da procurargli l’appellativo di “padre dei poveri”.

Fu beatificato da Clemente XIV il 4 giugno 1769 e canonizzato da Pio VII il 24 maggio 1807. Le sue reliquie furono traslate a Napoli e collocate nella chiesa detta di Monteverginella.

Per fare il punto su quanto il carisma di un così grande santo sia ancora vivo nel mondo di oggi, ZENIT ha intervistato padre Faustino Kambale, vice parroco della Chiesa dei Santi Angeli Custodi di  Montesacro a Roma, dove risiede anche la Curia Generale dei Caracciolini.

Perché Francesco Caracciolo da principe, ricco e potente, rinunciò a tutti i suoi beni che regalò ai poveri e dedicò la sua vita ad assistere gli infermi, i poveri, i carcerati e i condannati a morte?

Padre Kambale: Perché, come tutti i santi cioè “i separati”, a un certo punto non si lasciano più incantare da niente dopo l’incontro con il Signore datore di tutto, anche S. Francesco Caracciolo, dopo avere incontrato il Signore nella solitudine della sua malattia e avendo ricevuto la grazia della guarigione del corpo e soprattutto dello spirito, ritenne come spazzatura tutto quanto possedeva ed era per abbracciare la sua vera ricchezza Gesù, che trovò in sublimità nei poveri, infermi, carcerati e condannati a morte.

L’ordine dei Chierici Regolari Minori che lui fondò non si accontentò dei voti castità, povertà e obbedienza, ma fece voto anche di non ambire a dignità ecclesiastiche e stabilirono come principale compito quello di praticare l’adorazione eucaristica alimentata dalla preghiera circolare continua. Può spiegarci il come e il perché di queste due pratiche?

Padre Kambale: San. Francesco Caracciolo ha rinunciato al suo principato per essere vicino al Cristo sofferente e sfigurato, ci sembra una cosa naturale che abbia poi proseguito nella sua volontà di servire dal basso nel veste del servo. Si vede che gli esempi di Gesù, “il quale pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo” (Fil2,6-7) e “Io sto in mezzo a voi come colui che serve”nella lavanda dei piedi l’aveva profondamente segnato e cambiato. 

Come il ramo senza la linfa si secca così sono i caracciolini senza l’Eucaristia. Infatti, come recita la costituzione “l’Eucaristia sia centro e forma della spiritualità di ogni singolo religioso, della vita comunitaria e di ogni nostro apostolato”(Cost. 54). e il nella quale attingo tutte le forze. fedeli dunque a questa eredità i caracciolini continuano a serbare con gelosie queste due pratiche che sono anzi la loro specificità e identità.

Seppure visse una vita molto austera San Francesco Caracciolo è il patrono dei cuochi, perché?

Padre Kambale: Pane accolto e pane condiviso: l’Eucaristia e il cibo sono due cose che Francesco non ha mai separato nella sua vita. Mentre lui e solo per lui il digiuno era incarnato, per i suoi religiosi e per i poveri si prodigava per il loro nutrimento, non esitando addirittura ad elemosinare per i suoi frati.
Qual è l’attualità del carisma di San Francesco Caracciolo oggi?

Padre Kambale: Accanto a ogni fratello povero e sofferente è il posto di ogni caracciolino non per raccontare edificanti storie del passato ma perché, consapevole dell’eredità che ha ricevuta, sappia rendere presente all’uomo di oggi i miracoli di fede e di carità di San Francesco Caracciolo e degli altri Fondatori. Religiosi Caracciolini, sull’esempio del loro fondatore San Francesco Caracciolo, apostolo della Eucaristia e padre dei poveri, per essere vicini ai fratelli più bisognosi, oltre all’annuncio del Vangelo, sono impegnati nella realizzazione di opere umanitarie per un processo di sviluppo e di liberazione dei popoli afflitti.

Quanti sono i Caracciolini oggi nel mondo? Quali attività svolgono? E in che modo pensate di rinnovare il fascino delle vocazioni per il  vostro Ordine?

Padre Kambale: sempre con una battuta rispondo a questa domanda: “Tre Gatti Sparsi Nel Mondo”. In effetti sono un numero insignificante. Prima delle aperture alla missio ad gentes, nel 1984 erano rimasti 28 preti e 10 fratelli laici. Oggi 100 senza contare fratelli laici e seminaristi. Un vero incremento grazie alla perseveranza e alla fedeltà al carisma. 5 seminari in 4 continenti: Europa in Italia, Africa in Congo Repubblica Democratica e in Kenya a Nairobi; Asia in India e Filippine; e infine in America a New Jersey.

Fedeli sempre alla tradizione dell’Ordine e alla sua storia, i Chierici Regolari Minori, dedicano la loro vita ai poveri, emarginati, malati in vista della loro promozione cristiana e umana. A questo proposito tanti sono le realizzazioni: scuole, ospedali, centri sanitari, acquedotti, case di recupero tossicidipendenti, carceri …

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ZENIT Staff

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