Seguire Cristo in Cina

Intervista al direttore di China Aid a sostegno dei cristiani

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ROMA, lunedì, 31 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Bob Fu avrebbe potuto essere una delle vittime del massacro di Piazza Tienanmen, se la sua ragazza (ora sua moglie) non si fosse ammalata qualche giorno prima che il Governo cinese inviasse l’esercito per soffocare le manifestazioni studentesche che si battevano per la democrazia.

Fu non era in piazza quel giorno, ma il massacro ha cambiato comunque la sua vita: è stato quello il momento in cui ha perso la sua fede nel comunismo. Il suo successivo arresto ha portato poi anche alla sua conversione al Cristianesimo e alla sua fuga dalla Cina.

Adesso Fu dirige la fondazione China Aid, con sede negli Stati Uniti, che raccoglie sostegni internazionali per i cristiani in Cina.

Fu ha parlato con il programma televisivo “Where God Weeps”, realizzato da Catholic Radio and Television Network (CRTN), in collaborazione con Aiuto alla Chiesa che soffre, sulla sua vita in Cina e sul futuro dei cristiani nella sua terra d’origine.

Lei è stato uno degli studenti leader di Piazza Tienanmen Square. Ci può raccontare cosa è avvenuto? 

Certo. In quei giorni, insieme a molte altre centinaia di migliaia di studenti cinesi, ero in Piazza Tienanmen, per protestare sostanzialmente contro la corruzione dilagante nel Governo cinese e in favore della libertà, della democrazia e dei diritti umani. La manifestazione – che si è svolta nell’arco di diverse settimane – è stata affrontata, la mattina presto del 4 giugno 1989, dai carri armati e da centinaia di migliaia di soldati cinesi dell’Esercito popolare di liberazione. I soldati hanno iniziato a sparare contro la loro stessa gente. Io, in realtà, ero andato via tre giorni prima del massacro, perché la mia fidanzata, ora mia moglie, era molto malata.

Cosa è avvenuto dopo questo evento?

Dopo il massacro, mi trovavo in ciò che chiamano “detenzione soft”, torchiato giorno e notte da un’equipe speciale di investigazione che non mi lasciava seguire le lezioni all’università. Ogni giorno ero trattato come un prigioniero. Aspettavano solo che crollassi e firmassi una confessione. Mi era anche richiesto di riferire di tutte le persone coinvolte nel movimento studentesco.

Alla fine è crollato?

Non sono crollato sotto il Partito comunista cinese, ma sono crollato sotto lo Spirito Santo. Ho avuto un cambiamento rivoluzionario nella mia vita.

Ha perso fiducia nel sistema?

Sì, perché avevo messo la mia speranza nel sistema. Avevo cercato di essere attivo nell’ambito politico e avevo cercato di cambiare il Partito comunista partecipando alle attività di Partito.

Lei credeva nel Partito?

Sì, mi affidavo al sistema per cambiare il sistema. Ma quando l’esercito ha iniziato a sparare sulla propria gente e a uccidere persone innocenti, tutti i nostri sogni si sono infranti e passando dalla delusione alla disperazione mi sono quasi suicidato. A quel punto ho conosciuto Gesù Cristo.

Come ha conosciuto Gesù?

È avvenuto durante quel momento di profonda crisi nella mia vita. Non sapevo come sarei sopravvissuto alla successiva fase dell’interrogatorio. Avevo cercato di cambiare gli altri, ma molti dei miei cosiddetti amici mi hanno tradito, mentendo, per dimostrare la loro lealtà al Partito comunista. Per questo ero pieno di odio. Volevo uccidere loro e me stesso. È stato in questo momento che qualcuno mi ha dato un libro: una biografia di un pastore cinese. Era stato trafugato e poi mi era stato consegnato da un mio professore, un americano cristiano, che insegnava inglese nel nostro dipartimento. La lettura di quel libro ha rivoluzionato la mia vita.

Lei ha solo detto: “Sì, Signore”?

Sì. Il libro racconta di come un ex tossicodipendente, un intellettuale molto intelligente, è arrivato ad abbracciare la fede cristiana e si è totalmente trasformato diventando una nuova creazione in Gesù Cristo.

La polizia cinese, la polizia segreta, ha scoperto la sua Bibbia a scuola. Come è successo?

Ufficialmente io ero un insegnante di inglese alla scuola del Partito comunista cinese a Pechino. Durante il giorno trascorrevo diverse ore a insegnare inglese agli esponenti del Partito comunista. La sera e nel resto del mio tempo libero tra cui il fine settimana li trascorrevo alacremente a formare i pastori domestici – una scuola clandestina per lo studio della Bibbia – finché non è stata scoperta dalla polizia segreta cinese. Nel maggio del 1996 sono stato arrestato, insieme a mia moglie e siamo finiti in carcere.

Di nuovo in carcere. Cosa è successo lì? Com’è andata?

È stata dura. I primi tre giorni e le prime tre notti non ci hanno fatto dormire per niente. La tecnica della deprivazione del sonno serviva a incrinare la nostra volontà; eravamo sottoposti a interrogatorio ininterrottamente.

Cosa volevano sapere? Informazioni o semplicemente volevano che rinnegaste la fede cristiana?

Volevano sapere quanti cristiani c’erano nella mia chiesa domestica. Quanti studenti. Da dove venivano. Chi finanziava. Chi erano gli insegnanti. Sostanzialmente volevano che io tradissi i miei fratelli cristiani. E hanno usato mia moglie allo stesso scopo. Mi ripetevano costantemente: “Tua moglie è in un’altra stanza. Se non ci dici niente sarà messa in prigione”.

Ha subito anche torture fisiche?

Non tanto, rispetto ad altri pastori di chiese domestiche, perché almeno sono stato trattato come un noto intellettuale. Ho anche una laurea in legge e continuavo a ricordargli che dovevano rispettare la legge, altrimenti li avrei denunciati dopo il mio rilascio.

Come San Paolo che dichiarò di essere romano.

Sì, sì, glielo ricordavo così . È stata dura, ma non la descriverei come una tortura. Non mi facevano dormire e mi hanno sballottato qualche volta, ma più di questo non mi hanno fatto.

Vorrei parlare un po’ delle comunità cristiane e di come queste vivono la loro fede oggi. Sappiamo, secondo stime prudenti, che vi sono circa 70 milioni di cristiani. Si tratta di un numero che risponde alla realtà?

Abbiamo appreso da Ye Xiaowen, ex direttore dell’amministrazione statale per gli affari religiosi, che nel 2007 il numero dei cinesi cristiani aveva già raggiunto quota 130 milioni, compresi i cattolici. Quindi, prudentemente si può parlare di un numero che va dai 70 ai 130 milioni. Un autorevole pastore della Chiesa internazionale mi ha detto che prima di lasciare la Cina, il direttore dell’Ufficio per gli affari religiosi gli aveva riferito che nella sola città di Pechino vi erano più di 9.000 chiese domestiche. Quindi, la crescita è senza precedenti. Nel 1949, quando il Partito comunista è salito al potere, i cristiani erano meno di un milione e se guardiamo anche solo alle stime prudenti di 70 milioni, si tratta di una crescita notevole in 60 anni.

Eppure i cristiani sono spesso oggetto di violente repressioni?

Sì, anche se in verità, negli ultimi 30 anni, vi sono stati cambiamenti e progressi positivi non solo nel benessere economico, ma anche in termini di libertà religiosa. Ciò nonostante, nell’insieme, la libertà religiosa presenta ancora dei problemi. In molte aree della Cina è ancora in atto una diffusa persecuzione.

Lei è scappato dalla Cina. Cosa l’ha spinto a lasciare il suo Paese?

Siamo stati in prigione per due mesi e siamo stati rilasciati solo grazie alle pressioni internazionali e perché non hanno trovato prove sufficienti per incriminarci. Ma ci siamo accorti che la vita fuori dalla prigione era ancora più dura di quella dentro. Dovevamo tornare continuamente al commissariato di polizia; sostanzialmente volevano fare di noi degli informatori. Dovevamo riferire di ogni telefonata, ogni visita; è stata molto dura. Una volta gli agenti di sicurezza hanno portato me e mia moglie ad un parco e ci hanno ricordato che ci avrebbero potuto arrestare in q
ualsiasi momento. Abbiamo saputo da una fonte interna che eravamo sul loro elenco di persone da riarrestare a causa della nostra mancanza di collaborazione. Mia moglie a quel punto era incinta e senza il permesso di gravidanza.

Solo qualche spiegazione: cos’è il permesso di gravidanza e come funziona nell’ambito della politica del figlio unico?

Il Governo cinese ha portato avanti questa forma di controllo delle nascite, la politica del figlio unico, in base alla teoria che, essendo le risorse limitate, l’unico modo per assicurare alla popolazione esistente il benessere economico fosse quello di limitare la crescita demografica. Per questo è, in generale, consentito ad ogni famiglia di avere un solo figlio. Quando si vuole avere il primo figlio dopo il matrimonio, è necessario farsi rilasciare il permesso di gravidanza – una tessera gialla – prima che la moglie resti incinta. Altrimenti si viene arrestati e costretti all’aborto. Il permesso di gravidanza è rilasciato dal datore di lavoro. Ma poiché mia moglie Heidi era stata allora espulsa dall’Università popolare a causa del suo arresto, non aveva potuto ottenere il permesso di gravidanza.

E il permesso semplicemente non le sarebbe stato dato?

No. Abbiamo cercato medici cristiani negli ospedali di Pechino e ne abbiamo trovato uno, il quale semplicemente non ci poteva aiutare per timore di perdere il lavoro se sorpreso a prendersi cura di mia moglie.

Quindi eravate di fronte al rischio di dover abortire?

Sì. Per questo siamo dovuti scappare nel cuore della notte saltando dalla finestra del bagno del secondo piano dell’edificio.

Siete scappati a Hong Kong e da lì verso gli Stati Uniti?

Sì. Lasciato Pechino ci siamo nascosti nelle campagne, perché non avevamo passaporto o altri documenti da viaggio. Pensavamo di non riuscire mai a uscire dalla Cina, ma veramente Dio ci ha fatto la grazia, e con tante preghiere e tanto aiuto siamo riusciti ad arrivare a Hong Kong e poi, nel 1997, negli Stati Uniti.

Vorrei tornare sulla questione della politica del figlio unico. Che impatto sta avendo sulla società cinese?

Credo che l’impatto si manifesti in diversi aspetti. Anzitutto, sul concetto tradizionale cinese dell’importanza di avere un figlio maschio. Ogni famiglia vuole avere un figlio maschio e questo ha provocato un enorme squilibrio tra maschi e femmine nella popolazione. In secondo luogo, si ha un’enorme crisi legata ai genitori anziani. Le coppie oggi devono farsi carico di quattro genitori a causa della politica del figlio unico. Terzo, è in atto una pratica massiccia di sterilizzazione forzata e di costrizione all’aborto. Lo scorso anno sono stati riportati circa 20 milioni di aborti, tra cui aborti effettuati anche fino al nono mese. Io personalmente ho parlato al telefono con una signora cristiana, la moglie di un pastore, che mi ha detto di essere stata in ospedale mentre aveva una gravidanza di otto mesi e che accanto a lei, su un altro letto, c’era una signora incinta di nove mesi. Quella notte 80 donne incinte sono state costrette ad abortire mediante un’iniezione letale al feto. Questo è un omicidio di massa.

Cosa comporta questo per la psicologia di una nazione?

Questa è un’altra conseguenza di tale politica. Queste donne entrano in depressione e il tasso di suicidio è piuttosto elevato. Inoltre, la politica del figlio unico porta i genitori a viziare quel figlio unico, creando un individuo molto concentrato su se stesso. Lo scorso anno, la rivista Time ha pubblicato un articolo sulla politica cinese del figlio unico, dal titolo “China’s Me Generation”. Questa politica ha creato una generazione egoista – la generazione incentrata sull’“io, io, io”. Le conseguenze di questa politica si stanno iniziando a manifestare e a creare un enorme problema sociale.

Il finanziamento di questa politica del figlio unico viene dall’estero o da dove?

La politica del figlio unico è sicuramente nazionale, una politica del Governo centrale, anche se una gran parte del finanziamento, paradossalmente proviene da organizzazioni internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, che ha donato centinaia di milioni di dollari. Gli Stati Uniti lo finanziano e 40 milioni di dollari vanno alla Cina per portare avanti questa politica del figlio unico. Quindi, purtroppo, i Paesi occidentali sono complici di questa politica.

Perché il Governo ha così tanta paura del Cristianesimo?

Parlando in termini spirituali: le tenebre scompaiono all’arrivo della luce, per questo le tenebre odiano la luce. I cristiani dimostrano integrità, amore e perdono e per le “tenebre” questo è una sfida e una minaccia al loro potere: è una lotta tra il bene e il male. Nella storia cinese il Cristianesimo è considerato come un qualcosa di estraneo (yang jiao) e il Governo cinese, in particolare quello comunista, aderisce all’ideologia atea, che è in realtà anti-cristiana. Attraverso la propaganda politica si alimenta questa ideologia dell’odio per opprimere i cristiani. Si dipingono i cristiani come il nemico del popolo, che collaborano con l’Occidente per rovesciare il Governo cinese, eccetera, eccetera.

Persino le attività caritative dei cristiani non sono riconosciute o sono del tutto trascurate dal Governo. Durante il terremoto, i cristiani che erano accorsi in aiuto sono stati arrestati semplicemente perché stavano pregando per le vittime. Quindi vi sono diversi approcci all’oppressione e all’intimidazione delle comunità cristiane. Ho sentito che dopo il crollo dell’Unione sovietica nell’Europa occidentale, il Governo cinese è diventato molto nervoso.

Perché vedono quello come un esempio di ciò che potrebbe accadere?

Sì. Si dice: ieri il grande fratello; domani potrebbe essere il piccolo fratello, come la Cina.

L’agnello cristiano deve temere il drago cinese? Che speranze ha per il Cristianesimo e per il suo Paese?

Ho grandi speranze. Credo che il Vangelo di Gesù Cristo sia inarrestabile. Fisicamente è possibile legare i cristiani, gettarli in prigione o nei campi di lavoro, ma alla fine Dio trasforma queste carceri in campi di raccolta. Così, molte persone hanno potuto conoscere il Signore in questi campi di lavoro. Persino gli agenti di questi campi si sono convertiti vedendo la luce di questi cristiani costretti al lavoro. Quindi sono molto ottimista e credo che la Cina del XXI secolo sarà non solo un Paese di missione, ma in futuro la Cina potrà essere pronta anche a riportare il Vangelo a Gerusalemme e a diventare in Paese missionario in tutto il mondo. Quindi sono molto ottimista.

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Questa intervista è stata condotta da Mark Riedemann per “Where God Weeps”, un programma televisivo e radiofonico settimanale, prodotto da Catholic Radio and Television Network in collaborazione con l’organizzazione internazionale Aiuto alla Chiesa che soffre.

Per maggiori informazioni: www.WhereGodWeeps.org

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ZENIT Staff

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