ROMA, giovedì, 24 marzo 2011 (ZENIT.org).- I lavori della 46ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si è svolta a Reggio Calabria (14-17 ottobre 2010).ci consegnano l’esperienza condivisa di un quadro ermeneutico fondato sulla dignità della persona umana e a sostegno della cultura della vita e per la vita: «La nozione cristiana di bene comune deriva infatti dal riconoscimento della dignità, unità e uguaglianza di tutte le persone» (n. 9).
Si è compreso inoltre la grande potenzialità educativa offerta dal discernimento ecclesiale, quale occasione di maturazione della fede: «Compiendo tale discernimento, la Chiesa si pone accanto a ogni uomo, condividendone gioie e speranze, tristezze e angosce e diventando così solidale con la storia del genere umano» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 7). Lo stile proprio del cristiano che discerne e testimonia è quello di essere: «non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, che conosce la propria religione, che sa cosa crede e cosa non crede» (Benedetto XVI, Omelia, 19 settembre 2010). Le giornate di Reggio Calabria hanno visto «tante persone arricchite da questa esperienza e consapevoli che essa può ripetersi con altri credenti e con altre persone di buona volontà, come contributo alla vita ecclesiale e al dibattito pubblico» (n. 10).
2. L’agenda di Reggio Calabria 2010
Lo scopo della 46a Settimana Sociale era quello di formulare un’agenda di speranza per il Paese, finalizzata al servizio del bene comune. Tale agenda tiene conto del processo di globalizzazione che investe l’Italia, delle drammatiche dinamiche demografiche, del divario tra Nord e Sud e di tanti altri problemi nella consapevolezza che esiste «un numero adeguato di soggetti che avvertono una responsabilità per il bene comune e dispongono delle energie per corrispondervi» (n. 11).
«Il Paese deve tornare a crescere» è stato il leit-motiv dei lavori di Reggio Calabria. Essi «ci hanno consegnato un’agenda radicata nella convinzione che ci sono imprese e lavoratori disposti a intraprendere senza timore del mercato ma anzi promuovendolo; che nelle famiglie, nelle scuole, nelle associazioni e nelle comunità elettive ci sono adulti capaci di svolgere la funzione di autorità che serve all’educare; che ci sono le condizioni di un nuovo includere basato su uno scambio giusto tra diritti e responsabilità; che ci sono energie che possono sviluppare il loro impulso se si interviene a slegare la mobilità sociale; e che, infine, è indilazionabile il completamento della transizione istituzionale» (n. 12).
La sessione dedicata all’intraprendere ha analizzato la crisi economica e i gravi limiti del «sistema finanziario che ha dato a molti l’illusione di poter guadagnare senza impresa e senza lavoro». La ripresa è possibile le imprese rafforzano la competitività, ritrovano la produttività, attuano «forme di responsabilità del lavoro. Per la loro crescita è decisivo anche il contesto sociale, culturale e il rispetto della legalità. È decisivo che il lavoro non contraddica le funzioni essenziali e qualificanti della famiglia, ma le sostenga e le rafforzi, garantendo così un ulteriore fattore di crescita» (n. 13).
Nella sessione educare per crescere si è affrontato il tema della responsabilità educativa all’interno della comunità cristiana e della scelta «dei Vescovi di porre il tema dell’educazione al centro dell’attenzione pastorale del decennio corrente». È emersa la necessità di prestare attenzione alla fragilità dell’adulto, l’importanza di luoghi in cui imparare o reimparare a educare e il valore della scuola «costitutivamente pubblica, sia essa statale o non statale» (n. 14).
Il dibattito su includere le nuove presenze ha auspicato la revisione della legge sulla cittadinanza per ridurre i tempi del riconoscimento e la necessità di percorsi per l’inclusione e la cittadinanza, il diritto di voto almeno alle elezioni amministrative e l’ammissione al servizio civile. Le comunità ecclesiali sono chiamate ad assumere «un ruolo propositivo non solo nell’accoglienza, ma nella tutela dei diritti, nella promozione della socialità, nel dialogo ecumenico e interreligioso» (n. 15).
La riflessione su slegare la mobilità si è svolta a partire dalla coppia “slegare/rilegare”: sciogliere i nodi che rallentano lo sviluppo della vita sociale, rigenerare i legami buoni e costituirne di nuovi e significativi. In particolare, sono emerse tre indicazioni: “slegare le capacità”, favorire il merito, il contributo di ciascuno e il senso vivo della giustizia sociale; “slegare il mercato”, moltiplicare le opportunità, valorizzare la creatività e la partecipazione; “slegare la vita”, scegliere come orientare la propria vita e rigenerare «i luoghi dell’abitare, dell’accogliere e dell’accompagnare» (n. 16).
Il tema del completare la transizione politico-istituzionale ha visto i giovani «schierati in modo chiaro contro “lo stare fermi per paura” e contro il ritiro dalla politica, affermando un impegno direttamente collegato con la scelta della fede». Occorre mettere al centro i cittadini-elettori e affrontare la questione del numero dei mandati e dell’ineleggibilità di quanti hanno pendenze con la giustizia. Il federalismo può favorire una migliore unità politica, maggiore solidarietà e sussidiarietà se alimenta «nel Paese una sana reciprocità» (n. 17).
3. Con i giovani
I giovani, con la loro presenza notevole ai lavori della 46a Settimana Sociale, oltre 300 sui 1250 delegati, hanno mostrato sensibilità e disponibilità a impegnarsi poiché «il rinnovarsi delle sfide richiede nuove idee e nuove forze». Per far fronte ai cambiamenti, «servono giovani forti, liberi, spiritualmente formati anche da un’ascesi profonda, come lo furono in altre stagioni Armida Barelli, Piergiorgio Frassati, Alberto Marvelli, Salvo D’Aquisto e Rosario Livatino: saldi e radicati in Cristo. Servono giovani che un’efficace trasmissione tra generazioni ha reso familiari alla preghiera e allo studio, all’azione e al sacrifico, alla disciplina, educati e temprati al senso di giustizia e al coraggio, all’umiltà e alla generosità. Servono giovani che sappiano lavorare insieme, per convinzione profonda, tenace e paziente, e non per superficiali entusiasmi» (n. 18).
4. Da Sud
La scelta di svolgere la 46a Settimana Sociale al Sud e nella Città di Reggio Calabria è stata premiata dall’accoglienza, dal prezioso lavoro dei volontari, dal clima positivo sperimentato e dalla presenza del “Progetto Policoro”, che vede realtà imprenditoriali e formative del Nord e del Sud cercare insieme le vie dell’intraprendere.
La Chiesa vive l’impegno di promozione umana e di educazione alla speranza, rigetta e stigmatizza ogni forma di illegalità mafiosa e si presenta «come testimone credibile della verità e luogo sicuro dove educare alla speranza per una convivenza civile più giusta e serena» (CEI, Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno, n. 11). Essa è nel Paese «un forte fattore unificante e popolare, fondato sulla coscienza che insieme possiamo concorrere al bene comune più e meglio di quanto potremmo farlo se fossimo divisi». Anche «grazie all’Italia unita è maturata una più profonda comprensione della libertà religiosa sulle radici della libertas Ecclesiae» (n. 19).
Un cammino che continua
La 46a Settimana Sociale è stata anche, di fatto, il primo dei tanti momenti che scandiranno il decennio pastorale dedicato all’educazione. Il dopo Reggio Calabria è cominciato da subito chiedendo ai cattolici di contribuire al bene comune del Paese e continuare il percorso intrapreso nella pastorale ordinaria intercettando la vita quotidiana.
Il Comitato, forte dell’esito della Settimana Sociale, propone alcune idee emers
e dal confronto:
a) approfondire e rilanciare lo studio dell’insegnamento sociale della Chiesa;
b) affrontare questione educativa e le sue sfide promuovendo adulti come maestri e testimoni;
c) aggiornare le reali opportunità che si danno per servire il bene comune nel Paese;
d) riconoscere e di liberare tutte le risorse dell’intraprendere creando imprese e lavoro;
e) includere le nuove presenze senza paure ma con opportunità e responsabilità;
f) rigenerare una trama di relazioni significative per rafforzare legami profondi e vivi in Italia;
g) concludere la transizione politica anche con un federalismo unitario, responsabile e solidale;
h) riproporre l’esperienza di incontri per grandi aree territoriali;
i) mantenere aperto il cantiere di riflessione dei problemi che strutturano l’agenda;
j) accompagnare l’elaborazione sui territori di un’agenda locale;
k) coltivare il legame con enti e associazioni cattoliche per formare all’impegno politico e sociale;
l) accrescere il rapporto con le espressioni associative giovanili (cfr n. 20).
Verso e attraverso il Congresso Eucaristico di Ancona
Anche alla luce dell’annunzio della beatificazione di Giuseppe Toniolo, fondatore delle Settimane Sociali, e della prossima celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale di Ancona, «l’orizzonte del nostro cammino è quello della responsabilità per il bene comune come quotidiano e costante impegno a trasformare il vivere sociale in città». Abbiamo talenti da spendere per il bene comune delle nostre città: «nulla dovremmo concedere alla paura, alla pigrizia, all’indifferenza o al cinismo. Il timore si domina con la fede, immergendoci ancor più in Cristo e nella Chiesa, sapendo che questo movimento non ci separa da nessun essere umano, dalle sue gioie e delle sue speranze, dalle sue tristezze e dalle sue angosce, e soprattutto dai poveri. È in Cristo che viene corroborato il nostro essere prossimo. Partecipando al suo rendimento di grazie, alla sua Eucaristia, la nostra vita assume la forma e il movimento giusto. La “mistica” del sacramento ha un carattere sociale» (n. 21).
Il documento si conclude pregando il Signore con fiducia: «la tua Chiesa sia testimone viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo» (Preghiera Eucaristica V/c).
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*Mons. Angelo Casile è Direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Conferenza Episcopale Italiana.