I manoscritti liturgico-musicali della Biblioteca Vaticana

Intervista al Card. Raffaele Farina

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 9 giugno 2011 (ZENIT.org).- Per celebrare i cento anni della creazione del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma, è stato organizzato un Congresso internazionale, che si è svolto presso le due sedi romane dell’Istituto (Piazza S. Agostino e Via di Torre Rossa), dal 26 maggio al 1° giugno.

Il programma prevedeva un fitto calendario di attività: agli interventi dei relatori si sono alternate tavole rotonde, concerti e incontri. Tra i presenti c’era il Card. Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, che ha concesso una intervista a ZENIT.

Cosa significa per la Chiesa avere una raccolta di tutte queste musiche?

Card. Farina: Significa conservare un patrimonio d’arte e di liturgia del culto, insieme ai manoscritti più antichi della Bibbia, alla tradizione del testo biblico e a ciò che fa parte della tradizione della Chiesa di Roma, accanto a tanti tesori dell’antichità classica e molto altro.

I libri liturgico-musicali sono spesso arricchiti da miniature sontuose, in cui la notazione musicale si coniuga con la preziosità artistica delle immagini. Conserviamo questi tesori, che sono tesori della Chiesa, ma anche tesori dell’umanità. La musica e l’arte hanno, tra l’altro, una valenza altamente educativa: insegnare ad apprezzare quanto di bello l’uomo ha prodotto nei secoli significa diffondere e promuovere un’educazione capace di aprire la mente e il cuore a ciò che veramente vale, a ciò che rende migliori, che arricchisce l’animo; significa coltivare semi importanti e fecondi, in un mondo talvolta troppo intristito da eventi negativi e da ingannevoli surrogati.

In particolare i manoscritti liturgico-musicali costituiscono la testimonianza della preghiera della Chiesa attraverso i secoli, della bellezza della liturgia e dell’universalità di un linguaggio che da sempre unisce i fedeli rendendoli partecipi dell’azione di Dio. Questi tesori preziosi sono conservati non solo nella Biblioteca Vaticana, ma anche nelle basiliche di Santa Maria Maggiore, in San Giovanni e nell’archivio della Basilica di San Pietro.

Molti volumi sono arrivati in Biblioteca Vaticana in seguito a donazioni, acquisti o depositi. E l’acquisizione di volumi e di intere collezioni da parte di biblioteche come la Vaticana ha anche garantito nel tempo sia la conservazione di questo patrimonio, che altrimenti sarebbe andato distrutto o disperso in seguito alle varie vicende storiche, sia un’ampia fruizione dei volumi da parte degli studiosi, accolti negli ambienti attrezzati e idonei per la consultazione oltre che per la conservazione.

E’ vero che la Biblioteca Vaticana sta digitalizzando il suo patrimonio librario?

Card. Farina: Abbiamo avviato un progetto che richiede un investimento costoso, che ancora non ci possiamo permettere; man mano che troveremo sponsor disposti a finanziare l’impresa, partiremo in maniera sistematica e ben programmata. Digitalizzare tutti i manoscritti della Vaticana impiegherà una ventina di anni (il progetto è ampiamente illustrato sul sito della Vaticana: http://www.vaticanlibrary.va/home.php?pag=in_evidenza_art_00115&BC=12).

Attraverso la storia, qual è la costante, il denominatore comune della musica sacra?

Card. Farina: Attraverso le varie epoche, e i vari ‘linguaggi’ ad esse legati, la musica sacra ha tradotto in melodia la liturgia, sottolineandone i momenti importanti, rivelando il mistero dell’incontro tra Dio – vero protagonista dell’azione liturgica – e il cuore dell’uomo in ascolto; la musica sacra aggiunge al parlato un quid e una risonanza che conducono alla profondità del Mistero. Inoltre, proprio in virtù dell’universalità e di toccare le corde del desiderio più profondo di ogni uomo (l’incontro con Dio), la musica sacra ha la capacità di raggiungere e coinvolgere anche le persone più lontane, avvicinandole alla verità della Parola.

La preghiera diventa canto e il canto si fa preghiera per rendere gloria e lode a Dio, come ben illustrarono i Padri (basti pensare ad Ambrogio e ad Agostino), che individuarono ed espressero tutte le potenzialità del canto liturgico.

Sua Eminenza vuole aggiungere qualcosa sul Congresso?

Card. Farina: Iniziative scientifiche come questo convegno, articolato in un programma denso di contributi specifici e specialistici, oltre ad essere “celebrative” segnano un concreto avanzamento della ricerca, promuovono il confronto e fanno emergere rilevanti novità negli studi dei manoscritti che tramandano tali testi, come abbiamo sentito fin dai contributi della prima giornata.

Quali sono i fondi della Biblioteca Vaticana maggiormente utili per lo studio dei manoscritti liturgico-musicali?

Card. Farina: I fondi manoscritti della Biblioteca Vaticana contenenti manoscritti liturgico-musicali sono molti. Basta sfogliare i cataloghi di cui disponiamo (da Bannister ed Ehrensberger a Salmon e Llorens) per avere un’idea. Innanzitutto i fondi Cappella Sistina e Cappella Giulia, dove si trovano volumi con canto gregoriano o musica polifonica, utilizzati durante le celebrazioni solenni: per la maggior parte di grande formato e riccamente ornati (i più antichi conservati risalgono alla metà del Quattrocento), essi tramandano opere di celebri compositori operanti nel Collegio musicale papale attraverso i secoli (G. Dufay, Carpentras, J. Desprez, C. Festa, G. P. Palestrina, G. Allegri…) e nella Cappella Giulia (riorganizzata da Giulio II), il cui primo magister cantorum fu Palestrina; poi i Vaticani musicali, costituiti come fondo autonomo nel 1956 (fino ad allora erano stati aggiunti in coda ai Vaticani latini); da ricordare ancora S. Maria Maggiore, in Vaticana dal 1931; Perosi, costituito come fondo autonomo soltanto recentemente, all’inizio degli anni Novanta del XX secolo (precedentemente tra i Vaticani musicali), contenente più di 200 autografi, per la maggior parte inediti; e poi i Barberiniani latini, i Chigiani, l’Archivio del Capitolo di S. Pietro, i Rossiani…, solo per citarne alcuni.

Tali manoscritti tramandano sia la musica sacra sia tante altre importanti testimonianze della storia della musica, nella prospettiva di quella universalità del sapere che da sempre ha caratterizzato il patrimonio raccolto nella Biblioteca dei Pontefici. Una biblioteca nata, credo sia sempre opportuno ricordarlo, come “umanistica”, e pronta ad accogliere – anzi alla ricerca – di testi di diversi ambiti disciplinari e in tutte le lingue, espressioni delle diverse civiltà e religioni: dal latino al greco, dall’ebraico all’arabo, al persiano, al turco, all’armeno, all’etiopico, alle lingue slava, al cinese, al giapponese… E la sua importanza consiste anche in questa prospettiva “ecumenica” e unificante dei saperi e delle civiltà, prospettiva che ancora oggi ci suggerisce quanto attraverso lo studio della varie discipline, nel rispetto dell’identità di ciascuno e con l’amore per la cultura, l’uomo possa diventare sempre più uomo e avvicinarsi al suo Creatore.

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ZENIT Staff

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