ROMA, mercoledì, 2 marzo 2011 (ZENIT.org).- “Se milioni di giovani musulmani che oggi gridano contro le ingiustizie sentiranno la solidarietà dell'Occidente, e non verranno discriminati, diventeranno partner e vicini di casa importantissimi e utili per il futuro dell'Europa”. E' l'appello lanciato da Sharzad Housmand, teologa musulmana di origine iraniana e docente alla Pontificia Università Gregoriana, attraverso i microfoni della Radio Vaticana. 

“C'è chi teme o spera che le rivolte del Maghreb e dei Paesi arabi ripetano l'esito della Rivoluzione islamica iraniana del 1979”, ha spiegato la Housmand. “Ma in realtà questo fenomeno somiglia molto di più all'Onda verde del 2009. Noi chiediamo al mondo occidentale e agli uomini di fede che aiutino i leader della protesta nei Paesi arabi a farsi sentire e a indirizzarla verso una svolta democratica”.

“E' nel vostro interesse – ha proseguito la Housmand – perché le dittatture favoriscono la violenza integralista. Oggi i giovani - che costituiscono la metà del mondo arabo - sono stanchi di una visione religiosa ristretta, dell'ingiustizia e dell'oppressione che umiliano la loro dignità umana”.

Della stessa opinione Paolo Branca, docente di Lingua araba e islamistica all'Università Cattolica di Milano, per il quale “sarà importante dare un sbocco positivo a queste proteste, perché i problemi che non si risolvono rischiano di incancrenirsi”.

“Il fatto che queste rivolte non abbiano scopi di estremismo religioso è già un buon inizio che non dovrenno ignorare – ha aggiunto sempre alla Radio Vaticana –. E' comunque paradossale che a un'Europa invecchiata e piena di paure arrivi una scossa dalle giovani generazioni di quei Paesi che fino a ieri consideravamo arretrati e incapaci di avere un futuro. Abbiamo una visione monolitica e statica di un mondo che invece si evolve soprattutto grazie a una forte spinta demografica”.

I profughi scambiati per mercenari

Nella crisi umanitaria che ha fatto seguito alle proteste scoppiate nel Maghreb, si fa drammatica anche la situazione di migliaia di eritrei, etiopi, somali, sudanesi e profughi provenienti dall’Africa occidentale che vengono considerati dei mercenari dagli insorti e degli agitatori dai sostenitori del regime.

Parlando all'emittente pontificia don Mussie Zerai, sacerdote eritreo responsabile a Roma dell’agenzia Habesha, Ong che si occupa dell’accoglienza dei migranti africani, ha affermato: “E’ quasi una caccia allo straniero africano: vengono additati come mercenari del regime perché questo ha utilizzato mercenari africani per sparare sui manifestanti”.

“Non solo – ha aggiunto –, i mercenari in alcune carceri libiche, nelle quali c’erano detenuti africani, sono stati costretti dai militari ad imbracciare le armi. Chi si è rifiutato è stato ucciso. I profughi sono terrorizzati. La Chiesa sta cercando di fronteggiare come può. Chiediamo che venga dato loro asilo in Paesi europei e che venga loro garantita protezione”.

Soprattutto dopo il discorso in cui il leader libico Gheddafi additava come agitatori gli stranieri, “sono stati picchiati anche dai sostenitori del regime. Quindi, da una parte li aggrediscono i sostenitori di Gheddafi, dall’altra i manifestanti contro il governo, che li additano come mercenari. E in mezzo ai due fuochi, diverse persone sono morte”.

Accogliete i rifugiati eritrei

Nel frattempo mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, in Libia, ha rilanciato attraverso l’agenzia Fides un nuovo appello per i circa 2mila rifugiati eritrei che si trovano a Tripoli e che si sono riversati nelle strutture della chiesa chiedendo aiuto e assistenza: “Aiutateci a far uscire dalla Libia i rifugiati eritrei. Sono solo persone che desiderano di vivere in pace”. E ancora: “i Paesi che affermano di rispettare i diritti umani accolgano gli eritrei rifugiati a Tripoli”.

Aggiornando sullo status del gruppo di 54 eritrei che verranno accolti dall’Italia, mons. Martinelli, nato in Libia da padre italiano e da 40 anni sacerdote nel Paese africano, ha detto: “I 54 rifugiati eritrei che hanno i documenti in regola partiranno tra una settimana, almeno così mi è stato garantito dalle autorità italiane. Questi 54 sono fortunati perché hanno i documenti che permettono loro di partire, ma tutti gli altri? Non so se l’Italia potrebbe fare un ulteriore sforzo accogliendo un altro centinaio di eritrei e poi magari distribuirli in Europa”.

Il Vicario apostolico ha poi aggiunto che “i circa 2mila profughi eritrei presenti a Tripoli vivono nelle case di famiglie libiche, che li accettano nonostante le difficoltà. Come Chiesa cerchiamo di pagare gli affitti. Ma vi sono problemi sul fronte sanitario. In particolare vi sono mamme con bambini piccolissimi, che hanno bisogno di latte e di cure mediche. C’è una religiosa che si sta interessando di queste situazioni”.

 “Mi auguro – ha proseguito – che la sensibilità dell’opinione pubblica si apra al problema di queste persone che non hanno nessun punto di appoggio, a parte la Chiesa. Spero che altri Paesi, oltre all’Italia, prendano a cuore il problema di queste persone, che non possono rimanere in Libia perché la situazione è molto precaria”.

“Non sono stati minacciati, ma il problema è che non esiste un ufficio al quale rivolgersi per ottenere dei documenti di identità – ha detto –. L’UNHCR (Alto Commissariato ONU per i Rifugiati) ha chiuso il suo ufficio di Tripoli. La situazione è vergognosa nei confronti di queste persone che non hanno alcun documento che certifichi la propria identità”.

“Ma dove sono i diritti dell’uomo? Come si può dichiarare che si rispettano i diritti dell’uomo quando poi li calpestiamo con la nostra ‘civiltà’. Capisco che non si possono accogliere tutti coloro che vogliono venire in Europa, ma almeno si accolgano quelli più colpiti dalle avversità”, ha concluso mons. Martinelli.