Riconciliazione e sviluppo per il Sudan

Intervista a mons. Cesare Mazzolari, Vescovo di Rumbek

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di Antonio Gaspari

ROMA, martedì, 7 giugno 2011 (ZENIT.org).- Il 9 luglio a Juba, capitale del Sud Sudan, una dichiarazione ufficiale sancirà la creazione del 54° Paese africano.

Il Sud, cristiano e animista, ufficializzerà il distacco dal regime islamico del Nord.

La creazione del Sud Sudan è certa, ma ancora minacciata da scontri e focolai di guerra civile.

Tra le personalità che stanno lavorando per la riconciliazione spicca monsignor Cesare Mazzolari, dal 1999 Vescovo della diocesi di Rumbek (Sud Sudan) e da 30 anni missionario per il popolo sud sudanese.

ZENIT lo ha intervistato.

Con la costituzione del Sud Sudan che cosa cambierà per il popolo e per la situazione geopolitica del Nord Africa?

 Mons. Mazzolari: La secessione del Sud Sudan rappresenta un traguardo di libertà per un popolo oppresso da oltre 20 anni di guerra civile. Prevedo un’epoca di cristianità che si approfondirà sempre più. Questo simbolo di libertà all’africana, di libertà genuina fortemente desiderata è visibile anche nel Nordafrica con le rivoluzioni che si sono succedute negli ultimi mesi. Questo non significa che dovranno esserci divisioni anche in altri Stati d’Africa, ma certamente il percorso fatto dal Sud Sudan è stato apprezzato e sostenuto trasversalmente in tutta l’Africa.

Qual è la posizione della Chiesa cattolica? E in che modo i cristiani contano di aiutare la nascita e lo sviluppo del Sud Sudan?

Mons. Mazzolari: Per un Paese che ha il più alto tasso di persone illetterate al mondo (solo il 15% degli uomini e appena il 9% delle donne sa leggere e scrivere), ora più che mai abbiamo bisogno di formare la classe dirigente del futuro affinché l’autodeterminazione di questo popolo sia piena e matura, nel segno della speranza e di un fondamentale recupero dell’identità. Come Chiesa abbiamo ancora oggi una grande responsabilità nella costruzione del nuovo Stato: dobbiamo insegnare l’arte paziente del dialogo, della comunicazione e della riconciliazione, per mettere le basi di un nuovo Paese che spesso conosce solo la via della violenza.

Quali sono i progetti educativi per lo sviluppo promossi dalla associazione onlus CESAR da lei diretta? Ed in particolare come pensa di costruire il primo centro per la formazione di insegnanti del Sud Sudan?

Mons. Mazzolari: CESAR è nata nel 2000 per attingere aiuto al di fuori dell’Africa e costituisce un vero e proprio link tra la missione e i suoi donatori. I fondi raccolti sono utilizzati in ambiti diversi a seconda delle necessità del momento: dalla pastorale all’educazione, dalla salute agli aiuti umanitari, come documentato al sito www.cesarsudan.org. Attualmente siamo impegnati nella costruzione di un centro per insegnanti a Cuiebet, località a 80 km da Rumbek. Una scuola che formerà ogni anno 30 docenti in grado di dare un’istruzione di base a oltre 5 mila bambini nei soli primi cinque anni di attività. Portare a termine quest’opera richiede l’impegno delle istituzioni internazionali, il nostro appello si rivolge a loro perchè possano dare nuovo impulso ai progetti in questa terra martoriata dalla guerra civile e dalla povertà. Per questo sosteniamo l’istituzione di un’ambasciata italiana a Juba, che potrebbe senz’altro agevolare un cambiamento significativo in questa direzione.

In che modo le istituzioni internazionali, i governi e le Chiese cristiane possono contribuire alla realizzazione dei progetti di sviluppo per il Sud Sudan?

Mons. Mazzolari: Purtroppo il Sud Sudan è il Paese più povero del mondo, il 90% degli abitanti vive con meno di un dollaro al giorno. Tuttavia sulla superficie e nel sottosuolo questo Paese nasconde enormi ricchezze da scoprire: petrolio, oro, legno pregiato tra cui ebano e mogano. Mancano persone che sappiano elaborare questa ricchezza per farla scoprire entro e fuori dai confini del Sud Sudan. L’idea di costruire una falegnameria va proprio in questo senso: investire in Sud Sudan dando la possibilità ai sud sudanesi di lavorare le risorse che offre la terra.

Quali sono le difficoltà che lei prevede di incontrare? E quali le risorse umane da mobilitare?

Mons. Mazzolari: Non avremo l’integrazione immediata, per questo Nord e Sud dovranno accettare di essere poveri almeno per i prossimi 10 anni. Non ci sono ospedali, né scuole, né sorgenti d’acqua, né infrastrutture. Servirà l’aiuto della comunità internazionale per raggiungere tanti degli obiettivi che l’indipendenza porterà con sé. I continui attacchi provocatori del governo di Khartoum, con l’occupazione militare dell’area di Abyei, contesa per i giacimenti petroliferi di cui dispone, inneggiano chiaramente alla guerra. Ma il governo del Sud sta reagendo alle provocazioni facendole cadere nel vuoto. L’atmosfera quindi non è delle più serene, ciononostante sono convinto che il popolo sia determinato all’indipendenza e la sopportazione silenziosa nei confronti del governo di Khartoum ne è la dimostrazione.

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ZENIT Staff

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