ROMA, venerdì, 15 aprile 2011 (ZENIT.org).- “La pratica del silenzio, la meditazione e la preghiera favoriscono le aree cerebrali che ci rendono più pazienti e altruistici”. E’ quanto ha detto questo giovedì Adriana Gini, neuroscienzata del Gruppo di Neurobioetica dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum”.
La Gini è intervenuta in questo modo al Forum “Youth Communication in Social Media Age”, organizzato dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna della “Regina Apostolorum” in collaborazione con l’Università Europea di Roma e con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura.
Questo primo Forum multimediale, che ha goduto anche del supporto di Google e Populis, intendeva rivolgere l’attenzione ad un aspetto essenziale della cultura contemporanea: ovvero alla comunicazione giovanile nell’era digitale.
Nel sua relazione la neuroscienziata è partita dalla domanda se il cervello umano sia o no buono, ed ha osservato che recenti studi di psicologia dello sviluppo, come quelli del prof. Paul Bloom della Yale University, il quale ha scritto un articolo sul New York Times intitolato “The Moral Life of Babies”, “orientano verso una proto-morale, cioè l’esistenza di strumenti morali rudimentali, dimostrabili già in tenerissima età”.
Tuttavia, ha continuato, “occorre ricordare che noi non siamo il nostro cervello: più correttamente, noi siamo persone che pensano, vogliono e agiscono anche attraverso il cervello”.
Inoltre, ha aggiunto, “le recenti scoperte delle neuroscienze hanno dimostrato che il cervello è plastico, si modifica cioè con le nostre esperienze”, e che “sebbene la plasticità cerebrale sia più evidente nell’età giovanile, essa si manifesterebbe durante tutto l’arco della vita”.
“Studi su ratti – ha continuato – hanno dimostrato quanto siano importanti sia le cure parentali sia stimoli adeguati per un corretto sviluppo cerebrale. Nei bambini, un ambiente sereno e interattivo, la presenza di genitori affettuosi, le amicizie, la vita attiva sono tutti elementi che permettono un corretto sviluppo cerebrale e quindi l’acquisizione di capacità quali l’equilibrio emotivo, la socievolezza e la generosità”.
In merito alla questione se l’impiego sempre più diffuso da parte dei giovani delle più moderne tecnologie della comunicazione risulti o meno dannoso per un normale sviluppo cerebrale e mentale, la Gini ha detto che “i dati a disposizione sono a tuttoggi molto scarsi e non è possibile trarre delle conclusioni”.
Ciò nonostante, ricordando gli studi ancora in corso con l’ausilio di sofisticate apparecchiature di neuroimaging, ha quindi menzionato i pericoli più volte paventati derivanti da un uso eccessivo delle nuove tecnologie: “la dipendenza, la ristrutturazione delle networks cerebrali o rewiring, la superficialità del ragionamento legato alle modalità di comunicazione che favoriscono la brevità e l’immediatezza, una ridotta capacità a ritenere le memorie recenti”.
“In attesa di avere dati più sicuri dalle scienze – ha sottolineato –, è certamente auspicabile, anche per preservare questo nostro ‘cervello buono’, essere moderati nell’uso di queste tecnologie della comunicazione, alternarle con la pratica di uno sport, l’incontro con amici, una buona lettura”.
“Certamente bisogna ridurre l’uso di suoni forti, ripetitivi (es. video games) i cui effetti negativi sul cervello sono stati dimostrati”, ha concluso.