di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 15 marzo 2011 (ZENIT.org).- Intervenendo a Sacrofano, in provincia di Roma, il 12 marzo ad un seminario il cui tema era “Il cattolico in politica e la comunità ecclesiale”, monsignor Giampaolo Crepaldi ha indicato la strada per far crescere i cattolici nella società e anche nella politica.
L’Arcivescovo di Trieste ha ricordato che Benedetto XVI, durante la visita in Portogallo, ha osservato che “mentre noi ci interroghiamo su cosa dovrebbero fare i cattolici in politica, i cattolici diventano sempre di meno, nel senso che la fede sta sparendo dalle nostre terre europee, Italia compresa”.
Con questa citazione monsignor Crepaldi ha inteso dire che “se i cattolici impegnati in politica non avranno il coraggio di ricollegarsi, quasi di riscoprire, la propria fede religiosa e gli agganci organici con la comunità ecclesiale e il magistero della Chiesa, essi abdicheranno al loro compito di testimoniare la fede e di educare alla fede tramite la loro esperienza politica”.
Secondo il presule l’esperienza politica cattolica “potrà servire veramente all’uomo” solo se “servirà anche e prima di tutto a Dio”.
Per l’Arcivescovo di Trieste la diaspora dei cattolici nei vari partiti politici non è provocata solo dal sistema politico, ma da una notevole frammentazione nella comunità ecclesiale e del popolo cattolico.
“Oggi si parlano troppe lingue nel popolo cristiano – ha affermato -. Non solo non c’è più una omogeneità politica, ma non c’è una omogeneità per quanto riguarda la visione del rapporto tra la Chiesa e il mondo”.
Per quanto riguarda i principi non negoziabili, il presule ha sottolineato che si tratta di “obiettivi minimi. Non è che il cristianesimo riduca il proprio messaggio ai principi non negoziabili. Quelli sono la soglia di intollerabilità assoluta”.
Ciò che preoccupa monsignor Crepaldi è una “diffusa abdicazione a tener fede ai principi fondamentali della fede in una preoccupante polverizzazione di valutazioni e atteggiamenti” che “per lentezza, inerzia, accomodamento, sono ancora largamente pervasi da schemi culturali e spesso anche ideologici che si pensavano superati”.
L’Arcivescovo di Trieste si è detto convinto che “la presenza politica dei cattolici deve avere il coraggio di schierarsi per il cambiamento netto rispetto a forme negative della politica del passato”.
“Rimanere legati a forme di statalismo superato o ad un concetto di 'moderazione' o di 'centro' inteso o come difficoltà a scegliere o come garanzia per tanti di mantenimento della loro nicchia mentre il mondo sta cambiando – ha precisato monsignor Crepaldi - non sono atteggiamenti in grado di valorizzare tutte le indicazioni nuove che ci dà la Caritas in veritate, la quale suggerisce un programma politico molto più all’avanguardia delle posizioni politiche di tanti cattolici”.
In merito alle nostalgie per il sistema elettorale proporzionale o a altre forme di consociativismo l’Arcivescovo di Trieste ha detto: “la presenza politica dei cattolici deve avere il coraggio di schierarsi per il cambiamento netto rispetto a forme negative della politica del passato”.
A questo proposito ha quindi avanzato delle proposte come: lo snellimento deciso dello Stato, la revisione radicale del sistema di welfare, la riforma scolastica con una effettiva parità, una accentuata sussidiarietà a tutti i livelli, una politica per la famiglia non solo di tipo assistenziale ma promotiva di una cultura della famiglia, la lotta alle rendite di posizione, un maggiore pluralismo nei servizi e nella società civile, una politica dell’energia non ideologica, una nuova etica sociale della responsabilità.
Monsignor Crepaldi ha concluso affermando che è ora di “riprendere in proprio e direttamente una solida formazione alla politica fondata sul Magistero e non su sue ideologiche interpretazioni, secondo la linea chiara che sta indicando Benedetto XVI”.